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28 Marzo 2024 09:58
28 Marzo 2024 09:58

Governo e ArcelorMittal: parte la trattativa sui 5mila esuberi

Il confronto più difficile quello sui numeri dei licenziamenti. Mentre Gruppo Arcelor Mittal vuole ridurre l'attività dello stabilimento siderurgico più grande d' Europa , per il Governo è insostenibile cancellare tanti dipendenti. il Governo ed i Mittal erano convinti di poter avere fino a gennaio 2020 inoltrato campo libero sul quale sviluppare tatticismi e strategie. Ma in realtà non è possibile in quanto adesso le vicende del piano industriale si intrecciano con le vicende giudiziarie.

ROMA – Il Governo con il ministro dell’ economia Roberto Gualtieri (Pd) delegato a gestire la trattativa in accordo con il Mise, pur avendo l’ultima parola, sta formando il proprio team di negoziatori, mentre ArcelorMittal, invece, ha già predisposto la sua “squadra”, si incontreranno, presumibilmente, all’inizio della prossima settimana anche se ad oggi non c’è ancora un calendario degli incontri.

La tentazione-rischio di allungare i tempi di risoluzione della vicenda  rinviando di giorno in giorno se non di settimana in settimana, la risoluzione delle questioni in ballo è di fatto scomparsa. Ogni ipotesi e strategia di attendismo non è più funzionale. Il tatticismo è stato sinora attuato sia dal Governo che dalla famiglia Mittal che ha ridotto il raggio d’azione dell’ Ad di Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli. Sulla questione industriale dell’ex-Ilva di Taranto non c’è più tempo da perdere e gli equilibri nono sempre più “ballerini” .

Dall’incontro di una settimana fa a Palazzo Chigi le due controparti  non hanno fatto nulla. Adesso è arrivato il tempo di mettersi al lavoro per trovare una soluzione o per congedarsi definitivamente lasciando il posto ai rispettivi avvocati ed alle decisioni dei giudici, alle più che possibili e rischiose cause milionarie e ai probabili avvisi di garanzia della magistratura. Il Tribunale di Milano mercoledì scorso ha rinviato al 20 dicembre l’udienza per il ricorso formale depositato dai commissari dell’ILVA in Amministrazione Straordinaria contro la decisione di spegnimento degli altoforni assunta con arroganza e senza alcun titolo da Arcelor Mittal Italia.

Il primo vero problema più difficile per gli incaricati di seguire la trattativa sarà rappresentato dal numero degli occupati. Si parte dall’accordo firmato da azienda e sindacati lo scorso 6 settembre 2018.  I 1.912 addetti attualmente alle dipendenze dell’ ILVA in in amministrazione straordinaria andranno aggiunti, nell’agosto del 2023 ai 10.777 addetti oggi occupati a busta paga la AM Investco Italy  (ciè Arcelor Mittal Italia)  per un totale di 12.689 persone. Un numero che per l’azienda è insostenibile, ed infatti ne vuole tagliare 5mila.

Una prima distanza questa, che appare molto difficile da risolvere, che vede i sindacati, che sono i co-autori e co-firmatari dell’accordo, non molto allineati con il Governo che invece ha assunto una posizione differente da due angolature: 5mila persone in meno sono politicamente insostenibili, come è insostenibile politicamente la richiesta di esubero secco, cioè li licenziamento. Quindi bisognerà verificare le eventuali soluzioni tecnico-politiche, magari partendo  dalla cancellazione dell’obbligo di riassunzione dei 1.912 addetti ora stipendiati dall’ amministrazione straordinaria. Qualcuno ha persino ipotizzato la costituzione di una “bad company“, all’interno della quale trasferire gli esuberi che finirebbero in cassa integrazione e cioè a carico dell’incolpevole contribuente italiano. Incredibilmente al momento nessuno ha coinvolto i sindacati, che rischiano di trovarsi di fronte nuovamente ad un dilemma ancora più duro estremo da risolvere: accettare o non accettare una soluzione trattata e definita da altri.

In questa situazione a dir poco “ingarbugliata” fra Governo ed Arcelor Mittal  è più che evidente che in caso di un retrofront alla decisione iniziale di uscita dall’Italia , il gruppo franco-indiano non può che ipotizzare agli stabilimenti ex Ilva di  Taranto, Cornigliano e Novi Ligure come ad una “Ilva small“: secondo Arcelor Mittal per produrre un massimo di 8 milioni di tonnellate basterebbero dal punto di vista del lavoro, 8.500 addetti; per produrne 6 milioni, sempre secondo Arcelor Mittal,  scenderebbero a 7.500 addetti. Per arrivare ad “Ilva small“, sono due le opzioni disponibili: uno stabilimento siderurgico formato da tre altiforni più piccoli , con AFO 1, AFO2 ed AFO4 che sono a fine ciclo, anche se hanno ancora fra i 5 e gli 8 anni di funzionamento produttivo,  oppure uno stabilimento siderurgico funzionante con un solo altoforno grande e cioè AFO5 (il più grande d’ Europa) attualmente spento ed improduttivo, per il quale ci vorranno ancora due anni per sistemarlo.

Il Governo vorrebbe aggiungere un forno elettrico, che si potrebbe alimentare con il rottame oppure con il preridotto , di fatto “riciclando” il vecchio progetto dell’ex commissario unico Enrico Bondi (nominato dal Governo Letta). Tre ipotesi di trattativa difficili per una e l’altra parte,  infatti nella cultura industriale di ArcelorMittal, un altoforno elettrico non appartiene per nulla almeno negli impianti in Europa. Un altoforno elettrico si progetta, realizza ed installa in due anni e può costare fra i 200 e i 300 milioni di euro. Ipotesi per la quale non c’è denaro da investire ed in cui la maggioranza  in particolare quella del PD che discende da Gentiloni  a Gualtieri ,  prova a lavorare per mantenere in piedi il contratto con ArcelorMittal ed ipotizza di coinvolgere nell’azionariato AM Investco Italy società pubbliche come Invitalia o società partecipate dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Come dicevamo all’inizio ad oggi non c’è ancora un calendario delle trattive. Ma tutti gli interessati non potranno non mettersi al lavoro per trovare un accordo  fin dalla prossima settimana. I Mittal in realtà hanno capito venerdì scorso, che conveniva loro sedere nuovamente al tavolo con il Governo, dopo che il capo della Procura di Milano, Francesco Greco, si è dedicato alla questione Ilva. Il procuratore milanese è noto per avere “convinto” le grazi aziende del web ed il lusso “esterovestito” a pagare le imposte sui redditi prodotti in Italia.

La decisione arrogante adottata tre giorni fa da ArcelorMittal di rimuovere  Sergio Palmisano, dopo che il dirigente che era stato sentito come persona informata dei fatti dalla Procura di Milano non è piaciuta ai magistrati.

L’intera questione giudiziaria è adesso in itinere sia nella procura di Taranto che in quella di  Milano. Alla prossima udienza del 20 dicembre, soltanto tutte e due le parti potranno chiedere insieme un nuovo rinvio. Inizialmente il Governo ed i Mittal erano convinti di poter avere fino a gennaio 2020 inoltrato campo libero sul quale sviluppare tatticismi e strategie. Ma in realtà non è possibile in quanto adesso le vicende del piano industriale si intrecciano con le vicende giudiziarie.

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