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2 Maggio 2024 15:24
2 Maggio 2024 15:24

Un inchiesta della procura di Perugia sulla fuga di “dossier” della Direzione Nazionale Antimafia agita le istituzioni

Un'indagine che dopo l’estate rischia di deflagrare e diventare uno scandalo nazionale, all’esito degli accertamenti in corso da parte dei magistrati di Perugia che indagano sull'ipotesi di reato di accesso abusivo a sistemi informatici.

La procura di Perugia con un’indagine delicatissima seguita direttamente dal procuratore capo Raffaele Cantone da mesi sta indagando su una centrale di dossieraggio illecito, in azione all’interno della Direzione nazionale antimafia, che negli ultimi anni, ha curiosato abusivamente sui conti correnti e le operazioni finanziarie di centinaia di persone note, tra importanti politici industriali e persino giornalisti.

Un’indagine che dopo l’estate rischia di deflagrare e diventare uno scandalo nazionale, all’esito degli accertamenti in corso da parte dei magistrati di Perugia che indagano sull’ipotesi di reato di accesso abusivo a sistemi informatici. Al momento risulta iscritto nel registro degli indagati Pasquale Striano tenente della Guardia di Finanza che per molto tempo ha lavorato presso Direzione Nazionale Antimafia

I magistrati della Procura di Perugia sulla base di evidenze ritenute inequivocabili (gli accessi informatici lasciano sempre traccia) sospettando che il finanziere infedele abbia interrogato il sistema informatico interno della DNA per scaricare senza alcuna autorizzazione o motivazione una valanga di atti riservati, cioè i Sos (Segnalazioni di operazioni sospette) che sono quelle le movimentazioni di denaro anomale che le banche e gli operatori finanziari hanno il dovere di comunicare all’ UIF – Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia per i necessari approfondimenti, che per legge vengono trasmesse sia alla Dna che al Nucleo Valutario della Guardia di Finanza.

Tre anni fa era avvenuta la pubblicazione su diversi quotidiani dei SOS che riguardavano dei personaggi politici di primo livello fra i quali Matteo RenziGiuseppe ConteRocco , articoli che avevano fatto accendere i riflettori su queste fughe di notizie incontrollate, e sopratutto illegali, in quanto le segnalazioni dell’ UIF devono essere sempre trattate e custodite con la massima attenzione e riservatezza in quanto contengono informazioni riservate su transazioni apparentemente sospette (bonifici dall’estero, strani passaggi di denaro) ma che talvolta potrebbero essere lecite sulle quali Bankitalia realizza un’istruttoria e la trasmette alla Dna ed alle Fiamme Gialle .

E’ successivo compito degli organismi investigativi della polizia giudiziaria svolgere degli approfondimenti sulle segnalazioni ricevute. Però molti di quei documenti sono usciti sui giornali addirittura prima che alle magistrature competenti, con articoli che hanno allarmato ed agitato il vertice della Guardia di Finanza e del ministero dell’Economia e Finanze, che hanno conseguito diverse riunioni operative, in cui sono stati ricostruiti i percorsi di trasmissione delle Sos finite appunto al Nucleo Valutario della Fiamme Gialle, alla Dna, alla Direzione Investigativa Antimafia e in alcuni casi anche ai Servizi) ma non si è arrivato a nulla di concreto.

il ministro della Difesa sen. Guido Crosetto

Il quadro investigativo cambia lo scorso ottobre 2022 allorquando il ministro della Difesa sen. Guido Crosetto deposita alla procura di Roma una propria una querela-denuncia. “A seguito della pubblicazione di miei dati personali e non pubblici, accessibili solo da parte di persone autorizzate, ho deciso di sporgere una querela alla procura di Roma per capire come fossero stati recuperati“, spiega oggi il ministro al quotidiano La Repubblica. Tutto ha origine nell’autunno scorso, quando il quotidiano Domani pubblica un articolo in cui svela che tra il 2018 e il 2021 il neo-ministro della Difesa Guido Crosetto ha percepito quasi due milioni di compensi da Leonardo, la società parastatale che si occupa di armamenti, grazie alla sua attività di consulente o intermediario attraverso le aziende di cui faceva parte prima di entrare al governo. Guadagni leciti dietro i quali però, sosteneva il giornale, emergeva un conflitto d’interessi con il nuovo incarico. Negato da Crosetto, che dopo aver annunciato querele ha presentato la sua denuncia alla Procura di Roma.

