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19 Aprile 2024 04:58
19 Aprile 2024 04:58

CSM ED I VERBALI DI AMARA: I SEGRETI DELLA NUOVA STAGIONE DI VELENI

Questo nuovo scandalo calato sul Palazzo dei Marescialli, ha contorni ben poco definiti e si abbatte sulla credibilità del Consiglio Superiore della Magistratura, che adesso viene chiamato a ricostruire gli eventuali profili disciplinari di questa storia sperando capire e portare alla luce cosa sia realmente accaduto.

di REDAZIONE POLITICA

“Ho ricevuto un plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’ interrogatorio di un indagato reso nel dicembre 2019 dinanzi all’autorità giudiziaria. Nella lettera anonima quel verbale veniva indicato come segreto e l’indagato menzionava in forma diffamatoria se non calunniosa , circostanze relative a un consigliere di questo organo”. con queste parole del consigliere del Csm Nino Di Matteo, emerge una vicenda che aleggiava dietro le quinte della magistratura italiana da tempo, ma che era rimasta occultata fino all’ultimo plenum di due giorni fa del Csm . Una storia di atti destinati a restare segreti ma successivamente diffusi, prima a consiglieri del Csm e poi ad alcuni giornalisti abituati ad utilizzare documenti anonimi. L’ennesima storia di veleni tra toghe che sferra un nuovo colpo alla magistratura italiana che faticosamente provava a rigenerarsi dopo lo “scandalo Palamara”

il consigliere togato del Csm Nino Di Matteo,

Nino Di Matteo ha riferito di aver consegnato quegli atti alla procura di Perugia, competente sui magistrati che lavorano a Roma. Una vicenda intricata, con due inchieste sulle quali due procure stanno cercano di fare luce. Una vicenda da ricostruire per fare chiarezza su una serie di interrogativi che restano aperti al momento.

I documenti che arrivano segretamente nella primavera del 2020 al Csm, contengono un interrogatorio a Piero Amara, l’ex avvocato esterno dell’Eni che compare in innumerevoli inchieste della Magistratura di mezza Italia – a partire dal “sistema Siracusa” ed i processi che riguardano l’ Eni, che da qualche tempo ha iniziato a parlare ( o sparlare ?) con varie procure raccontando fatti e circostanze che non trovano quasi mai riscontri oggettivi.

Gli ultimi documenti arrivano da Milano al Csm ma non riportano alcuna firma. Il contenuto delle dichiarazioni rilasciate da Amara alla fine del 2019, fa venire i brividi tirando in ballo molti uomini delle istituzioni, tra i quali l’allora presidente del consiglio “grillino”  Giuseppe Conte. Si parla di una presunta loggia massonica deviata, denominata “Ungheria”, della quale questi soggetti farebbero parte. Sono le dichiarazioni di una persona come Amara, con delle sentenze di patteggiamento alle spalle per corruzione, che parla con la procura di Milano.

L’anomalia, o meglio lo scandalo è che questi documenti restano per mesi chiusi nei cassetti senza che il suo contenuto sia verificato ed accertato, per capire se contiene qualche verità riscontrabile o si tratta ancora una volta delle farneticazioni e calunnie di Amara. A consegnarglieli irritualmente nelle mani di Piercamillo Davigo, fino a pochi mesi fa consigliere del Csm da cui non voleva decadere nonostante fosse andato in pensione, è um pm della Procura di Milano Paolo Storari, il quale seguiva, ma adesso non più, l’inchiesta sul presunto complotto ai danni dell’Eni.

Legittimo chiedersi perché il pm Storari si rivolge e consegna “privatamente” questi documenti a Davigo.  Il magistrato milanese sostiene di averlo fatto per “autotutela”, perché avrebbe chiesto per sei mesi delle indagini per approfondire il contenuto delle dichiarazioni di Amara. Ma non avendole ottenute, a suo dire, si è rivolto all’ex pm di Mani Pulite perché si conoscevano. Un comportamento anomale considerato che quegli atti erano riservati. Anche se, si giustifica Davigo, “il segreto non è opponibile al Csm” dimenticandosi che lui era solo uno dei membri “togati” del Consiglio Superiore della Magistratura.

Fra le pagine dei verbali di Amara compaiono anche dei riferimenti al consigliere del Csm Sebastiano Ardita, che aveva fondato la corrente “Autonomia&Indipendenza” insieme a Piercamillo Davigo, con il quale negli ultimi tempi, i rapporti tra i due non erano più buoni ma a Palazzo dei marescialli sede del Csm, nessuno vuole spiegare il perché. Secondo alcune dichiarazioni di Amara, al momento prive di alcun riscontro, anche Ardita sarebbe un componente di questa fantomatica “loggia Ungheria“, di cui nessuno sembra conoscere l’esistenza.

