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19 Aprile 2024 19:49
19 Aprile 2024 19:49

Finanziamenti milionari per terreni “fantasma”: le mani dei clan mafiosi sui fondi europei

Blitz antimafia n Sicilia con oltre mille uomini della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, impegnati nell'operazione. Coinvolti boss e insospettabili, anche un notaio: riuscivano a ottenere soldi per appezzamenti mai avuti. Gli indagati dell’inchiesta “Nebrodi” sono in tutto quasi duecento, per l’esattezza 194. 94 gli arresti disposti.

MESSINA – L’Unione europea ha versato per anni, milioni di euro di contributi per lo sviluppo dell’agricoltura su terreni fantasma ai “boss” della mafia siciliana . Una vera e propria truffa incredibile quella scoperta dal Gico della Guardia di Finanza con i finanzieri del Comando Provinciale di Messina, con la collaborazione dei loro colleghi di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta e dai Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Messina e del Nucleo Tutela Agroalimentare di Salerno.

Oltremille uomini tra carabinieri e finanzieri hanno eseguito questa notte una monumentale ordinanza di custodia cautelare siglata dal gip Salvatore Mastroeni, quasi duemila pagine, frutto di una indagine della Distrettuale antimafia di Messina coordinata dal procuratore capo Maurizio De Lucia. Scrive il gip: “Nel territorio di Tortorici c’è un potere della mafia altissimo (…) per l’impossessamento di 15 ettari bastò una semplice telefonata, non furono necessarie minacce. Quando esiste la mafia, basta dire il proprio nome, se del caso accennando al fatto che si è appena usciti dal carcere“.

Una truffa clamorosa, per la quale sarebbe bastata una semplice verifica per bloccarla, mentre invece nessuno ha controllato, e chi doveva controllare era “complice”. Truffa che aveva fruttato alle cosche mafiose oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe

L’indagine è stata suddivisa nei mesi scorsi in due tronconi principali dai magistrati della Distrettuale antimafia di Messina, il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e i pm Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti.

Quella gestita dai Carabinieri del Ros  ha consentito di ricostruire l’attuale assetto e la gestione del territorio dello storico “clan” dei Batanesi, un gruppo mafioso diretto da Sebastiano Bontempo detto “u uappo”, che ha scontato 23 anni in carcere, per un’accusa di omicidio, il quale negli ultimi anni aveva allargato la sua rete di cointeressenze, anche nel traffico di droga, in larga parte della provincia di Messina, insieme a Sebastiano Conti Mica, e Vincenzo Galati Giordano,

Il “boss” mafioso Salvatore Aurelio Faranda

 

E’ il numero uno”, dicevano di lui nelle intercettazioni mentre attendevano la sua scarcerazione. Venne organizzato al ristorante Rinazzo, in contrada Casitti un grande pranzo in suo onore a cui erano presenti tutti gli esponenti più in vista del clan: ad accogliere gli ospiti, Vincenzo Galati Giordano, detto “Lupin”, e Sebastiano Destro Mignino detto “Ruspa”. “E’ stata una festa grossa, tutti là erano“, commentavano sulla strada del ritorno mentre venivano intercettati.

E’ ormai la mafia dei pascoli virtuali, che ha dovuto far fronte alle restrizioni imposte dal protocollo voluto da Giuseppe Antoci. l’ex presidente del Parco,  “Il protocollo ha inciso profondamente contro le mafie dei Nebrodi“, ha commentato il generale Pasquale Angelosanto  comandante del Ros dei Carabinieri,.

L’altro filone d’indagine che è stato affidato e gestito dal Gico della Guardia di Finanza, si è concentrato invece su una costola del clan tortoriciano dei Bontempo Scavo, al cui vertice c’era  Salvatore Aurelio Faranda, che dopo le sue vicissitudini giudiziarie nel corso del tempo era riuscito ad estendere il centro dei propri interessi fino al Calatino, con al centro la mafia di Caltagirone.

Contestati, a vario titolo, come tipologia di reati, l’associazione a delinquere di stampo mafioso, il concorso esterno all’associazione mafiosa, il danneggiamento seguito da incendio, l’uso di sigilli e strumenti contraffatti, la falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, la falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, il trasferimento fraudolento di valori, l’estorsione, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche l’impiego di denaro, beni ed utilità di provenienza illecita.