Il titolare del relativo fascicolo d’indagine, la pm Antonia Giammaria ha delegato i primi accertamenti e scoperto qualcosa e cioè che un il tenente della Fiamme Gialle in servizio alla Direzione Nazionale Antimafia nei giorni precedenti alla pubblicazione degli articoli, avrebbe infatti effettuato delle ricerche proprio su Guido Crosetto. Le prime indagini hanno chiarito che tutta la mole di informazioni a cui ha avuto accesso quel finanziere, non erano motivate da alcuna richiesta delle singole Procure distrettuali che normalmente chiedono supporto alla Dna, né sfociavano in atti d’ufficio su iniziativa dalla Dna verso quelle stesse Procure.

Il tenente della Guardia di Finanza viene perquisito e poi interrogato, ammette la circostanza ma nega ogni irregolarità sostenendo che le interrogazioni al sistema venivano effettuate abitualmente dal suo ufficio per motivi di servizio. Non diceva il falso, ma non la diceva tutta, nel senso che gli investigatori scoprono che sulla stampa sono finite solo alcune delle centinaia di interrogazioni alla banca dati che risultano dai log digitali fatte nell’ufficio della Dna.

Ricerche che però non erano giustificate da una eventuale richiesta né tantomeno da una relazione degli organismi competenti, cioè nessuno per motivi di indagine aveva mai chiesto di scaricare quelle segnalazioni. E peraltro le informazioni scaricare non erano presenti in alcuna relazione informativa alla procura. Quindi, si chiedono i magistrati inquirenti, perchè mai allora?

Il maresciallo delle Fiamme Gialle indagato ha cercato di scaricare le azioni compiute sulle modalità organizzative dell’ufficio, la cui sezione all’epoca era guidata da un noto magistrato di consolidata esperienza, Antonio Laudati ex procuratore della repubblica a Bari, ma quelle pseudo-giustificazioni non hanno però convinto gli inquirenti. Il nuovo capo della Dna, Giovanni Melillo, nel frattempo ha cambiato le procedure, ponendo alla guida e controllo di quel dipartimento tre magistrati. Il fascicolo di indagine sul finanziere è finito a Perugia, proprio perché la procura umbra guidata a Raffaele Cantone possa valutare eventuali responsabilità omissive o di complicità di magistrati in servizio a Roma. Ma sopratutto i vertici delle istituzioni cercando di trovare la risposta a una domanda inquietante: perché venivano consultati e scaricati informazioni riservate e quindi dati sensibili su alcuni dei politici più esposti del nostro Paese? Chi aveva richiesto quelle informazioni al finanziere ? E soprattutto: a chi sono state consegnate ?

il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone

Questa mattina la procura di Perugia con una nota firmata dal procuratore capo Cantone, ha reso noto che dallo scorso mese di aprile la procura umbra “sta proseguendo in assoluta riservatezza le indagini preliminari, che si sono ovviamente estese rispetto all’ipotesi originaria di violazioni di notizie riservate in danno del Ministro Crosetto e sono state già sentite numerose persone ed esaminata una rilevante quantità di documenti“.

Le indagini sono state, in particolare, delegate al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma, che oltre ad avere la piena fiducia dell’Ufficio, “ha le necessarie ed idonee competenze ed il cui comandante, in accordo con lo scrivente, ha individuato un pool di investigatori che sta procedendo agli accertamenti con particolare rigore e speditezza, in quanto è auspicabile che esse siano concluse in tempi più rapidi possibili“. Gli accertamenti conclude la nota di Cantonevengono condotti con la piena collaborazione ed in totale sintonia con il Procuratore Nazionale Antimafia che aveva, già prima dell’avvio dell’indagini, provveduto a riorganizzare radicalmente il servizio SOS“.

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