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27 Aprile 2024 10:37
27 Aprile 2024 10:37

Operazione “Partenope” dei Carabinieri a Bari. Oltre 60 misure cautelari, decapitato il clan Capriati

ALL'INTERNO TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI . Il quadro indiziario raccolto dai Carabinieri a carico degli indagati è stato condiviso dalla Direzione Distrettuale Antimafia che ha avanzato la richiesta di emissione di misura cautelare. Il Gip del Tribunale di Bari, accogliendo la richiesta, ha disposto la cattura dei soggetti.

Questa mattina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, coadiuvati in fase esecutiva dai militari dei reparti territorialmente competenti, dal Nucleo Cinofili di Modugno e dal personale dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Puglia”, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale di Bari Valeria Isabella Valenzi, su richiesta dei pm Federico Perrone Capano, Silvia Curione e Domenico Minardi della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nella quale vengono riconosciuti, secondo l’impostazione accusatoria accolta dal Gip Valenzi gravi indizi di colpevolezza a carico di oltre 60 indagati ritenuti appartenenti ad un sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti.  Sono contestati anche reati di riciclaggio, sequestro di persona e rapina, detenzione di armi, estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Sabino Capriati (fonte: Tik ToK)

Tra gli  indagati compare il capoclan Filippo Capriati, nei confronti del quale non è stata chiesta alcuna misura cautelare, essendo già ristretto nel carcere di Tolmezzo (in provincia di Udine)con una lunga previsione di pena, che dirigeva dal carcere i traffici familiari, incontrando i sodali in videochiamata con l’aiuto della moglie Angela Giammaria, 48 anni, indagata insieme al figlio Sabino, alla quale erano consentite le telefonate in carcere.

Il provvedimento scaturisce dall’indagine, convenzionalmente denominata “Partenone”, condotta dal 2019 al luglio 2022 dalla Sezione Operativa del Comando Compagnia Carabinieri di Monopoli e dalla Stazione Carabinieri di Putignano – mediante intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, nonché  servizi di osservazione e pedinamento, ed attività di perquisizione e sequestro –  che hanno consentito di lumeggiare l’esistenza di una radicata associazione per delinquere dedita al narcotraffico, operante sotto l’egida del clan Capriati, composta da numerosi adepti e strutturata su base piramidale, con ramificazioni in diverse parti del territorio barese (Putignano, Castellana Grotte, Noci, Alberobello, Locorotondo e Acquaviva delle Fonti).

L’attività investigativa trae origine dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia sul ruolo di Carmelo Recchia, 47enne di Castellana Grotte, indicato quale referente del Clan Capriati su quel comune. I riscontri a tali dichiarazioni hanno consentito di documentare, dapprima, un’intensa attività di spaccio condotta e gestita dallo stesso nel territorio di Castellana Grotte (anche per il tramite di familiari e pusher), nonché i suoi legami con un noto pregiudicato di Putignano, operante nel quartiere di San Pietro Piturno, dal quale si riforniva abitualmente da lungo tempo prevalentemente per cocaina, eroina, ed all’occorrenza hashish. Una svolta nelle indagini partite nel 2019 è stata rappresentata dalla morte, nel gennaio 2020, del referente del clan Capriati a Putignano, Francesco Genchi, che ha creato un vuoto di potere che ha permesso agli investigatori di acquisire importanti informazioni sull’organizzazione, Quella di Putignano, scrivono gli inquirenti nell’ordinanza , è la “zona territoriale di maggiore interesse investigativo” ed era sotto il controllo di uno degli indagati ora in carcere, Giuseppe Lacalendola, 35anni, detto “Quik-Quik”, al comando dopo il “vuoto di potere” creatosi con la morte di Genchi .

A segnare una svolta per l’indagine è stato il decesso del referente del clan Capriati , nel gennaio 2020, nel comune di Putignano, evento che ha determinato un “vuoto di potere” che ha permesso agli investigatori di disvelare gli assetti organizzativi preesistenti e i possibili successori nella redditizia gestione del narcotraffico nei Comuni di Castellana Grotte e Putignano, che sarebbero stati designati dal clan. Proprio a seguito del decesso erano captate importanti conversazioni nel cui ambito veniva commentato il “passaggio di consegne”, così documentando il subingresso di un altro indagato nella posizione verticistica.