Secondo il noto autorevole magistrato antimafia Nino Di Matteo consigliere indipendente del Csm, queste dichiarazioni di Amara altro non sono che delle “palesi calunnie”. sostenendo che “La loro falsità è facilmente riscontrabile. L’illecita diffusione di quei verbali anche all’ interno del Consiglio superiore rappresenta un vero e proprio dossieraggio volto a screditare il consigliere Ardita e a condizionare l’attività del Csm”.

il consigliere togato del Csm Sebastiano Ardita

Incredibilmente siamo di fronte ad un pm (Storari) che vorrebbe approfondire delle dichiarazioni di un’indagine avviando una nuova indagine. A suo dire nessuno lo ascolta in Procura di Milano, e quindi si rivolge ad un “amico”, membro togato dell’organo di autogoverno (sulla carta…) delle toghe, per renderlo informato di quanto accaduto. Se un pm si sente legittimato a consegnare del materiale riservato e scottante ad un “consigliere del Csm che conosceva”, è normale chiedersi se qualcosa nel Palazzo di Giustizia di Milano o meglio nella procura di Milano, in questo caso non funziona.

Possibile che un procuratore del calibro di Greco non voleva approfondire il contenuto dei verbali di Amara e quindi non dava risposte al pm Storari ? A questo punto dovrà essere il Csm ad accertare e ricostruire i fatti, ed il pm Storari che ha consegnato il plico a Davigo si è dichiarato pronto a riferire nel merito. L’ennesima tempesta che si abbatte sulla procura ambrosiana guidata da Francesco Greco, dopo il caos del processo Eni-Nigeria nel quale gli indagati sono stati assolti . 

L ’Ansa scrive che tra i magistrati milanesi c’è chi sostiene che l’indagine che il pm Storari voleva portare avanti sarebbe stata bloccata per non inficiare il processo in corso sulla vicenda Eni-Shell/Nigeria. Ma nello stesso momento, altri magistrati sotto rigido anonimato sostengono nei corridoi della Procura di Milano che l ‘autotutela’ invocata dal pm prevede, invece, dei precisi passaggi formali che in questo caso sarebbero stati calpestati con la diffusione di interrogatori secretati.

Ma dopo che Davigo entra in possesso di questi verbali accade qualcosa di imbarazzante . L’ex pm di Mani Pulite oggi in pensione, si limita a dichiarare che aveva “informato chi di dovere” a suo tempo aggiungendo: “Cosa deve fare un pm (riferendosi a Storari, ndr) se non gli fanno fare ciò che deve, cioè iscrivere la notizia di reato e fare indagini per sapere se è fondata?”.

Contattato dai cronisti giudiziari milanesi, il capo della Procura milanese Francesco Greco si affretta a buttare acqua sul fuoco. “Ma quale spaccatura?”, replica a chi gli chiede che aria si respira in questi giorni nelle stanze della procura. Davigo difende il sostituto milanese sostenendo che non ci sia alcuna irregolarità. A smentirlo, però, è proprio il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, al quale aveva riferito solo in merito ai contrasti interni alla procura di Milano. E così dopo un incontro con Greco nell’ufficio dello stesso procuratore generale, i verbali di Amara erano stati trasmessi a Perugia, titolare delle inchieste che riguardano l’avvocato (perché coinvolgono toghe romane). Adesso a condurre le indagini sulla presunta “loggia Ungheria” è il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone. 

Nel frattempo però il procuratore di Brescia Francesco Prete, che ha competenza sui comportamenti dei magistrati milanesi, sta visionando gli atti per valutare l’apertura di un fascicolo conoscitivo in merito alla vicenda valutando l’iscrizione di Storari sul registro degli indagati per la rivelazione del segreto d’ufficio. Il pm milanese Paolo Storari si è detto pronto a essere sentito

Palazzo dei Marescialli, sede del CSM

Nel frattempo la vicenda trapela fuori dal Csm. Infatti quelle carte che a Palazzo dei Marescialli sarebbero dovute arrivare mediante canali ufficiali venendo consegnate prime ad una procura e non consegnate “brevi manu” a Davigo sarebbero dovute rimanere ben custodite ben protette, finiscono in maniera anonima nelle mani di alcuni giornalisti che notando l’assenza di qualsiasi firma in calce ai verbali, si insospettiscono sentono puzza di bruciato e con esperienza e saggezza decidono di non pubblicare il contenuto degli atti.

Il comportamento di Davigo che da ottobre non siede più al Csm  per via del pensionamento, dopo aver tentato di rimanere al suo posto e proponendo ricorso ai Tribunali contro l’esclusione è una delle “ombre oscure” di questa triste ed inquietante vicenda. Come mai Davigo non disse a Storari di depositare un regolare esposto al Csm, come invece aveva fatto un anno prima il pm di Roma Stefano Fava, entrato in contrasto con il procuratore Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo proprio su questioni inerenti le indagini su Amara? 

