Il vero ostacolo da superare si chiama “Accordo di programma” la partita che può, davvero, indirizzare il futuro dell’ex Ilva si cui si è discusso oggi al Mimit con la Regione Puglia e gli enti locali coinvolti. Una riunione “decisiva“, ha spiegato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che aveva manifestato l’intenzione di andare avanti “a oltranza e se necessario anche tutta la notte, fino a quando non ci sarà una decisione comune positiva o negativa”. Obiettivo del ministro Urso impegnato in una crisi di cui si occupa da molto tempo senza alcun risutato concreto, con la giustificazione di voler tutelare occupazione e produzione, salvaguardare il processo di decarbonizzazione e rilanciare l’ex Ilva di Taranto attraverso un intervento deciso dello Stato.
I sindacati non fanno passi indietro sulle richieste ribadite al ministro Urso, e alla ministra del Lavoro, Marina Calderone, per salvare l’acciaieria e insistono giustamente sul nodo delle risorse: i 200 milioni messi a disposizione non possono bastare per il rilancio.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano è stato molto chiaro: “Ci siamo aggiornati, dovremmo superare la giornata della Conferenza dei servizi presso il ministero dell’Ambiente, per evitare di essere scavalcati da un’Aia che vede la contrarierà della Regione. Dovremmo rivederci martedì prossimo per trovare una definizione complessiva“. ha aggiunto il presidente Emiliano, uscendo dalla riunione al Mimit sull’accordo di programma per Taranto sull’ex Ilva. Anche il sindaco di Taranto Piero Bitetti non è allineato con il ministro Urso: “È piuttosto semplice passare la palla così, c’è da fare un ragionamento serio sul futuro di un territorio che ha dato tanto in termini di sacrifici. Un territorio che merita di essere risarcito” Con queste parole il sindaco di Taranto Piero Bitetti, arrivando al Mimit, Risponde così alle parole del ministro delle Imprese. Urso ieri ha dichiarato che la prima scelta sul colosso siderurgico spetta a Taranto.
Dopo quasi 8 ore si è conclusa la riunione odierna che ha consentito di approfondire tutti i fattori in campo. da quanto si apprende da fonti del Mimit. È stato assunto un impegno da parte degli enti presenti al tavolo a sottoscrivere l’accordo inter-istituzionale che sarà alla base della revisione dell’autorizzazione Aia alla riunione già convocata per martedì 15 al fine di consentire ulteriori approfondimento sulle due opzioni di lavoro emerse.
Un “piano siderurgico nazionale” entro l’estate
Durante la prima fase dell’incontro, che è ripreso dopo le 15, il ministro ha detto: “Il nostro impegno nelle prossime settimane è chiaro: se scioglieremo il nodo principale, che è Taranto, prima della chiusura dei lavori parlamentari convocherò al Mimit tutte le associazioni d’impresa e gli interlocutori del settore per presentare il piano siderurgico nazionale“. Un piano strategico, ha spiegato Urso, che “definisce il futuro della siderurgia italiana: come approvvigionarci, attraverso quali tecnologie, in che tempi e con quali impianti. Affronteremo il tema del rottame ferroso, le possibilità consentite dalle norme europee e la capacità di soddisfare il fabbisogno interno, puntando anche all’export. L’obiettivo è ambizioso, ma possibile – ha aggiunto – fare dell’Italia la siderurgia più avanzata d’Europa sul piano green. Un salto qualitativo che richiede visione, investimenti e decisioni rapide da parte di tutti“.
Per quanto riguarda le ipotesi di nazionalizzazione dell’azienda Urso ha detto: “Quando si parla di nazionalizzazione, quindi di esproprio di un’attività produttiva, io vorrei riportare l’attenzione sulla nostra Costituzione: è su quella che ho giurato. Lo Stato può intervenire, sì, ma solo nei limiti previsti dalla nostra Carta”. Lo ha affermato leggendo ai presenti l’articolo 43 della Costituzione italiana, ed aggiounto “L’articolo 43 è molto chiaro: ‘A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali, o a fonti di energia, o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale’. L’Ilva, non rientra tra le categorie previste: non è un servizio pubblico essenziale, non riguarda le fonti di energia né configura una situazione di monopolio“.

Urso questa mattina ha ricordato che “giovedì 10 è stata convocata la Conferenza dei servizi tecnica” per la nuova autorizzazione Aia. “Senza un’Aia come quella che deve essere deliberata dalla Conferenza dei servizi sulla sostenibilità anche sul piano sanitario, non soltanto ambientale, la sentenza è già scritta”, osserva il ministro. Le decisioni ministeriali si scontrano però con le divergenze su alcuni punti dell’Accordo di programma: dalla collocazione della nave rigassificatrice ai tempi della decarbonizzazione, dal volume della produzione al desalinizzatore.
Nel frattempo tempo incalza e le condizioni dello stabilimento preoccupano i sindacati. L’incidente all’Altoforno 1, la mancata ripartenza dell‘Afo2, i problemi all’Afo4, eredità della precedente gestione, unitamente all’assenza di un solido piano finanziario inducono le parti sociali a chiedere ancora, con forza, una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti. “Il governo deve avere la proprietà pubblica dell’azienda. Il processo di decarbonizzazione, unica soluzione, deve essere garantito da una gestione pubblica con capitale pubblico”, ha detto il segretario generale Fiom-Cgil, Michele De Palma. Per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, “senza l’approvazione dell’Aia oltre al blocco della produzione ci sarebbe anche un blocco del risanamento ambientale, con un disastro occupazionale”. Di vera e propria “bomba sociale” ha parlato il segretario generale Fim, Ferdinando Uliano, spiegando che “bisogna costruire tutte le condizioni per rilanciare lo stabilimento e garantire l’occupazione di tutti i lavoratori, compresi quelli dell’indotto”.