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2 Maggio 2024 16:14
2 Maggio 2024 16:14

Scandalo dei beni sequestrati alla mafia: ex-giudice Silvana Saguto condannata a 8 anni e 6 mesi

Caduta l'accusa di associazione a delinquere. Pesanti condanne anche per il “cerchio magico” dei suoi amministratori giudiziari: 7 anni e 6 mesi all’avvocato Cappellano Seminara, 6 anni e 10 mesi al professore Provenzano, 3 anni per l’ex prefetto di Palermo Cannizzo. Assolto il giudice Chiaramonte. Confiscata l'abitazione della Saguto

di REDAZIONE CRONACHE

“Saguto Silvana colpevole dei reati a lei ascritti”, ha letto ieri il presidente del Tribunale di Caltanissetta Andrea Catalano: 8 anni e 6 mesi di carcere per l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. L’accusa aveva chiesto 15 anni e 4 mesi, ma per alcuni capi d’imputazione l’ex giudice è stata assolta: è caduta l’associazione a delinquere e secondo la difesa anche un’ipotesi di corruzione per una mazzetta da 20 mila euro, la procura ritiene diversamente. E’ il processo che ha segnato l’ultima stagione dell’antimafia. Fra 90 giorni le motivazioni della sentenza faranno chiarezza.

Settanta capi di imputazione e reati gravissimi sono stati contestati a Silvana Saguto: abuso d’ufficio, associazione a delinquere, corruzione. Ad essere finiti sotto accusa non sono stati i provvedimenti di sequestro emessi dalla sezione Misure di prevenzione, ma la gestione dei beni sequestrati, che finivano sempre nelle mani degli stessi amministratori. E poi loro facevano altre nomine di favore, tra amici e parenti. Nessuno controllava. Anzi, le segnalazioni erano ormai diventato il vero fulcro del sistema Saguto che lo ha rivendicato al processo, nel tentativo di difendersi.

Il tribunale ha condannato anche il marito dell’ex giudice, : l’ingegnere Lorenzo Caramma a 6 anni 2 mesi e 10 giorni, che era stato ricoperto di incarichi da Cappellano Seminara. E’ stato condannato pure il figlio della giudice, Emanuele Sagunto , 6 mesi, per una tesi che sarebbe stata scritta dal professore Provenzano. Assolti invece il padre della giudice, Vittorio, e l’amministratore giudiziario Aulo Gigante, come chiedeva la procura.

Condannato a un anno e 10 mesi Walter Virga, giovane figlio di un giudice (Tommaso Virga , assolto nel rito abbreviato), messo a guidare s l’impero sequestrato agli imprenditori Rappa, senza alcuna esperienza !

Sono stati quindici gli imputati di questo processo che ha segnato l’antimafia, tutti “fedelissimi” di una corte che aveva sede nell’ufficio a piano terra di Silvana Saguto, nel nuovo palazzo di giustizia, dove i finanzieri dell’allora nucleo di polizia tributaria guidato dal colonnello Francesco Mazzotta su ordine della Procura di Caltanissetta piazzarono una cimice.

Restano altre accuse di corruzione per Saguto e Cappellano. Seguono le condanne ai risarcimenti delle parti civili: l’ex giudice dovrà pagare 500 mila euro alla presidenza del Consiglio, 50 mila alla Regione e 30 mila al Comune. Confiscati “per equivalente” alcuni beni, fra cui la sua abitazione.

Sette anni e 6 mesi all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, ritenuto in Sicilia il “re” degli amministratori giudiziari. 6 anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. 3 anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. Condanne pesanti per il “cerchio magico” che ruotava attorno a Silvana Saguto, la giudice più potente dell’antimafia fino a cinque anni fa. Contesa dai convegni antimafia, dall’università e persino dal Parlamento quando c’era da fare la legge sul sequestro dei beni.

La Sagunto non è più un magistrato, a seguito della radiazione del Consiglio superiore della magistratura che l’ha radiata ancora prima della sentenza di condanna. E il suo “sistema” di gestione dei beni sequestrati è stato spazzato via. Con tutto il “cerchio” magico. “Un sistema perverso e tentacolare”, lo hanno definito nel corso della requisitoria i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti .

Il Tribunale ha assolto uno dei giudici a latere della Saguto, Lorenzo Chiaramonte , assistito dall’avvocato Fabio Lanfranca, che veniva accusato di aver dato un incarico a un amico, per lui era stata sollecitata una condanna a 2 anni e 6 mesi. “Il fatto non sussiste“, ha deciso il collegio.

Condannati anche l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo (6 anni, 2 mesi e 10 giorni); il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, che era in servizio alla Dia di Palermo (4 anni); il professore Roberto Di Maria (2 anni, 8 mesi e 20 giorni); Maria Ingrao, la moglie di Provenzano (4 anni e 2 mesi); Calogera Manta, la cognata (4 anni e 2 mesi).

Un risarcimento in favore della Presidenza del Consiglio compreso tra 50mila e 400mila euro dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi Lorenzo Caramma marito della Saguto, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. L’ex giudice è stata condannata anche al risarcimento del danno di 10mila euro a titolo di provvisionale anche nei confronti dell’imprenditore palermitano Filippo Rappa.

Il tribunale ha anche disposto la trasmissione degli atti alla Procura per alcuni testimoni ritenuti reticenti: Giuseppe Barone, Stefano Scamacca, Gianfranco Scimone, Alessio Cordova, Laura Greca, Alessandra Marta, Alessandro Bonanno, Roberto Pagano, Giuseppe Caronia e per Gaetano Cappellano Seminara, per alcune sue condotte processuali.

Silvana Saguto, l’allora presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, era la giudice simbolo dei sequestri ai boss: “La vera frontiera della lotta alla mafia“, sosteneva lei nei vari convegni e nelle manifestazioni, chiamata persino a fare da consulente in Parlamento. E nel suo ufficio al piano terra del palazzo di giustizia c’era sempre un gran traffico. Il suo “giro” era ormai diventata una vera e propria corte, e lei la “regina”, che ammetteva però solo pochi favoriti a cui affidare la gestione dei beni sottratti alla mafia, ricevendo lauti compensi

“Qui non c’è la prova che tutti sono colpevoli, ma che tutti sono innocenti”, è è stata l’affermazione della Sagunto più eclatante al processo. Introdotta da un colpo di scena, il primo giorno del suo interrogatorio: “Qualche giorno fa, ho ritrovato questa agendina. Qui segnavo quelli che mi facevano delle segnalazioni, tutti mi facevano segnalazioni, e io nominavo sulla fiducia”. Il sistema Saguto.

Le affermazioni dell’ex giudice sono apparse come un atto d’accusa: “Intanto, le indicazioni arrivavano dai miei colleghi” precisando “Intendiamoci, è giusto che facessero segnalazioni, perché mi fidavo di quelle persone, e io cercavo validi amministratori giudiziari a cui affidare la gestione dei beni”. E con un’abile strategia di comunicazione, udienza dopo udienza, mentre glissava le domande dei pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, ha fatto i nomi di magistrati, professori universitari, professionisti. Esisteva un vero e proprio “sistema” attorno a Silvana Saguto. Che va molto oltre gli imputati di questo processo.


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