Venivano, quindi, alla luce l’esistenza e la struttura organizzativa dell’associazione, con emersione delle zone di competenza territoriale, dei ruoli e degli assetti di potere. In particolare, era ricostruita una struttura organizzativa basata su articolazioni territoriali (Castellana Grotte, Putignano, Noci, Polignano a Mare, Alberobello, Locorotondo e Acquaviva delle Fonti), tutte funzionalmente indipendenti ma correlate fra loro attraverso forniture incrociate di stupefacenti e sottoposte alla direzione unitaria garantita dalla famiglia Capriati.

Il sodalizio presentava, a monte, una struttura piramidale con in cima la famiglia Capriati e fra gli organizzatori dell’articolazione di Putignano, oltre a Lacalendola che riceveva dal clan Capriati uno “stipendio” di 500 euro a settimana, in posizione immediatamente subordinata, c’era il pregiudicato Carlo Dilena, di 41 anni, alias “La Bionda”, quarantunenne di Putignano, che secondo un altro pentito, Giuseppe Sportelli,sta sotto proprio a Filippo“, e Daniele Grieco, di 40 anni, che “impartivano direttive ai responsabili delle singole articolazioni territoriali secondo le indicazioni fornite” dalla famiglia Capriati. .

Dilena accentrava a sé la gestione della cassa e delle forniture, versando il dovuto alla famiglia Capriati, dopo aver raccolto i proventi dello spaccio dai vari referenti territoriali. I responsabili delle varie articolazioni provvedevano alla successiva distribuzione agli spacciatori, stabilivano il prezzo di vendita all’ingrosso e al dettaglio, organizzavano l’attività degli spacciatori sul territorio e, talvolta, provvedevano direttamente allo spaccio, poi, personalmente o per il tramite di altri sodali, riscuotevano i proventi e ripartivano le quote tra gli appartenenti al gruppo, reclutando infine nuovi spacciatori.

Un ruolo centrale nell’indagine, secondo gli inquirenti, è anche quella di Giuseppe Labrocca, 48 anni, ritenuto a capo dell'”articolazione” di Putignano, ma comunque di livello inferiore rispetto a Lacalendola , e di quelle di Noci (dopo la carcerazione del fratello Daniele), Locorotondo, Acquaviva delle Fonti, Alberobello e Polignano a Mare. Anche per lui è stata disposta la carcerazione dovendo rispondere delle accuse di detenere una pistola “occultata in un posto non meglio individuato nei pressi dell’abitazione di campagna” .

Nel corso dell’indagine, oltre ad essere emersa la disponibilità di armi per alcuni componenti del clan operanti nel territorio di Putignano nonchè una richiesta estorsiva ai danni di un esercizio commerciale del posto, perpetrata facendo espressamente riferimento alla appartenenza al clan Capriati, sono stati acquisiti rilevanti riscontri rappresentati dal sequestro di 4 pistole clandestine, un silenziatore e svariati kg di sostanze stupefacenti di diverse tipologie (cocaina, eroina ed hashish) e da arresti nella flagranza della detenzione di sostanze stupefacenti.

Carmelo Recchia, di 47 anni era a capo dell’articolazione di Castellana Grotteche operava in tandem con suo figlio Michele, disponeva di numerosi spacciatori che riforniva prevalentemente di cocaina” e dalla cui collaborazione con la giustizia è partita l’indagine. Nel territorio del comune di Nocila gestione del traffico di stupefacenti avviene sotto la direzione dei fratelli Labrocca, Giuseppe e Rocco, mentre ad Alberobellolo stesso Labrocca (Giuseppe) può contare su alcuni personaggi del posto per lo spaccio di cocaina, eroina e hashish”, fra cui il “suo uomo di fiducia” Pietro Paolo Beatrice, di 48 anni, finito in carcere.

