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27 Aprile 2024 00:31
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La “guerra” dei magistrati di Taranto al risanamento in corso dell’ ILVA .

di Antonello de Gennaro

Mentre il Governo Renzi è impegnato a reperire i fondi e le garanzie per portare a compimento il risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico dell’ ILVA di Taranto, ed a garantire lavoro e stipendio a circa 18.000 famiglie, in Tribunale a Taranto il pubblico ministero Antonella De Luca ed il Gip Martino Rosati, avevano disposto secondo noi con “leggerezza”  la chiusura dello stabilimento tarantino in conseguenza della morte dell’ operaio  Alessandro Morricella, dimenticandosi… che i tecnici dello  Spesal dell’ Asl  Taranto dopo il sopralluogo immediato all’incidente , non avevano ordinato il fermo immediato dell’impianto, ma soltanto imposto delle prescrizioni di sicurezza “da attuare in 60 giorni” . Prescrizioni che sono state immediatamente recepite ed attuate dall’azienda.

Come non dare ragione allo Confindustria di Taranto quando sostiene che “risanare un’azienda diventa impossibile se l’unica risoluzione da adottare rimane la sua chiusura” ? E come restare silenti, quando il Governo Renzi interviene per evitare la chiusura dello stabilimento e l’esplosione sociale e civile di una città sull’orlo del fallimento economico ? Come è accettabile dover vedere i commissari del Governo ed i legali del più grosso stabilimento siderurgico d’Europa  costretti a fronteggiare alcuni recenti provvedimenti esagerati da parte di qualche magistrato che ci sembra molto solerte, a far uscire i propri atti sui giornali, invece di limitarsi ad applicare e rispettare le Leggi . Ma non è finita. Sapete cosa accade nel Tribunale di Taranto ?

Un giudice per le indagini preliminari si rivolge alla Corte Costituzionale sostenendo che  il decreto “Salva Ilva” con cui è stata disposta la produzione siderurgica attraverso l’utilizzo dell’Afo 2,  sarebbe “incostituzionale” .  Opinione e decisione rispettabile dal punto di vista formale. Ma a dir poco assurda dal punto di vista del dovuto rispetto istituzionale nei confronti dei “poteri” dello Stato. Di chi viene eletto per legiferare. Oggi  infatti, il gip Martino Rosati, ha sollevato nei confronti dell’ultimo decreto “salva Ilva” la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3 del decreto legge del 4 luglio 2015, numero 92, in relazione agli 2, 3, 4, 32 comma 1, 41, comma 2 e 112 della Costituzione italiana.

Con un ricorso di quattordici pagine, il gip tarantino intende confutare la sostanza dell’ultimo decreto legge del Governo che è stato attuato per evitare all’  ILVA di dover di fatto chiudere la fabbrica, con conseguenti drammi occupazionali ed economici, non solo sull’occupazione locale, ma su tutta la filiera produttiva in Italia. Il giudice, nella sua memoria, sostiene che nulla è stato previsto per la “tutela dei lavoratori e per garantire la sicurezza nell’impianto“, dal momento che l’unico obiettivo, appunto, sembra essere quello di anestetizzare gli effetti dell’intervento della magistratura di Taranto.

Affermazioni pesanti e gravi che cozzano non solo contro il decreto di Palazzo Chigi, ma anche contro la relazione tecnica dello Spesal dell’ ASL Taranto , cioè di tecnici che ci auguriamo abbiano più competenze tecniche operative in materia di sicurezza dei magistrati e giudici, che non a caso fanno un altro lavoro.

Inoltre il pubblico ministero  De Luca ed il Gip Rosati ci sembrano aver  dimenticato in merito al tragico incidente che l’inchiesta sulla morte di Morricella non si è ancora conclusa, così come non sono state ancora accertate delle inconfutabili comprovate omissioni, cioè responsabilità dell’azienda sull’incidente mortale.

Lo stesso gip tarantino sostiene “non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale della norma e scrive che “su un assetto normativo siffatto che si vorrebbe ispirare a quello del decreto legge 207 del 2012 ma che non gli somiglia affatto, se non nell’obiettivio di neutralizzare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale, s’impone dunque al giudice di invocare lo scrutinio di legittimità”. In conseguenza del ricorso del gip (ma il Presidente del Tribunale, il capo dei Gip l’ hanno condivisa ? n.d.a. )  è conseguenziale la sospensione del giudizio in corso attivato dai legali di ILVA Spa in amministrazione straordinaria.  Quindi gli atti saranno trasmessi alla Corte Costituzionale, e l’ iniziativa verrà comunicata per dovuta conoscenza al presidente della Repubblica Mattarella.

