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28 Marzo 2024 13:47
28 Marzo 2024 13:47

La “guerra delle toghe” per la guida della Procura di Roma: perquisizioni e nuovi indagati

La Guardia di Finanza ha perquisito la casa e gli uffici del pm Luca Palamara, indagato per corruzione, e gli appartamenti di persone a lui "vicine". Avvisi di garanzia al consigliere del Csm Luigi Spina e al pm Stefano Fava. La vecchia stima e reputazione affidate dal Paese alle toghe nel dopoguerra, è ormai solo un flebile ricordo di un tempo che non c'è più

ROMA – Si allarga l’inchiesta sulle nomine per i vertici della Procura di Roma. La Guardia di Finanza su delega della Procura di Perugia sta perquisendo l’abitazione e gli uffici in procura del pubblico ministero Luca Palamara, 50 anni, indagato per corruzione, l’abitazione del suo commercialista e quella di Adele Attisani, persona considerata molto “vicina” al magistrato romano. La perquisizione conferma il ruolo di “regista” di Palamara in un network di rapporti ed equilibri di potere abbastanza consolidato dentro Palazzo dei Marescialli. Infatti Palamara da ex consigliere del Csm,  e leader della corrente Unicost non si è mai mosso da solo , come confermano le prime indagini investigative  della Procura di Perugia

Ancora una volta si può prevedere con logica pressochè certezza che l’incrocio tra le indagini della Procura di Perugia e l’infernale scontro in corso tra le correnti della magistratura per la nomina del nuovo magistrato da porre alla guida della Procura di Roma sta scatenando veleni che stanno coinvolgendo l’intera magistratura italiana, la sua organizzazione in correnti (esattamente come nei partiti !) , ed i suoi equilibri per il raggiungimento del controllo sul potere giudiziario .

Contestualmente, la procura di Perugia ha notificato un’informazione di garanzia anche al pm della procura di Roma Stefano Fava (l’autore dell’esposto al Csm che accusa l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo ( di cui scrive oggi il quotidiano “La Repubblica) accusandolo di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Agli uomini della Guardia di Finanza è stato delegato dai pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano la ricerca dei documenti che Fava, indagato per favoreggiamento, avrebbe consegnato a Palamara e da utilizzare contro Ielo.  Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno anche intercettato anche una conversazione tra Spina  che adesso conseguentemente rischia la sospensione dal Csm , Palamara e due parlamentari, in cui il consigliere informava Palamara che all’esposto di Fava era allegato un cd “secretato”.

Dei “40 mila euro” a quanto pare versati a Palamara da Centofanti e Calafiore per indirizzare la nomina del Procuratore di Gela,  Giancarlo Longo, il magistrato che Palamara avrebbe dovuto issare senza merito su quella poltrona e che sarà poi bloccato dal “no” del Capo dello Stato e presidente del Csm Sergio Mattarella. Parla a verbale nel  2015 Longo che racconta , “incontrai Palamara, allora consigliere del Csm, a Roma, in un centro sportivo. Lui gestiva i voti di Unicost e mi disse di essere disponibile a farmi nominare Procuratore di Gela o anche altrove. In quell’occasione, non parlammo di soldi”. Non era l’ambizione a spingere Longo verso Gela, come dallo stesso ammesso, “ma l’interesse che l’avvocato Amara aveva per i procedimenti che pendevano a Gela su Eni“.

Le manovre per la nomina del procuratore di Perugia. I magistrati umbri hanno delegato la caccia alla documentazione perché tra i documenti “esibiti e descritti” a Palamara e quelli da lui trasmessi nel suo esposto “risultano diversi”. Ed è qui si innesta il tentativo in qualche modo di entrare e interferire sopratutto sulla nomina del nuovo procuratore capo di Perugia, una delle sedi vacanti da riempire.

È il 7 maggio scorso quando Palamara fa riferimento per la prima volta a “quella cosa” che Fava vuole mandare a Perugia mentre parla con un collega. “E l’argomento nel quale si inserisce il riferimento  – si legge nel decreto – è l’individuazione di un candidato da appoggiare da parte di Palamara per l’incarico del procuratore di Perugia”; “ma io non c’ho nessuno a Perugia… zero” replica Palamara che si informa su uno dei tanti candidati, conosciuto a in contatto con il suo interlocutore.

