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27 Aprile 2024 08:09
27 Aprile 2024 08:09

L’editore Mario Ciancio assolto dopo 10 anni

I suoi beni erano stati sequestrati a seguito delle accuse di concorso esterno in mafia avanzate dalla procura. Il pm aveva chiesto 12 anni:. Gli anni e costi per le indagini li paga il contribuente

La giustizia ha impiegato dieci anni per ammettere di essersi sbagliata, accusando editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo, all’epoca dei fatti proprietario dei quotidiani La Gazzetta del Mezzogiorno e La Sicilia, di essere un mafioso, anzi un “concorrente esterno”, ed avevano chiesto la sua condanna a dodici anni di carcere, sequestrandogli tutti i beni: ma ieri un’altra sentenza ha dichiarato che non era vero niente, assolvendolo con formula piena, in quanto “il fatto non sussiste“.

I magistrati lo avevano accusato mentre Ciancio invecchiava (oggi ha quasi novantadue anni ) sotto il macigno di una accusa infamante. E i suoi quotidiani, sequestrati dalla Procura erano stati affidati a degli amministratori giudiziari, spingendoli verso una crisi che ha portato la Gazzetta del Mezzogiorno al fallimento, mentre adesso i giornalisti del quotidiano La Sicilia si augurano di vedere il loro giornale risollevarsi a seguito dell’assoluzione dell’editore.

Mario Ciancio di Sanfilippo

Il primo attacco a Mario Ciancio era arrivato nel 2009 da una puntata di Report, e dopo qualche mese il Fatto Quotidiano rivelava l’apertura dell’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa che vedeva Ciancio accusato di legami con Nitto Santapaola il capo catanese di Cosa Nostra. E tutto ciò a seguito delle dichiarazioni infamanti di pentiti improbabili come Massimo Ciancimino, secondo il quale a benedire l’ingresso di Ciancio nel quotidiano La Sicilia sarebbe stato addirittura Bernardo Provenzano, mentre contemporaneamente sull’editore Mario Ciancio e sul suo giornale arrivavano le accuse del deputato Claudio Fava, che accusava La Sicilia di non usare mai la parola “mafia“. Oltre 60 faldoni e 27 udienze per cercare di provare i presunti rapporti tra l’o editore ed esponenti di spicco della famiglia mafiosa Ercolano-Santapaola.

Che l’impianto accusatorio nei confronti di Ciancio fosse insufficiente se non imbarazzante per i pm lo dimostra anche il singolare andamento del processo: la Procura dopo tre anni chiede di archiviare tutto e un Gup Luigi Barone aveva rigettato la proposta e disposto nuove indagini. A quel punto il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio ed un altro Gup Gaetana Bernabò Distefano lo respinge, la Procura fa ricorso e finalmente riesce a portare l’editore a processo. Il processo inizia nel 2018 ed è durato sei anni. Nel frattempo la Procura ha sequestrato tutte le sue aziende, il procuratore Carmelo Zuccaro dichiara di essere certo “che Mario Ciancio Sanfilippo sin dall’avvio della sua attività, nei primi anni ’70, e fino al 2013 abbia agito, imprenditorialmente, nell’interesse proprio e nell’interesse di Cosa nostra” sostenendo che “il predetto sodalizio mafioso si sia rafforzato grazie ai fortunati investimenti realizzati per il tramite del Ciancio“.

“Palazzaccio” sede della Suprema Corte di Cassazione a Roma

Così non è stato per la Corte d’appello e la Corte di Cassazione che hanno restituito tutti i beni all’editore siciliano. a cui la Procura aveva messo mette i sigilli a 31 aziende più altre 7 partecipate, conti correnti, anche in Svizzera, e beni immobili, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro. Nell’ambito della stessa inchiesta, infatti il 22 gennaio 2022, con decisione della Cassazione che ha ritenuto inammissibile il ricorso della Procura generale, è diventato definitivo il dissequestro dei beni stimati in 150 milioni di euro riconducibili a Mario Ciancio Sanfilippo che era stato disposto dalla Corte d’appello di Catania, compreso il suo gruppo editoriale. Sono gli stessi beni di cui la Procura aveva chiesto la confisca al Tribunale in sede di requisitoria e che erano stati sequestrati il 24 settembre del 2018.

Nel procedimento si erano costituite quattro parti civili: i fratelli del commissario Beppe Montana, l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, l’associazione Libera e il Comune di Catania. Inutilmente. “Dopo tanti anni di processo possiamo dire che la verità ha trionfato. Il tribunale ha messo la parola fine a una brutta vicenda nella quale, certamente, una persona di grande spicco e di grande rilevanza a Catania è stata coinvolta”, ha commentato uno dei difensori dell’ editore, l’ avv. Carmelo Peluso che insieme agli avvocati Giulia Buongiorno e Francesco Colotti hanno difeso Mario Ciancio Sanfilippo.

“È una delle sentenze più belle dal punto di vista professionale e mi sono commosso per il risultato, ma anche al pensiero che con questo dispositivo viene restituita la dignità a Mario Ciancio Sanfilippo e questo è l’obiettivo più importante” ha aggiunto l’avvocato Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno, componente del collegio di difesa dell’editore che è stato assolto dalla prima sezione penale del Tribunale di Catania dall’accusa tanto infamante quanto pesante di concorso esterno all’associazione mafiosa.

Ieri è arrivata l’assoluzione per Mario Ciancio Sanfilippo . Questo il suo commento: “Accolgo con gioia e soddisfazione il pronunciamento del Tribunale di Catania, giunto a esito di un lunghissimo e assai faticoso percorso nel corso del quale ho sempre serbato rispetto e fiducia nella giustizia“.

Nel frattempo il danno alle sue attività editoriali ormai è fatto. Chi lo risarcirà ?

Cdr La Sicilia: ora rilanciare il giornale

“Il Cdr del quotidiano la Sicilia prende atto della sentenza dei giudici del Tribunale di Catania che assolve l’imputato Mario Ciancio Sanfilippo, storico direttore ed editore del quotidiano La Sicilia, dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il verdetto solleva anche il corpo redazionale, da anni sottoposto ad accuse mediatiche su presunti favori alla mafia”. Così, in una nota, il Comitato di redazione del quotidiano La Sicilia sull’assoluzione dell’editore. “L’augurio adesso, in un momento di grave crisi dell’editoria, è che questa sentenza possa sgombrare il campo da nubi e contribuire a un rilancio del quotidiano”.

Il silenzio “barese”

Da Bari dalla Gazzetta del Mezzogiorno nessun commento. Dopo il fallimento della società editrice Edisud, anche a seguito del blocco dei conti e fondi finanziarie a disposizione di Ciancio i giornalisti e poligrafici, sono rimasti fermi alle prededuzioni ed al momento non hanno contezza se e quando potranno vedere soddisfatti i propri crediti di lavoro, nella quasi maggior parte dei casi tutt’altro che irrisori. Il nuovo editore Edime srl, una società dal capitale sociale minimo previsto per Legge, nel frattempo dopo essersi impossessato insieme al gruppo Ladisa dell’immobile di via Scipione l’ Africano per una speculazione edilizia-immobiliare con variazione d’uso dello stabile, suddiviso fra i due soci dell’ Edime (Albanese-Miccolis) e Ladisa, ha licenziato 50 giornalisti e 20 poligrafici nel silenzio imbarazzante del sindacato pugliese, troppo impegnato a sistemarsi sulle poltrone di comando, dimenticando il loro precedente ruolo sindacale. E’ la stampa monnezza ?

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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