Il decreto “salva Ilva” ci corre obbligo ricordarlo, ha solo evitato che il sequestro senza facoltà d’uso ordinato dalla Procura di Taranto a seguito dell’incidente mortale spegnesse l’impianto e di fatto “paralizzasse” lo stabilimento siderurgico . Peraltro  l’ILVA , sempre secondo il decreto, è tenuta ad informare all’autorità giudiziaria come intende intervenire sull’ Afo2 ( l’ altoforno 2)  per renderlo più sicuro mediante l’adozione di “misure e attività aggiuntive anche di tipo provvisorio“. Peraltro per attuare tutto ciò il decreto contestato dal gip Rosati,  non concedeva molto tempo all’azienda considerato che il piano va presentato all’autorità giudiziaria entro 30 giorni dal sequestro (siamo quindi nel pieno del periodo previsto) e gli interventi devono essere effettuati entro 12 mesi. Non a caso giorni fa l’ ILVA ha annunciato che si sarebbe subito messa al lavoro. Ma i giudici tarantini non si accontentavano di tutto ciò….

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Ma qual’è il “ruolo”, il compito dei magistrati? Proprio secondo Mattarella non sarebbe né di protagonisti, né di burocrati. Quello del magistrato, per il Capo dello Stato, che presiede il Csm, deve essere “un compito né di protagonista assoluto del processo né di burocratico amministratore di giustizia. Si tratta di due atteggiamenti che snaturano la fisionomia della funzione esercitata”. A questo proposito Mattarella ha voluto ricordare “il monito di Calamandrei”: “Il pericolo maggiore che in una democrazia minaccia i giudici è quello dell’assuefazione, dell’indifferenza burocratica, dell’irresponsabilità anonima”.

I tre obblighi da ottemperare: equità, imparzialità, tempestività. Mattarella ha indicato tre necessità per la giustizia italiana: “L’ordinamento della Repubblica esige che il magistrato sappia coniugare equità e imparzialità, fornendo una risposta di giustizia tempestiva per essere efficace, assicurando effettività e qualità della giurisdizione”.

nella foto la sede della Corte Costituzionale
nella foto la sede della Corte Costituzionale

La domanda che è lecita porsi è secondo noi anche la seguente:  e se la Corte Costituzionale dovesse smentire il supposto del Gip e rigettare il ricorso, avrà questo Giudice il dr. Martino Rosati  la coerenza di dimettersi, di lasciare la magistratura ?  E se qualche impresa, o la stessa ILVA in amministrazione straordinaria a causa dei ritardi conseguenti a tali attività di contrasto al decreto legge da parte del Gip, dovessero fallire, e decidessero di intraprendere un’azione civile risarcitoria (ora consentita dalla Legge) nei confronti del Pubblico Ministero e del  Giudice per le indagini preliminari,  cosa farebbero i magistrati “schierati”, cioè politicizzati ? Griderebbero al “colpo di stato” come fanno ogni volta che gli si ricorda che il loro “potere” non può e non deve essere un potere assoluto, e che in realtà il loro compito  è solo quello di applicare la Legge. ?  Purtroppo ne siamo quasi certi…

Abbiamo trovato un’intervista apparsa sul quotidiano IL GIORNALE dello scorso 16 giugno 2014, che vi offriamo in lettura e riproduciamo integralmente di seguito. Vale la pena leggerla sino in fondo, in quanto contiene valutazioni dell’alto magistrato Corrado Carnevale, ex- Presidente di sezione della Corte di Cassazione che sicuramente ha più esperienza e competenza dei suoi colleghi tarantini. Ed anche di chi scrive.

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Questa scomparsa è il suo unico cruccio. Sulle mascalzonate su­bite, fa il filosofo. «Che sentimen­ti ha verso Caselli?», gli ho chie­sto. «Nessuno», ha detto col to­no di chi non dà spazio al super­fluo. Il mobbing giudiziario lo ha inseguito anche nello studio do­ve sediamo. Un giorno scoprì che il telefono era isolato. Avver­tì­ la Sip e vennero due tipi che ar­meggiarono un po’. «Quanto de­vo? » chiese alla fine. «È gratis, giudice»,fu la risposta.«Come fa­cevano a sapere che ero giudi­ce? »,sorride oggi Carnevale.

Co­sì, intuì che era stato un trucco per mettergli delle cimici e spiar­lo in casa, non avendo potuto scoprire nulla con le normali in­tercettazioni. Fatica sprecata: anche le cimici confermarono il galantuomo. Carnevale è passa­to alla storia come l’Ammazza­sentenze per avere annullato, da presidente di Cassazione, sentenze infarcite di svarioni.