Nella zona di Locorotondo il principale esponente è Giuseppe Romanazzo, di 45 anni, soggetto a tal punto vicino al capo clan Filippo Capriati, da tenere con quest’ultimo epistolari, come documentato da alcune lettere” finito anch’egli in carcere , mentre ad Acquaviva delle Fonti, “città dove abitano Rocco Labrocca e gli altri familiari di Giuseppe Labrocca, responsabile anche dell’articolazione di Polignano a Mare, vive anche Angelo Domenico De Sario, di 39 anni che collabora all’attività di spaccio in quel comune“.

Il comandante provinciale di Bari dell’ Arma dei Carabinieri, il colonnello Francesco De Marchis, nel corso dell’incontro con la stampa ha spiegato come quella sgominata era “una struttura organizzativa fortemente gerarchizzata, basata su articolazioni territoriali che erano autonome dal punto di vista funzionale, ma in realtà collegate tra di loro, sia per gli approvvigionamenti incrociati degli stupefacenti, ma soprattutto perché accomunate dal vertice unitario del clan Capriati“.

Il quadro indiziario raccolto dai Carabinieri a carico degli indagati è stato condiviso dalla Direzione Distrettuale Antimafia che ha avanzato la richiesta di emissione di misura cautelare. Il Gip del Tribunale di Bari, accogliendo la richiesta, ha disposto la cattura dei soggetti. All’esito dell’operazione, 43 indagati sono stati tradotti in carcere, 17 posti in regime di arresti domiciliari (uno di essi è stato raggiunto dal provvedimento mentre si trovava in Francia) presso le proprie abitazioni mentre per altri 2 indagati è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza e di presentazione alla Polizia Giudiziaria- L’operazione odierna testimonia la costante attenzione dell’Autorità Giudiziaria e dell’Arma dei Carabinieri nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti che rappresenta, a pieno titolo, una delle principali fonti di ricchezza per i Clan.

In carcere e ai domiciliari: i nomi nell’ordinanza

Sono 67 in tutto gli indagati colpite da misure cautelari, 45 le persone finite in carcere: Patrizia Albanese, Francesco Antonacci, Pietro Paolo Beatrice, Alessandro Braia, Gianpiero Braia, Vincenzo Calabrese, Cesario Ivan Caracciolo, Emanuele Carrassi, Claudio Colaprico, Maria Colella, Giuseppe Colucci, Cosimo Di Lorenzo, Vito Di Mola, Mauro Di Pinto, Carlo Dilena, Nicholas Fallacara, Franco Fallacaro, Pietro Fiore, Luca Fumarola, Giovanni Genchi, Cosimo Gentile, Cesare Giliberti, Sara Giliberti, Daniele Grieco, Giuseppe Labrocca, Rocco Labrocca, Giuseppe Lacalendola, Vito Liuzzi, Leonardo Lopez, Giuseppe Lovero, Giulio Maresca, Giuseppe Mastrangelo, Giuseppe Mastronardi, Costvel Razvan Mihalachen, Daniele Morea, Cataldo Pascale, Sebastiano Patruno, Flavio Eugenio Pinto, Costantinto Poliseno, Carmelo Recchia, Giuseppe Romanazzo, Annalisa Ronghi, Davide Serafino, Giuseppe Sportelli, Nicola Volpe.

12 sono le persone finite agli arresti domiciliari : Nicola Aquilino, Lorenzo Capodiferro, Maurizio Cappellano, Luigi Carrassi, Giuseppe Conforti, Nicola Console, Vito Corbacio, Angelo Domenico De Sario, Michele Fiore, Andrea Iacovazzo, Giuseppe Ignazzi, Marco Lacalamita, Stefano Loliva, Giorgio Notarnicola, Psquale Polignano, Fabio Posa, Domenico Pugliese, Michele Recchia, Vito Sportelli, Carmine Vicenti.

L’obbligo di dimora è stato disposto invece nei confronti di due indagati: Luigi Luisi e Luana Romanazzi.

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