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19 Aprile 2024 19:18
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Ricordate Berlusconi e Putin quando parlavano di pace (ed affari di “gas”) sul ponte del Moskva ?

Prima di essere impegnata in operazioni di guerra contro la Georgia e la Siria, l'incrociatore orgoglio della flotta russa nel Mar Nero, recentemente affondato negli scontri con l' Ucraina era stato in qualche modo "spacciato" come luogo-simbolo di pace e cooperazione

Nell’agosto del 2003 l’attuale collasso dei rapporti politici-diplomatici tra l’Unione europea e la Russia sembrava lontano anni luce. La Crimea era ancora saldamente territorio dell’ Ucraina e il Donbass era una regione su cui i giovani diplomatici americani facevano ironia pecoreccia per una volgare assonanza.

Una foto del 30 agosto 2003 ritrae Silvio Berlusconi – allora presidente del Consiglio – e il presidente russo, Vladimir Putin, passare in rassegna il picchetto d’onore sul ponte di una nave che era l’orgoglio della marina russa ed era ancorata al largo delle coste sarde: l’incrociatore Moskva. La stessa nave che adesso è colata a picco sui fondali del Mar Nero, affondata, secondo il Pentagono, dopo essere stata colpita da due missili ucraini.  Il ministero della Difesa russo si era attivato a raccontare una delle sue abituali “fake news” sostenendo che l’incrociatore «ha perso stabilità ed è affondato mentre veniva rimorchiato durante una tempesta».

l’incrociatore “Moskva” della Marina russa

Uno strano destino quello della Moskva, armata fino ai denti nei giorni scorsi mentre prima del 2008 veniva “spacciata” come territorio simbolo di pace. A bordo dell’incrociatore (che all’epoca si chiamava Slava) nel dicembre 1989 aveva dormito Mikhail Gorbaciov , alla vigilia della dissoluzione dell’Urss, prima di incontrare a Malta il presidente statunitense George Bush . Non era un caso se Putin l’aveva scelta per ospitare l’amico ( e più di qualcuno dice “socio in affari”) Silvio Berlusconi dopo essere stato a sua volta ospite del Cavaliere nell’hotel Abi di ‘Oru a Porto Rotondo per una cena allietata dalla voce di Andrea Bocelli.

La mattina del 30 agosto 2003 i due leader erano arrivati poco prima di mezzogiorno a bordo del Moskva, alla fonda al largo della Maddalena, proprio davanti alla base americana di Santo Stefano e Putin aveva tenuto a far sapere che la nave non era in Costa Smeralda per proteggere lui.

I due avevano raggiunto l’incrociatore con il panfilo “Argo” della Marina italiana. Ad accoglierli c’era il vice ammiraglio Vladimir Massorin, comandante della flotta del Mar Nero. L’attracco della Argo alla Moskva non era stato dei più felici: a complicarlo le condizioni del mare, un po’ agitato. Il primo a scendere dal panfilo era stato Putin, che poi aveva lasciato a Berlusconi l’onore di mettere piede per primo sull’incrociatore. Mentre la banda eseguiva l’inno, Massorin aveva rivolto al presidente russo e al suo ospite il tradizionale saluto. Poi tutti insieme si erano spostati sul ponte principale dove li attendevano schierati molti dei 250 marinai e ufficiali della nave, comprese alcune donne. Una volta passato in rassegna il picchetto d’onore, Berlusconi e Putin avevano iniziato la visita della nave.

Con parole che oggi suonano stonate, Putin aveva assicurato di voler avviare una collaborazione proficua con la futura Difesa comune europea che non rappresenta per Mosca una minaccia. “Penso che non abbiamo niente da temere dal processo di realizzazione della politica europea di Difesa“, aveva detto “la Russia è pronta a collaborare con la Nato e con la Difesa europea”. L’indomani la “Moskva” era salpata insieme al cacciatiorpediniere Audace della Marina italiana alla volta del porto di La Spezia per partecipare a una esercitazione congiunta antiaerea nell’ambito del programma “Pfp, Partner for the Peace”. Quella nave “Moskva” colato a picco dopo aver seminato nei giorni scorsi centinaia di vittime nel Mar Nero.