 Al­cune riguardavano mafiosi, il che scatenò polemiche. Ma la ca­ratteris­tica di Carnevale è di esse­re inflessibile sul rispetto integra­le della legge. Ho isolato le se­guenti frasi della nostra chiac­chierata che sono il cuore del suo credo: «Un giudice che ha dubbi su una norma, può chiede­re alla Consulta di cancellarla. Ma finché la norma c’è, la deve ri­spettare. Gli piaccia o non gli piaccia. Non può scegliere, le de­ve rispettare tutte. Non può inse­guire le sue chimere (salvare il mondo, ndr ), fossero anche le più nobili. Suo unico compito è applicare tutte le regole che l’or­dinamento si è posto ». Da scolpi­re nella pietra.

Il punto molle del processo penale è la troppa vicinanza del giudice al pm, a scapito della difesa.

«Il nodo è chi ha permesso que­sta vicinanza. Ossia la politica che ha consentito all’Anm di tut­to e di più. Non c’è ormai alcun controllo sull’idoneità dei magi­strati. Basta che appartengano alla giusta corrente e hanno car­ta bianca».
Che rapporto ha avuto con l’Anm?
«Mi dimisi nel 1957, quattro anni dopo l’ingresso in magistra­tura. Capii subito che non si bat­tevano­per la giustizia ma per sol­di e prebende, nonostante il loro trattamento fosse già il più favo­revole ».
Separazione delle carriere?
«Per farlo, bisogna cambiare la Costituzione. Ma nulla vieta di impedire da subito a pm e giudi­ci di passare da una funzione al­l’altra, come oggi sciagurata­mente succede ».
Una scuola post-laurea per pm, giudici, avvocati?
«Perfettamente inutile. Il pro­blema è di cultura generale, non di cultura giuridica».
Più ingressi di prof e avvocati in magistratura?
«Non serve a nulla, come di­mostra il Csm in cui un terzo dei membri è composto di docenti e avvocati, scelti dal Parlamento, che però si adeguano puntual­mente all’andazzo ».
A che serve il Csm?
«Alla carriera dei magistrati appartenenti alle correnti giu­ste ».
Come va riformato?
«Estraendo a sorte i membri. Che oggi sono invece scelti dalle correnti di Anm tra i più supini ai loro diktat».
Com’è che lei, considerato un cannone, invece di essere il fiore all’occhiello dei colle­ghi ha rischiato da loro la gale­ra?
«È accaduto appena ho diret­to uffici. Terminavo in tre mesi, ciò che gli altri facevano in un an­no. Ero la prova che i loro alibi ­scarsità di mezzi, troppe liti, mancanza di carta igienica – era il tentativo di addebitare alla po­litica le proprie lacune».
Per questo volevano rovinar­le la vita?
«Temevano che potessi salire tanto in alto da influire sul loro lassismo. È la logica dell’invi­dia ».
Quello di Caselli, dopo le ca­lunnie di Mutolo, fu atto dovu­to o smania di annichilirla?
«Atti dovuti non esistono.L’at­tendibilità dei mafiosi va control­lata con rigore, nonostante la teo­ria di Falcone che i pentiti dichia­rano sempre la verità. Si voleva colpire me».
In un grado del processo pre­se sei anni per concorso ester­no. Che pensa di questo rea­to?
«Che non è configurabile. Il concorso esterno è un’invenzio­ne che ha sostituito il “ terzo livel­lo” con il quale si pensava di col­pire i politici».
Il fantomatico terzo livello…
«Il terzo livello non funzionò e si cambiò col concorso perché aveva una parvenza più giuridi­ca. In diritto esisteva già la cate­goria del concorso e, a orecchio, lo si estese a “esterno”».
Se in Cassazione si fosse tro­vato davanti Dell’Utri, con­dannato a sette anni per con­corso esterno, che avrebbe detto?
«Che non era ravvisabile quel reato perché la legge non lo pre­vede. Ciò non esclude però che i suoi comportamenti potessero avere un rilievo penale diverso».
Ai mafiosi si applica un dirit­to speciale: 41 bis, ecc. Costi­tuzionale?
«Assolutamente no. I cittadini sono uguali davanti alla legge».
Contro il Cav c’è stato un ec­cesso di zelo?
«Berlusconi, come tutti i ma­gnati, compreso Agnelli, è stato disinvolto, ma da imprenditore fu ignorato da Mani pulite. En­trò nel mirino da politico. Segno della politicizzazione della ma­gistratura ».
Come ricondurre le toghe nel­l’alveo?
«Oltre all’estrazione a sorte del Csm, va introdotta la respon­sabilità civile personale dei ma­gistrati. Esattamente ciò contro cui si batte in queste ore l’Anm».
Giudizio finale sullo stato del­la giustizia?
«Siamo tutti esposti a iniziati­ve giudiziarie capricciose da Pae­se incivile. Un brutto modo di vi­vere il tempo che ci è dato su que­sta terra».

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Grazie, Antonello de Gennaro

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