Gli arrestati sono 94, per 48 c’è il carcere e altri 46 sono agli arresti domiciliari, e sono state sequestrate ben 151 imprese agricole, oltre a conti correnti, rapporti finanziari e vari cespiti.

Fra il 2010 e il 2017, l’Unione Europea aveva versato 5 milioni di euro a 151 aziende agricole della provincia di Messina in mano ai boss di Tortorici. E alcuni di quei soldi sono finiti anche su conti esteri, circostanza che conferma la grande capacità organizzativa dei boss mafiosi. I fondi europei depredati sono quelli messi a disposizione dal “Feaga”, il Fondo europeo agricolo di garanzia, e il “Feasr”, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, misure che avrebbero dovuto dare slancio al parco dei Nebrodi, ed invece si sono trasformate in una grande occasione mancata.

All’alba di oggi sono scattate 94 misure cautelari . Decapitato con 48 arresti in carcere, lo “stato maggiore” dei   “Bontempo Scavo” e dei “Batanesi”,  due cosche mafiose “storiche” di Tortorici, il cuore del Parco dei Nebrodi, ; fra i 46 ai domiciliari, arrestati anche Antonino Pecoraro, 73 anni, un insospettabile notaio di Canicattì (Agrigento),  accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, e una decina di dipendenti dei Centri di assistenza agricola,uno dei quali è Emanuele Galati Sardo, 39 anni, sindaco di Tortorici,  anch’egli chiamato in causa per concorso esterno, che erano i “colletti bianchi” complici delle cosche mafiose, delegati a “sistemare” ogni pratica che arrivava all’Unione Europea per i relativi finanziamenti a fondo perduto.

Tutte persone in possesso delle competenze necessarie per realizzare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei meccanismi di erogazione di spesa pubblica, e conoscitori dei limiti del sistema dei controlli. Il meccanismo accertato dall’inchiesta si fondava sulla “spartizione virtuale” del territorio, operata dai clan mafiosi, per realizzare centinaia di truffe, con rapporti anche con gruppi mafiosi  delle altre province.

Le società controllate dai “padrini” delle cosche richiedevano i contributi Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura) documentando di avere in affitto particelle di terreni che in realtà non disponevano: agli investigatori è bastato scorrere l’elenco per verificare che si trattava invece di terreni che appartengono alla Regione Sicilia, al Demanio, ai Comuni, ed uno persino si trovava addirittura all’interno dell’Aeroporto palermitano di Boccadifalco, ed altri sono sparsi in giro per l’Italia.

Protagonisti di questa storia di truffe all’ Europa sono due “clan” che avevano già subito pesanti condanne negli ultimi vent’anni: alcuni degli esponenti più in vista delle famiglie di Tortorici recentemente  erano però tornati in libertà, ed avevano riorganizzato i propri contatti ed affari illegali . I “boss” della cosca mafiosa  dei Nebrodi da sempre hanno contatti con i mafiosi di Palermo e di Catania. Le indagini hanno documentato nuovi incontri, che confermano la riorganizzazione nel segno della modernità. in corso della mafia più antica della Sicilia.  E tutto grazie a una rete di complici insospettabili.

I mafiosi  avevano concordato tutto: a partire dalla predisposizione di falsa documentazione che attestava la titolarità di terreni da inserire nelle domande di contribuzione, anche mediante l’utilizzo di timbri falsi, la cessazione delle ditte già utilizzate mettendole in liquidazione, il trasferimento dei titoli autorizzativi da una società ad altre, lo spostamento delle particelle dei terreni da un’azienda all’altra ma sempre gestita dai mafiosi, la revoca dei mandati riferiti a precedenti centri di assistenza agricola a favore di altri per  rendere più difficile il reperimento della documentazione agli organi di controllo.