Nel corso della conversazione che proseguesi comprende che, secondo il citato collega, Palamara non avrebbe alternative (per problemi  e logiche di correnti qui irrilevanti) se non ‘appoggiare’ il candidato proprio di cui i due parlano e a quel punto  – si legge nel decreto  – l’indagato chiede esplicitamente al suo collega: chi glielo dice che deve fa quella cosa lì’, e a seguito di chiarimenti richiesti dall’interlocutore, infine chiarisce “eh deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo …. non lo farà mai.
La conclusione per gli inquirenti è piuttosto netta: “Da tale conversazione, ma soprattutto quella del 16 maggio con Fava … traspare l’interesse di Palamara a che venga nominato un procuratore a Perugia che sia sensibile alla sua posizione procedimentale e all’apertura di un procedimento fondato sulle carte che Fava sarebbe intenzionato a trasmettere a tale ufficio”. Cioè quei documenti che il pm Fava voleva utilizzare contro l’attuale aggiunto di Roma Paolo Ielo.

Palamara replica: “Sulla mia persona si stanno abbattendo i veleni della Procura di Roma, ma ho la tempra forte e non mi faccio intimidire. Sto chiarendo punto per punto tutti i fatti che  mi vengono contestati perchè ribadisco che non ho ricevuto pagamenti, né regali, né  anelli e non ho fatto favori a nessuno“. “Chi conosce le dinamiche consiliari – aggiunge l’ex consigliere del Csm Palamara al termine dell’interrogatorio durato più di 4 ore negli uffici di una caserma della Guardia di Finanzasa benissimo che non ho mai parlato di Longo né tantomeno ho danneggiato qualcuno, trattandosi di un organo collegiale che come tale ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi membri. Ho esibito le ricevute dei pagamenti dei viaggi e altro mi riservo di farlo domani nel prosieguo dell’interrogatorio”.

I nomi di altri nomi sono stati iscritti nel registro degli indagati dell’inchiesta della Procura di Perugia sulla corruzione e le nomine al Csm. Oltre all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, sono state notificate a Luigi Spina, componente togato del Csm della corrente Unicost (a lui vengono contestati i reati di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento), all’avvocato Pietro Amara e al “lobbista” Fabrizio Centofanti, l’uomo dei regali a Luca Palamara.

La guerra delle toghe

Non si può non segnalare al lettore la singolare sincronia verificatasi nello stesso momento in cui la Procura di Perugia comunicava al Consiglio Superiore l’iscrizione al registro degli indagati per corruzione di Palamara, immediatamente è partita la macchina del rumore, del risentimento e del sospetto, in uno scontro che non prevede feriti, ma solo magistrati che stanno mettendo in gioco l’intera carriera e reputazione

Sui quotidiani di ieri è venuta alla luce la notizia di un esposto al Csm che accusava l’ex procuratore Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo di aver condotto una delle indagini più delicate della Procura di Roma con qualche presunto condizionamento, derivante dalla “vicinanza” e coinvolgimento in molteplici indagini dell’avvocato siciliano Pietro Amara, il regista indagato nel 2018 alla guida della “cricca”  che condizionava le sentenze della giustizia amministrativa. Sempre i collegamenti di Amara conducevano a Fabrizio Centofanti, il lobbista di “area” Pd, che avrebbe manifestato la propria  generosità proprio con Luca Palamara.

E’ stato Stefano Fava un pubblico ministero della Procura di Roma, a presentare l’esposto – con cui si accusano Pignatone e Ielo , come scrivevamo ieri, di non essersi astenuti nelle forme corrette previste dalla Legge  dall’indagine in corso su Amara, Infatti perché i rispettivi fratelli dei due magistrati denunciati avrebbero avuto dei rapporti professionali proprio con lo stesso Amara. Ed il pm Fava aveva indagato proprio su Amara prima di vedersi revocata la delega all’indagine ed entrare in rotta di collisione con Pignatone.

