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28 Marzo 2024 20:19
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Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo Stato è intelligente ma non si applica.

Lo studio mette a nudo un pessimismo psente nel paese reale. Affitto e mutuo per un appartamento fanno paura ed un giovane su 10 costretto a tornare a vivere con i genitori . Le famiglie costrette ad utilizzare i risparmi di una vita per arrivare tranquillamente alla fine del fine. Una grande fetta della popolazione giudica negativamente il sistema giudiziario

di Paolo Campanelli

Il rapporto è ampio e complicato, con molti punti di analisi estremamente importanti, ma il senso chiaro: l’Italia è intelligente, ma non si applica. Moltissimi sono i punti che andrebbero letti, compresi, e analizzati, per questo procediamo in pillole, più leggere e semplici da leggere. La voce più strana salta subito all’occhio: il settore tecnologico ha fatto i più grandi avanzamenti rispetto alle analisi precedenti, ma rimane comunque uno dei più arretrati in Europa, chiuso in una dualità di ignoranza o disinformazione da un lato, e idee, concetti e desideri di avanzamento dall’altro.

Per la maggior parte degli italiani nel 2017 si assisterà ad una ripresa debole ma stabilizzata, mentre soltanto una persona su dieci si aspetta  un miglioramento della situazione economica dal nuovo anno appena entrato. Di fatto quasi la metà degli italiani non riesce a far quadrare i conti ed una persona su quattro dichiara ai ricercatori dell’ Eurispes di sentirsi abbastanza o molto povero.

Per oltre il 38% dei cittadini fra le uscite che si è costretti a ridurre, vi sono sono quelle per la salute.  Oltre la metà degli italiani giudica insufficiente e scadente il sistema sanitario nazionale, e si constata una notevole forbice in termini di efficienza e qualità del servizio tra il  Nord e Sud. Sono questi alcuni degli aspetti più significativi rilevati nel Rapporto Italia 2017 e diffuso ieri dall’ Eurispes, in cui si confermano i dati dello scorso anno sulla situazione economica del Paese e delle famiglie.  

 

 

Oltre la metà degli italiani (il 54,3%) non è soddisfatto della sanità, percentuale che nel Sud supera il 70%. Il dato complessivo in definitiva però   non ha subito  mutamenti particolari negli ultimi anni. Prevale la soddisfazione (70,3%), nel Nord-Ovest  che ottiene la maggioranza anche al Nord-Est (56,3%). La situazione al Centro-Sud è del tutto diversa:  al Centro si raccolgono  giudizi negativi  dal 65,9% degli intervistati , nelle Isole, dal 72,4% mentre il 73,6% dei cittadini al Sud boccia il sistema .

Il disagio più frequente riguarda le lunghe liste di attesa per visite ed esami medici (75,5%): il 53,2% ha dovuto attendere troppo per interventi chirurgici e il 48,9% indica una scarsa disponibilità del personale medico e infermieristico. Il 42,2% degli italiani denuncia strutture mediche fatiscenti, il 41,8% condizioni igieniche insoddisfacenti. Il 34,1% di quanti si sono rivolti alla sanità pubblica ha poi sperimentato a proprie spese errori medici. E se è vero che il 50,5% del campione preferisce rivolgersi agli ospedali pubblici per cure specialistiche e interventi chirurgici (mentre il 25,7% sceglie le strutture private) lo è altrettanto che il 23,8% dichiara di non potersi permettere le cure private. Quanto alle spese, infatti, nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle cure dentistiche a causa dei costi eccessivi, il 23,2% a fisioterapia-riabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato persino medicine e terapie.

L’indagine è stata analizzata in base ai risultati di un questionario al quale ha risposto un campione di 1.084 cittadini stratificato per genere, età e area territoriale. Il rapporto evidenzia la convivenza tra “più Italie distanti l’una dall’altra che a volte stentano ad andare d’accordo”  come ha illustrato  Gian Maria Fara il presidente di Eurispes , secondo il quale la situazione è frutto “della mancanza di un progetto per il futuro che possa vedere tutti collaborare nell’interesse generale del Paese”.

