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27 Aprile 2024 13:26
27 Aprile 2024 13:26

Sgomberata a Roma una maxi-villa con piscina e cavalli d’oro del clan Casamonica

L'imponente villa apparteneva al capoclan Giuseppe Casamonica. Quando si parla di Casamonica si parla di mafia. Questo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, ha sancito la sentenza emessa dalla Cassazione. I giudici della seconda sezione penale hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e accolto il ricorso della procura generale

Le operazioni per liberare l’immobile in via Flavia Demetria 90, zona Morena, confiscato al Clan Casamonica si sono svolte questa mattina sotto il controllo degli agenti della Questura di Roma, della Polizia Locale e dell’ Arma dei Carabinieri . La villa sgomberata secondo quanto si apprende, apparteneva al capoclan Giuseppe Casamonica.aveva una piscina, con arredi sfarzosi e cavalli di lusso d’oro.

Un colpo ad un vero e proprio simbolo di potere del clan Casamonica. Gli agenti della Polizia di Stato giunti sul posto, hanno eseguito lo sgombero a seguito della sentenza definitiva emessa dalla Suprema Corte Cassazione che aveva stabilito la confisca e il recente passaggio del bene immobile all’Agenzia per i Beni Confiscati.

La prima fase del provvedimento che risale al 2022, era scattata sulla base delle indagini patrimoniali dei Casamonica. A quell’epoca erano finite nel mirino anche altre ville con piscine ubicate tra la Romanina e Frascati, ed un vero e proprio tesoro composto da gioielli del valore di 30.000 euro, una stazione di servizio a marchio IP con tanto di bar tabacchi a San Cesareo (alle porte di Roma), un altro bar a Montecompatri, 10 polizze assicurative dal valore di oltre 30.000 euro e depositi bancari per un valore di 65.000 euro depositati presso alcuni istituti di credito.

I primi provvedimenti erano scattati nel corso del 2022, sulla base delle indagini patrimoniali condotte dalla Divisione Polizia Anticrimine, che evidenziava “la notevole sproporzione tra i beni e i redditi dichiarati, nonché l’origine illecita dei proventi utilizzati per acquisire il compendio patrimoniale confiscato”. A suo tempo erano stati così  confiscati dalla Polizia anticrimine beni per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro – su disposizione del Tribunale, sezione misure di prevenzione – a Giuseppe Casamonica, al tempo 72 anni, al figlio Guerrino detto «Pelè», e a Christian Casamonica, figlio di Ferruccio.

Una delle abitazioni con piscina del clan Casamonica oggetto di confisca

In quella circostanza la confisca riguardò tre immobili della famiglia Casamonica: la sfarzosa “Villa Sonia“, villa con piscina in via Roccarbernarda 8 sempre alla Romanina nella disponibilità di “Pelè” Casamonica, un’altra abitazione a Monterosi in provincia di Viterbo e infine quella in via Flavia Demetria 90, nella disponibilità di Giuseppe Casamonica, oggi teatro dello sgombero.

Quando si parla di Casamonica si parla di mafia. Questo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, ha sancito la sentenza emessa dalla Cassazione. I giudici della seconda sezione penale hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e accolto il ricorso della procura generale riconoscendo anche l’aggravante dell’associazione armata per alcune posizioni di vertice, su cui bisognerà rideterminare la pena in Appello. Caduta l’aggravante di aver agito nell’interesse del clan invece per posizioni di secondo piano. Successivamente i giudici della Corte d’Appello di Roma il 29 novembre del 2022 hanno ribadito l’accusa di 416bis. La condanna più alta, a 30 anni, stabilita dai giudici di secondo grado, era andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan malavitoso romano.

I giudici della Corte d’Appello di Roma nella sentenza con cui hanno confermato l’accusa di mafia per il clan, avevano scritto che ”Il gruppo criminale Casamonica operante nella zona Appio-Tuscolana di Roma, con base operativa in vicolo di Porta Furba è organizzato in una ‘galassia’, ossia aggregato malavitoso costituito da due gruppi familiari dediti ad usura, estorsioni, abusivo esercizio del credito, nonché a traffico di stupefacenti, dotato di un indiscusso ‘prestigio criminale’ nel panorama delinquenziale romano, i cui singoli operavano tuttavia in costante interconnessione e proteggendosi vicendevolmente, così da aumentare il senso di assoggettamento e impotenza delle vittime, consapevoli di essere al cospetto di un gruppo molto coeso ed esteso” .

L’imponente villa apparteneva al capoclan Giuseppe Casamonica. Quando si parla di L’imponente villa apparteneva al capoclan Giuseppe Casamonica. Quando si parla di Casamonica si parla di “mafia“. Questo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, ha sancito la sentenza emessa dalla Cassazione. I giudici della seconda sezione penale hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e accolto il ricorso della procura generale si parla di mafia. Questo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, ha sancito la sentenza emessa dalla Cassazione. I giudici della seconda sezione penale hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e accolto il ricorso della procura generale

Il Tribunale penale di Roma primo grado, il 20 settembre 2021, aveva sentenziato 44 condanne per oltre 400 anni carcere. Al maxiprocesso si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai Carabinieri del Comando provinciale di Roma nell’ambito dell’indagine ‘Gramigna‘, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Giovanni Musarò e Stefano Luciani. Un’indagine che ha portato alla luce cosa siano in realtà i Casamonica, di come il loro dialetto zingaro venga utilizzato per rendere i dialoghi incomprensibili alle orecchie degli inquirenti e di come il loro linguaggio diventi improvvisamente chiaro quando invece vogliono terrorizzare le loro vittime. Il “clan chiuso” dei Casamonica si trasforma grazie a “gente che ha rapporti con i colombiani e vende cocaina alla ‘ndrangheta” come ha ricordato il sostituto procuratore Giovanni Musarò.

I Casamonica hanno sviluppato e tessuto relazioni con le mafie storiche e la potenza di un’ associazione, ricostruita grazie anche alle testimonianze di tre pentiti, che con le intimidazioni di un metodo mafioso e la forza delle armi si è occupata di droga, estorsioni e usura. La gramigna (da cui ha origine il nome dell’operazione ai danni del clan), è notoriamente un’erbaccia difficile da estirpare, ma non per i Carabinieri e i magistrati della DDA di Roma che negli anni hanno aggredito e colpito ripetutamente l’associazione mafiosa.

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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