Il pubblico ministero Stefano Fava è di origini calabresi, nativo di Santo Stefano d’Aspromonte (in provincia di Reggio Calabria), un paese che, ironia del destino, è vicinissimo a Santa Cristina d’Aspromonte paese di cui è invece originaria la famiglia Palamara. Alle spalle di Fava vige la fama di essere un magistrato molto testardo, molto propenso, da buon calabrese all’essere diffidente. La circostanza poi che il suo esposto depositato al Csm,  sia arrivato contestualmente nelle mani dei colleghi de   “Il Fatto Quotidiano” e “La Verità” non sia un caso, ma effetto di una contorta strategia . per altro

L’ esposto al CSM

Quindi, perché l’esposto, si chiede più di qualcuno. Semplice. La risposta è contenuta nell’effetto che si produce e ricava. L’esposto è il passaggio a livello,  che deve indurre se non costringere il Consiglio Superiore della Magistratura, proprio nel momento nel quale si prepara ad affrontare le nomine del “dopo Pignatone“, a dover valutare con un’accusa che ne macchia l’immagine e compromette la potenziale continuità di metodo di lavoro di una Procura “vitale” nella vita del Paese. Un metodo di lavoro quello di Pignatone che è stato puntualmente e ripetutamente osteggiato nei suoi sette anni di gestione della Procura di Roma guidata in perfetta sintonia dall’aggiunto Paolo Ielo responsabile del coordinamento dei procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione, il vero cancro insito nella vita politica e nella gestione della “cosa” pubblica.

Ma la denuncia del pm Fava viole essere anche qualcosa di più pesante. Come sostiene il collega Carlo Bonini del quotidiano La Repubblica, “una formidabile arma di manipolazione del quadro che la Procura di Perugia si prepara a illuminare. E che, dunque, nel momento chiave (che è evidentemente arrivato) deve servire a trasmettere la sensazione di una Procura di Roma dove non esistono cavalieri bianchi e cavalieri neri. Dove i veleni sono di casa e ognuno ha uno scheletro nell’armadio. In una notte in cui tutti i gatti sono grigi“.

Non è dato compito nostro interpretare o spiegare quali siano le intenzioni del pm Fava con il suo esposto o se qualcuno ne abbia manipolato le mosse. Né chi abbia fatto circolare l’esposto  che è “blindato” in un fascicolo della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. Il chiaro intento di condizionare l’atmosfera poco idilliaca regnante a Palazzo dei Marescialli  è palese e tangibile ao occhio nudo. Qualcuno si illude che “il tempo forse darà delle risposte“. Il fatto che insieme a Palamara sia cresciuto il numero degli indagati della Procura della Repubblica di  Perugia è la conferma che quell’indagine è arrivata a un punto dove nessuno poteva immaginare si arrivasse.

La Giunta Esecutiva Centrale dell’Anm-Associazione Nazionale Magistrati  con una nota “in relazione ad anticipazioni di stampa relative ad indagini in corso che coinvolgerebbero componenti ed ex componenti del Csm ed altri magistrati, esprime piena fiducia nell’Autorità giudiziaria di Perugia – sottolinea – che conferma la capacità della magistratura italiana di esercitare il controllo di legalità anche quando riguarda appartenenti all’ordine giudiziario“.

Secondo l ’Anm: “Non ci sono correlazioni con la nomina del procuratore” spiega in una nota il presidente dell’Anm Pasquale Grasso Non ravviso alcun elemento di correlazione, salvo emersione di diversi elementi che allo stato non mi pare superino il livello della mera illazione» , in relazione all’inchiesta di Perugia che vede indagato Palamara e la nomina che il Csm dovrà fare per la guida della procura di Roma. “Il procedimento che condurrà a detta nomina è in corso nella sede costituzionalmente prevista, e nel rispetto delle norme di legge. Ogni altro commento mi parrebbe un ulteriore indebito tentativo di interferenza sull’attività del Consiglio”  conclude il presidente dell’Anm .

Secondo noi forse è arrivato il momento che la Magistratura rinunci alla propria suddivisione e guerriglia fra “correnti” . Altrimenti la vecchia stima e reputazione affidate dal Paese alle toghe nel dopoguerra, sarà solo un flebile ricordo di un tempo che non si ripeterà più. I magistrati millantano di lottare per l’indipendenza dalla politica, ma in realtà si comportano come loro se non peggio. Ma al contrario dei politici non sono eletti dai cittadini…

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