Una telefonata bastò al boss per impossessarsi di un pascolo del parco dei Nebrodi. “Appena uscito dal carcere – ha raccontato l’unico proprietario che ha trovato la forza di denunciare ai CarabinieriGino Bontempo mi chiamò per dirmi che voleva parlarmi“. E siccome il padrino aveva l’obbligo di dimora in paese, in quanto sorvegliato speciale, corse il proprietario a casa sua. Aveva già capito quale sarebbe stata la richiesta. Ma in realtà il contratto serviva solo per mettere le carte a posto.

“I 1.500 euro annui pattuiti non sono stati mai pagati dal 2010 al 2016. Anche quando l’affittuario formalmente cambiò, ancora una volta fu Bontempo a chiedermelo, perché la figlia era in gravidanza, così spiegò. E feci il contratto alla società denominata ‘Le Chiuse’. Non dissi nulla, avevo paura di ritorsioni“. Era il novembre tre anni fa. Una storia emblematica.

“Ero suggestionato dalla sua figura e dal fatto che fosse appena uscito dal carcere. Non avevo mai avuto a che fare con lui, ma sapevo benissimo chi era”. Bontempo pretendeva un grande appezzamento e chiaramente non ci fu bisogno di molte parole. “Chiedeva in affitto il terreno di contrada Abbadessa, 15 ettari, perché era interessato a prendere i contributi Agea. E siccome lui non poteva intestarsi il contratto, mi chiese di farlo alla figlia”

TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI

CARCERE:

Calogero Barbagiovanni, Carmelo Barbagiovanni, Gino Bontempo, Giuseppe Bontempo, Salvatore Bontempo, Sebastiano Bontempo, Sebastiano Bontempo Scavo, Salvatore Calà Lesina, Gino Calcò Labruzzo, Andrea Caputo, Domenio Coci, Giuseppe Marchetta Condipodero, Samuele Conti Mica, Sebastiano Conti Mica detto “U Bellocciu“, Ivan Conti Taguali, Giuseppe Costanzo Zammataro,, Salvatore Costanzo Zammataro, Santo Destro Mignino, Sebastiano Destro Mignino, Vincenzo Galati Giordano, Vincenzo Galati Giordano detto “Lupin“, Giuseppe Marino Gammazza, Alfred Hila, Antonino Agostino Marino, Rosario Marino, Pasqualino Agostino Ninone,   Francesco Protopapa, Giuseppe Scinardo Tenghi, Mirko Talamo, Giuseppe Valerio Labia, Giuseppe Armeli Moccia, Rita Armeli Moccia, Sebastiano Coci, Katia Crascì, Sebastiano Crascì, Sebastiano Craxì, Aurelio Salvatore Faranda, Davide Faranda, Emanuele Antonino Faranda, Gaetano Faranda, Gianluca Faranda, Massimo Giuseppe Faranda, Rosa Maria Faranda, Giovanni Vecchio.

 DOMICILIARI:

Alessio Bontempo, Lucrezia Bontempo, Giovanni Bontempo, Giuseppe Bontempo, Sebastiana Calà Campana, Vincenzo Ceraulo, Carolina Coci, Jessica Coci, Rosaria Coci,  Claudia Costanzo Zammataro, Loretta Costanzo Zammataro, Valentina Costanzo Zammataro, Romina Costanzo Zammataro, Daniele Galati Pricchia, Alessandra Sciuto, Giuseppe Armeli, Salvatore Armeli Moccia, Antonio Caputo,  Giusi Conti Pasquarello, Massimo Costantini, Barbara Rosaria Coci, , Lucio Attilio Rosario Crascì, Salvatore Antonino Crascì, Salvatore Dell’Albani, Marinella Di Marco, Antonino Faranda, Giuseppe Ferrera, Innocenzo Floridia, Emanuele Galati Sardo, Giuseppina Gliozzo, Roberta Linares, Giuseppe Natoli, Pietro Lombardo Facciale, Francesca Lupica Pasquale, Rosa Maria Lupica Pasquale, Antonia Strangio, Giorgio Marchese, Antonino Pecoraro, Massimo Pirriatore, Elena Pruiti, Danilo Rizzo Scaccia, Angelica Giusy Spasaro, Giuseppe Natale Spasaro, Salvatore Terranova, Giuseppe Villeggiante, Carmelino Zingales.

 

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