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1 Maggio 2024 02:43
1 Maggio 2024 02:43

Diciassette arresti per armi , estorsione e droga. Sgominato dalla Polizia il clan Briganti

La Polizia di Stato che sta eseguendo una misura di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della D.D.A. della Procura della Repubblica nei confronti di 17 soggetti, indagati per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso. TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI

È in corso, dall’alba di oggi, a Lecce e Provincia, l’ operazione “Game Over” della Polizia di Stato che con l’ausilio la Squadra Mobile di Lecce, pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine “Puglia Meridionale” di Lecce – “Puglia Centrale” di Bari – “Campania” di Napoli, di Unità Cinofile di stanza a Bari e del 9° Reparto Volo di Bari, sta eseguendo una misura di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce su richiesta del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Giovanna Cannarile, nei confronti di soggetti, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di  sostanze stupefacenti, estorsione e violazione della legge sulle armi.

la pm Giovanna Cannarile della DDA di Lecce

Si tratta di ordinanze eseguite nei confronti di tre individui già detenuti, in dieci sono finiti in carcere e 4 ai domiciliari, su disposizione del gip del Tribunale di Lecce Marcello Rizzo. Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato un gruppo criminale che si ritiene operante sul territorio leccese, conosciuto come “clan Briganti” e facente capo a Pasquale Briganti, detto Maurizio (la cui “mafiosità” è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato). Si tratta di uno dei due clan operanti a Lecce, come raccontano le sentenze ed i processi. L’altro “clan” contrapposto fa riferimento all’ergastolano Cristian Pepe i cui rapporti sono mutati nel tempo: dagli scontri ad una sorta di “pax” mafiosa per scongiurare manifestazioni violente che possano attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria.

Attraverso la predetta attività si ritiene di aver documentato l’incessante operatività del clan, e del suo capo storico nonostante questi fosse detenuto in esecuzione di pena presso un istituto carcerario del centro Italia. L’indagine, sviluppata per circa due anni attraverso presidi tecnologici e servizi di pedinamento ed osservazione, avrebbe palesato come il Briganti, dal carcere ed attraverso familiari ed affiliati fidati, abbia continuato a gestire le attività illecite del clan, operativo prevalentemente, ma non esclusivamente, nella città capoluogo, arricchendo i propri ranghi con l’annessione di nuovi sodali attraverso i classici rituali di affiliazione, tipici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, e innalzando di grado affiliati già appartenenti alla Sacra Corona Unita

Sono stati documentati episodi ritenuti di imposizione e riscossione di somme di denaro necessarie per il sostentamento degli affiliati in carcere, tra cui appunto l’indiscusso capo, nonché azioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole o di chi, acquirente, pusher o spacciatore di sostanze stupefacenti, non pagava per tempo l’importo della droga acquistata. Si ritiene di aver ricostruito la consumazione di una serie massiccia di reati che vanno dall’estorsione in danno di attività ambulanti e commerciali, al traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacenti. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher.

Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la costante disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso dell’ operazione sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento. Per l’acquisto di tali armi, il gruppo criminale avrebbe avuto come referente un soggetto italiano di origini montenegrine, collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti presso il Campo sosta Panareo. 

Sono state contestate, infine, numerose estorsioni, che sarebbero state attuate anche con la minaccia di far ricorso all’uso delle armi, avvenute in danno di ambulanti in occasione di incontri di calcio della locale squadra, eventi musicali e sagre, oltre alla gestione dei parcheggi abusivi durante lo svolgimento di spettacoli ed eventi sportivi.  È stata contestata, infine, l’estorsione ad alcuni commercianti e ambulanti in occasione delle festività del Santo Patrono di Lecce.

In carcere sono finiti: Pasquale Briganti detto “Maurizio”, 52enne di Lecce; Fabio Briganti, 50enne Senad Ahmetovic, 29enne;  Aleandro Capone 26enne; Francesco Capone, detto “Checco o Facciune”, 28enne;  Daniele De Vergori, 22enne;  Carlo Gaetani, detto “Carletto” 37enne; Giuseppe Guido, 32enne; Sergio Marti, 48enne; Giorgio Piccinno, 32enne;  Nicola Pinto, Nicola Pinto detto “Nico”, 34enne; Gianluca Stella, detto “Luca o Ciotta”, 32enne; Carlo Zecca 33enne. Sono tutti residenti a Lecce, ad eccezione del Marti che risiede a Giorgilorio (Surbo) .

Ai domiciliari, invece, sono finiti: Nicolò Greco, Domenico Persano, Enzo Quaranta e Silvia Renna.

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