Sul punto di vista sociale sorge un nuovo, inquietante aspetto: quello che un tempo era la classe operaia è stata soppiantata in maniera pressoché totale da un nuovo ceto, quello dei lavoratori precari, ormai talmente tanti da essere ben più di una condizione temporanea.  Nonostante il calo del reddito medio, tristemente costante dagli anni passati, la maggior parte degli italiani non si sente “povero” in senso lato, ma le spese troppo spesso superano gli introiti, e molta gente si vede a dover attingere alle proprie riserve per cui ha dovuto duramente lavorare negli anni passati, .  Il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese (nel 2016 era il 47,2%). Il 44,9% è costretto a utilizzare i propri risparmi.

Nello stesso tempo i nuclei familiari tendono a rimanere più compatti, e più di un italiano su dieci è costretto a tornare a vivere con i genitori (o in certi casi con i suoceri) per ridurre i costi, gli animali domestici si sono ridotti, e quando ci sono, sono quasi sempre ex randagi o adottati da un rifugio.

“I giovani cercano di andare all’estero” la frase fatta continua ad essere attuale, ma ormai è dimostrato che non si tratta solo dei più giovani: tutti quegli ambienti in cui servono risorse materiali di un certo peso, prima fra tutti il campo della ricerca scientifica, vedono una continua fuga di risorse umane per mancanza di fondi, e totale opposizione al riformare condizioni attuali per poter ricavare quelle risorse; una vera e propria crisi nella vocazione della conoscenza scientifica.

Nel corso degli ultimi 2 anni, la paura di subire reati è aumentata rispetto al passato per un terzo degli italiani (33,9%), per oltre la metà (58,2%) è rimasta invariata e solo per il 7,8% è diminuita. Gli italiani si sentono minacciati dal furto in abitazione (34,8%), a seguire dall’aggressione fisica (15,1%). Il 41,3% dei cittadini dichiara che probabilmente ricorrerebbe alle armi se messo in una situazione di pericolo, mentre il 22% è sicuro che lo farebbe. Poco più di un terzo si pronuncia diversamente: il 25,8% probabilmente non utilizzerebbe le armi sotto minaccia e il 10,9% esclude nettamente tale possibilità.

Sicurezza

Il 48,5% dei cittadini è d’accordo con l’incriminazione di chi reagisce durante un furto in casa/nel proprio negozio sparando e ferendo o uccidendo gli aggressori, nei casi però in cui la reazione non sia commisurata al pericolo; il 42,7% è contrario all’incriminazione, mentre l’8,8% sostiene che debbano essere incriminati in ogni caso.

Unica eccezione, è nelle forze dell’ordine, soprattutto quelle ai livelli superiori, ossia esercito e servizi segreti, con i primi riconosciuti in campo internazionale per i loro piccoli ma continui successi, e i secondi per lasciare poche tracce ma risultati evidenti a chi intuisce dove e cosa guardare. In puro stile “segreto di Pulcinella”, infatti, un buon 80% degli italiani sa che i servizi segreti stanno facendo “qualcosa”, ma nessuno conosce gente che effettivamente faccia l’agente segreto come mestiere.

Una delle cause scatenanti, secondo i ricercatori, è la netta divisione “noi contro di loro” che si è andata a definire nei recenti anni in una moltitudine di campi, una spettacolarizzazione dello scontro ideologico che non lascia spazio ad altro e brucia energie e risorse, non lasciandone per poter progredire e dividendo, appunto, l’Italia in pezzi.

Malagiustizia.

Il 37,1% dei cittadini individua come causa degli errori giudiziari il cattivo funzionamento della macchina giudiziaria nel suo complesso; a seguire il lavoro dei magistrati nel 27,4% dei casi; mentre il 13,7% indica come causa i pubblici ministeri delle procure che non fanno bene il lavoro di indagine. Il 63,7% dei cittadini si pronuncia a favore dell’introduzione di una legge sulla responsabilità civile dei magistrati.