Davigo si difende negando violazioni di segreti rivendicando la correttezza delle proprie azioni si giustifica utilizzando un altro argomento: “Dovevo mandare quel materiale alla Prima commissione del Csm, dove credo sedesse un membro che era citato nelle carte?” Il riferimento è a Sebastiano Ardita, l’altro consigliere di Autonomia e Indipendenza, con cui si erano lacerati i rapporti. Ma Davigo guarda caso non dice una sola parola sul coinvolgimento ed operato della sua assistente indagata in relazione alle telefonate anonime e successive “spedizionì” dei documenti arrivato ai giornalisti dei quotidiani La Repubblica e de Il Fatto, Liana Milella ed Antonio Massari.. Strano, vero ?

I documenti arrivati via posta ai giornalisti . Ad aver mandato i plichi ad alcuni giornalisti è stata Marcella Contrafatto, funzionaria del Csm e assistente di Davigo, fino a quando, prima del pensionamento, è rimasto consigliere, la quale è attualmente indagata. Attualmente lavora nell’ufficio del consigliere “laico” del Csm Fulvio Gigliotti in quota M5. Il Consiglio Superiore della Magistratura l’ha sospesa dopo aver appreso dalla stampa dell’inchiesta. La funzionaria, che anche lei sarebbe prossima alla pensione era già assente dal lavoro da qualche tempo , e consigliata da suo marito Fabio Gallo, magistrato del lavoro del Tribunale di Roma ora in pensione, la quale si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti ai pm. Ha fatto tutto di sua iniziativa? Difficile crederlo. Una traccia potrebbe arrivare dall’antica frequentazione (“fino alla primavera, estate 2017“, dice lei) tra la segretaria Contrafatto Fabrizio Centofanti, il faccendiere-lobbista amico dell’avvocato Amara, attualmente imputato di corruzione a Perugia insieme con l’ex magistrato Luca Palamara.  Ma con una nota del suo legale in merito ai rapporti con Centofanti ha chiarito: “Interrotti dal 2017“.

La funzionaria del Csm è stata perquisita dalla Guardia di Finanza, dopo essere stata individuata, attraverso i controlli sui tabulati dei giornalisti, come mittente delle telefonate che annunciavano a Liana Milella (La Repubblica) ed a Antonio Massari (Il Fatto Quotidiano) l’invio dei plichi anonimi. Davanti a Paolo Ielo procuratore aggiunto della Procura di Roma, la Contrafatto si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Il suo avvocato Alessia Angelini ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Roma contro il sequestro del materiale informatico e dei documenti, anche di altre indagini, che le è stato fatto nel corso della perquisizione delle Fiamme Gialle.

C’è una lettera che accompagna i verbali racconta in suo articolo su La Repubblica la collega Liana Milella. “Poco meno di una pagina. Il contenuto è simile a quello della telefonata. Mi si dice che leggendo “scoprirò un nuovo mondo che ci tengono a mantenere segreto, anche ad ALTI e ALTISSIMI LIVELLI”. Il maiuscolo non è casuale. “CANE NON MORDE CANE (come dice Palamara) CHE FORSE, E ANZI TOLGO FORSE, HA RAGIONE”. Chi invia le carte lamenta che siano state tenute “in un cassetto chiuso a chiave già da più di un anno”. Si cita il procuratore di Milano Greco. E anche il Pg della Cassazione Salvi che sarebbe “a conoscenza”. Segue la promessa di altri verbali e una sorta di sfida: “Immagino che non potrà pubblicare questa roba scottante”.

Lo chiariranno le procure che stanno indagando, ma certamente questo nuovo scandalo calato sul Palazzo dei Marescialli, ha contorni ben poco definiti e si abbatte sulla credibilità del Consiglio Superiore della Magistratura, che adesso viene chiamato a ricostruire gli eventuali profili disciplinari di questa storia sperando capire e portare alla luce cosa sia realmente accaduto.

il vicepresidente del Csm, David Ermini

A metà pomeriggio il vicepresidente del Csm, David Ermini, è intervenuto a tutela dell’organo di autogoverno delle toghe, dichiarando con una nota alle agenzie di stampa che  il Consiglio superiore della magistratura “è del tutto estraneo” alle vicende riferite oggi da diversi quotidiani puntualizzando che il Csm, “non solo è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti, ma è semmai obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura. Auspico la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria – dice Erminial fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione”.

il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi

Anche il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi ha preso posizione: “In relazione a notizie di stampa circa la diffusione dei verbali di un’indagine della Procura di Milano, comunico quanto segue. Nella tarda primavera dell’anno passato, il Cons. Piercamillo Davigo mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre procure e che – a dire di un sostituto – rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti. Informai immediatamente il Procuratore della Repubblica di Milano. In un colloquio avvenuto nei giorni successivi nel mio ufficio, il 16 giugno, il dr. Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte. Si convenne sulla opportunità di coordinamento con le Procure di Roma e Perugia. Il coordinamento fu avviato immediatamente e risultò proficuo”.

“Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza – continua il pg Salvidella disponibilità da parte del Cons. Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Piero Amara alla Procura di Milano. Di ciò ho appreso solo a seguito delle indagini delle Procure interessate e della conseguente perquisizione nell’ufficio di una funzionaria amministrativa. Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura generale valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza“.

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