
Il provvedimento della Procura di Bari come riportato nel decreto, è stato disposto “ritenuta l’indispensabilità della rivelazione della fonte informativa ai fini della prova del reato di divulgazione di notizie riservate e dell’individuazione dei pubblici ufficiali che hanno messo terze persone al corrente di notizie che dovevano restare segrete”. E nessuno che si chiede: come mai Emiliano ha fatto i loro nomi ?
BARI – I Carabinieri sulla base di un provvedimento disposto dalla Procura di Bari, a firma del procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno e dal pm Savina Toscani hanno sequestrato e successivamente restituito con un comportamento procedurale esemplare nonché assolutamente rispettoso nei confronti di entrambi i colleghi, dopo aver estratto copia digitale di una parte del contenuto i telefoni cellulari di Massimiliano Scagliarini e Nicola Pepe, due giornalisti de La Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano attualmente confiscato dal Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, nell’ambito delle indagini sulla fuga di notizie relativa all’inchiesta della Procura di Bari a carico del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
Il provvedimento della Procura di Bari come riportato nel decreto, è stato disposto “ritenuta l’indispensabilità della rivelazione della fonte informativa ai fini della prova del reato di divulgazione di notizie riservate e dell’individuazione dei pubblici ufficiali che hanno messo terze persone al corrente di notizie che dovevano restare segrete“.


Massimiliano Scagliarini
L’ altro giornalista Massimiliano Scagliarini a sua volta ha precisato di non aver “mai preannunciato ad alcuno l’imminenza di atti di indagini, e non ho mai incontrato il presidente Michele Emiliano alla vigilia della perquisizione di aprile, cosa di cui da’ atto la stessa Procura. Il mio mestiere e’ trovare notizie e pubblicarle, cosa che ho fatto anche in questa occasione. Resta l’assurdita’ di un atto, l’acquisizione del telefono cellulare, tesa a individuare le mie fonti in barba alla tutela costituzionale garantita all’attivita’ giornalistica“.