Il 47,8% dei cittadini ritiene le intercettazioni uno strumento fondamentale per prevenire e reprimere i reati; mentre il 40,9%, pur condividendo questa posizione, si preoccupa che sia tutelata comunque la privacy delle persone; l’11,3% si dichiara invece contrario poiché le intercettazioni rappresentano una limitazione della libertà personale.

Europa: metà degli italiani non vuole uscire dalla Ue

Nel 48,8% dei casi gli italiani si dicono contrari all’ipotesi di uscire dall’Europa, mentre i favorevoli sono pari al 21,5%. Elevato il dato (29,7% dei casi) di coloro che non sanno esprimersi in merito o preferiscono non farlo. L’ipotesi di un referendum per uscire dell’Unione vede prevalere il “no” con il 39,1% contro il 29,5% di “” e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Un risultato molto diverso rispetto al 2015 quando alla domanda “l’Italia dovrebbe uscire dall’Euro?” il 40% dei cittadini rispondeva “”.

 Gli italiani rimproverano all’Europa il problema dei migranti, rispetto al quale si sentono lasciati soli da Bruxelles (71,5%), le politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami europei (70,2%). Ma essere europei ha anche dei vantaggi: la facilità di viaggiare e spostarsi all’interno dell’Unione (86,7%), gli scambi commerciali agevolati (79,5%) e la possibilità di avere una moneta unica e stabile (75,6%). Il 40,4% dei cittadini sostiene che l’Italia deve affermare con decisione la tutela degli interessi del Paese, troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune”.

Maggiore qualità dei servizi privati rispetto ai servizi pubblici

La netta maggioranza dei cittadini esprime insoddisfazione (61,4%) per la qualità dei servizi in Italia, con un picco di giudizi negati nelle Isole (80,3%). Dovendo scegliere, il 40% degli italiani si dice convinto della maggiore qualità dei servizi privati, il 24% premia invece i servizi pubblici. Tra  i servizi pubblici, solo la Scuola ottiene oltre la metà dei giudizi positivi (56,8%), seguono gli ospedali e la Difesa (entrambi al 47,7%), i servizi di sicurezza ed ordine pubblico (44,7%), degli enti previdenziali (43,5%). La quota più consistente di bocciature riguarda le Amministrazioni centrali (72,4% di giudizi negativi), seguite dalle Amministrazioni locali (61%) e dall’Amministrazione della giustizia (56,9%).

Tra le aziende un tempo pubbliche e poi privatizzate, l’Enel raccoglie la quota più elevata di giudizi favorevoli (46,1%), a seguire Italgas (38,6%), mentre Poste Italiane ottiene un 40,1% di giudizi positivi ed un 41,6% di negativi. Anche Autostrade riceve una quota di valutazioni positive (37,3%) di poco inferiore a quelle negative (38,6%). Per quanto riguarda Alitalia, soddisfatti ed insoddisfatti si equivalgono (rispettivamente 34,6% e 34,8%), così pure per Ferrovie dello Stato (39,2% e 38,6%) Tra i gestori telefonici, Telecom raccoglie giudizi positivi fino al 58,8%. A seguire, Vodafone (46,5%), Wind/Infostrada, (36%), Fastweb (29,8%), Tre (22%) e Tiscali (15,5%); le quote più elevate di mancato giudizio chiaramente vanno a quelle compagnie che hanno minore diffusione e delle quali non tutti i consumatori hanno provato il servizio.

L’Italia ha registrato un continuo declino – sottolinea Fara – sul fronte dell’istruzione, della ricerca e innovazione raffrontati alle posizioni degli altri Paesi dell’ Eurozona , mentre il fronte delle imprese è caratterizzato da un alto livello di indebitamento con il sistema bancario”

 

 

 

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