In Sardegna i due leader avevano parlato degli accordi economici che sarebbero poi stati sostanziati in occasione della visita di stato di Putin a Roma il 5 novembre. In particolare, aveva annunciato Berlusconi, “sosterremo l’implementazione delle importazioni sia per il petrolio sia per il gas, stiamo vedendo di raddoppiare il gasdotto“. Ma ciò nonostante l’ Italia ha sinora pagato il gas al più alto prezzo d’ Europa ! Coincidenze ? Carlo De Benedetti nei giorni scorsi intervistato a Piazza Pulita (La7) ne ha parlato apertamente: “Se si permette a Putin di prendersi metà Ucraina e l’accesso al mare, domani attacca la Finlandia. Non c’è limite. Putin ha grosse difficoltà economiche, la Russia non produce nulla: produce armi e dal sottosuolo gli idrocarburi. L’Europa deve avere il coraggio di tagliare gli idrocarburi. Berlusconi per motivi personali ha legato l’Italia al gas russo. E l’Eni ha fatto politica energetica per sé e non per l’Italia”.

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E’ una coincidenza che anni fa sotto la presidenza Scaroni dell’ Eni (nominato da Berlusconi n.d.r.) venne assunta nel 2009 nell’ufficio di presidenza Ludmila Spornyk un’ex infermiera russa legata sentimentalmente a quel tempo all’ assistente di Berlusconi Valentino Valentini (ora “promosso” a deputato di Forza Italia), che parla perfettamente il russo ? Per la precisione Ludmilla viene assunta come impiegata alla Direzione Relazioni Istituzionali retta a suo tempo da Leonardo Bellodi, manager Eni in stretti rapporti con Valentini e già attivo sui business russi. Le affidano le chiavi dell´ufficio di Piazza Campitelli, sede di rappresentanza in centro che serve agli incontri più riservati; si dice sia l´ufficio dei meeting tra Valentini e l´ad Paolo Scaroni. Prima di Natale la donna venne trasferita all´”area Security”, guidata dall´ex generale del Sismi Umberto Saccone. Solo coincidenze, chiacchiere ? Secondo fonti confidenziali dei Servizi italiani, quell’ex-infermiera altro non era che un agente sotto copertura dell’ Fsb (ex Kgb) il servizio segreto russo.

Nel 2010 un membro del board di Gazprom e un suo assistente hanno confessato a un interlocutore che il quotidiano La Repubblica riteneva attendibile che, “in cambio dell’appoggio all’espansione in Europa occidentale di Gazprom, Putin abbia aperto a Berlusconi la strada ai giacimenti di gas pre-caspici in Kazakistan; metano poi depurato nella vicina centrale russa di Orenburg e lì immesso nei tubi verso Occidente. E’ una ricostruzione meticolosa che è impossibile verificare con fonti indipendenti e facilmente sarà smentita. Qui se ne dà conto per comprendere meglio il discredito che circonda – anche in Russia – l'”amicizia” tra Berlusconi e Putin. Dunque, a metà del decennio Duemila, il Cavaliere avrebbe investito, in uno dei giacimenti contigui al grande bacino di Karachaganakh oltre mezzo miliardo di dollari, per un rendimento annuo che, alle attuali (e calanti) valutazioni di mercato, potrebbe fruttargli tra i 100 e i 130 milioni di dollari l’anno di profitto. Il flusso di denaro finirebbe sul conto corrente di una banca russa, intestato a una fiduciaria locale appartenente a una società straniera. Se fosse davvero così, se davvero al Cavaliere fosse stato permesso di partecipare all’estrazione e alla vendita in Europa di quel gas, per Eni oltre al danno si aggiungerebbe la beffa, visto che in quell’area il gruppo italiano è padrone di miliardi di metri cubi di gas, ma non è mai riuscito a esportarlo nei ricchi mercati occidentali. Eni si è sempre dovuta accontentare di cederlo“.

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