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7 Dicembre 2024 15:41

Polizia di Stato : vasta operazione contro gli affiliati al clan Martorano-Stefanutti

Il redditizio settore della droga ha consentito al clan che risulta essersi strutturato in una vera e propria articolazione dedicata a questo genere di affari illeciti, da qui la contestazione, anche, di associazione finalizzata al traffico di droga, di movimentare cospicue somme di denaro

di REDAZIONE CRONACHE

Dalle prime ore dell’alba, la Polizia di Stato a seguito di una vasta ed articolata attività di indagine denominata “Lucania Felix” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza, si è proceduto con il supporto e la collaborazione degli agenti delle Squadre Mobili di altri venti capoluoghi di tutta Italia e dei Reparti Prevenzione Crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, di due unità cinofili e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria, all’esecuzione, nel corso delle indagini preliminari, sul territorio di Potenza ed in diversi Comuni della provincia, di 38 provvedimenti cautelari personali, emessi dal Gip del del Tribunale di Potenza nei riguardi di affiliati al clan “Martorano-Stefanutti” di Potenza, con estensione anche sul territorio di Matera, ritenuti responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e numerosi delitti scopo, aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso.

In particolare sono state applicate 28 misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di Renato Marturano, Dorino Rocco Stefanutti, Donato Lorusso, Giambattista Pace, Saverio Postiglione, Giovanni Quaratino, Salvatore Francesco Romano, Salvatore Santoro, Michele Sarli, Nicola Sarli detto “Sciassì” , Rocco Basta, Rocco Benedetto, Marco Bruno, Luigi Cancellara, Domenico Carlucci, Enzo Giordano, Enrico Michele Lamonea, Umberto Lo Piano, Antonio Masotti, Mirco Nucito, Federico Orlando, Lodovico Pangrazio, Valentino Scalese, Giovanni Tancredi, Carlo Troia, Gerardo Vece.

Nove misure di arresti domiciliari sono state adottate nei confronti di Albina Stefanutti, Manuela Stefanutti , Rocco Della Luna, Elvira D’ Ascoli, Potito Capezzera, Mario Di Giuseppe, Francesco Michele Riviezzi, Lorys Calabrone, Federico Saccone, e disposto un divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza nei confronti di Giacinto Daniel Tomasco. Nel corso del medesimo contesto operativo sono stati disposti ed eseguiti, inoltre 7 provvedimenti di perquisizione domiciliare e personale nei riguardi di altrettanti soggetti, dimoranti sul territorio di Potenza e Comuni vicini.

il capoclan mafioso lucano Renato Martorano

L’indagine è frutto di una vasta, capillare e complessa attività svolta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e dalla locale Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, attraverso intercettazioni telefoniche e telematiche, pedinamenti tradizionali e a distanza, tracciamenti GPS, acquisizioni documentali, numerosi interrogatori di testimoni e collaboratori di giustizia dissociatisi dai sodalizi mafiosi lucani, calabresi e siciliani di rispettiva appartenenza , che ha consentito di raccogliere un grave quadro indiziario in merito alla permanenza ed alla continuità operativa del clan “Martorano-Stefanutti‘ di Potenza, rafforzata con la scarcerazione prima di Dorino Rocco Stefanditi e poi di Renato Marturano, ritenuti al vertice della consorteria potentina, ampiamente riconosciuta dalla ‘ndrangheta calabrese e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi.

Le investigazioni, nel corso delle quali sono stati acquisiti documenti contenenti veri e propri riti di affiliazione, regole, organigrammi e ruoli di vertice delle cosche della ‘ndrangheta, hanno disvelato l’esistenza di solidi legami intrattenuti e consolidati nel corso degli anni dal sodalizio lucano con alcuni dei clan maggiormente accreditati sul territorio nazionale, come quello dei “Pesce-Bellocco” di Rosarno (RC) e quello dei “Grande Aracri” di Cutro (Crotone), con cui è stato intessuto un consistente e duraturo rapporto di collaborazione criminale coltivato negli anni specie nel settore elettivo dei videogiochi, per il quale la D.D.A. potentina ha già svolto in passato altra indagine che ha portato nel corso di quest’anno alle prime sentenze di condanna, tra gli altri, nei confronti dello storico “capo” del clan calabrese, Nicolino Grande Aracri, e di persone a lui vicine.

Altre proiezioni criminose extraterritoriali risultano investire esponenti sia della mafia siciliana, legati al sodalizio dei Santapaola di Catania, sia di sodalizi presenti e operativi in Puglia e Basilicata. L’indagine ha fatto luce sulla capillare compenetrazione del sodalizio potentino nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino, perseguita anche attraverso il reiterato ricorso ad eclatanti azioni intimidatorie, quale da ultimo quella del marzo dello scorso anno, allorquando venivano esplosi quattro colpi di arma da fuoco contro l’abitazione di un imprenditore di Palomonte.

La ricostruzione investigativa di oltre quindici anni di azioni delittuose riconducibili a esponenti del sodalizio ha permesso di tracciare sulla base di indizi ritenuti gravi dal Gip di Potenza il solco di un nuovo corso criminale attivo nella città di Potenza, chiaramente mirato a conseguire e consolidare il monopolio su specifici settori, tra cui l’installazione e la gestione di macchinette video-poker ed i servizi di sicurezza e vigilanza all’interno delle discoteche.

Nello spettro strategico-operativo del sodalizio è emersa la spiccata capacità di infiltrarsi nella gestione diretta o indiretta di appalti di opere e servizi pubblici attraverso una fitta rete di contiguità e connivenze insinuatasi persino nelle sfere istituzionali, come nel caso di una sigla sindacale attiva nel comparto sanitario che, anche attraverso il ricorso a metodi impositivi ed intimidatori, ha consentito per lungo tempo una gestione “addomesticata’ dei dipendenti della società Kuadra, già affidataria dei servizi di pulizia presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, favorendo di fatto, il concentrarsi del controllo delle assunzioni e dei licenziamenti proprio nelle mani dei maggiorenti del sodalizio criminoso, che in tal modo hanno guadagnato una forte sfera di influenza e di credito sociale sul territorio.

Tra gli arrestati nell’operazione vi è anche un rappresentante sindacale, Rocco Della Luna della Uil che ora si trova ai domiciliari.Il Procuratore distrettuale, Francesco Curcio, ha evidenziato che Della Luna era “il braccio armato” del clan Martorano-Stefanutti nella gestione “addomesticata” dei dipendenti della società “Kuadra”.

L’indagine ha inoltre disvelato la regìa comune e condivisa della consorteria potentina con il “clan” Grande Aracri di Cutro anche nell’azione estorsiva perpetrata in danno di un’altra società Salvaguardia Ambientale spa, affidataria di servizi di raccolta e smaltimento rifiuti presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, azione per la quale è già stato condannato in via definitiva Donato Lorusso, componente del sodalizio lucano.

Le risultanze investigative hanno restituito il quadro indiziario di una rinnovata stagione criminale snodatasi anche attraverso il ripetersi di azioni intimidatorie condotte secondo stilemi tipicamente mafiosi, evocativi della garanzia di protezione sul territorio e della necessità di assistenza ai detenuti, anche attraverso il ricorso all’uso delle armi, talvolta impiegate anche per regolamenti di conti interni, come nel caso di una pistola sequestrata nell’agosto del 2020 nel contesto di una discussione per crediti di droga.

Proprio le armi e la droga risultano rappresentare un altro settore di preminente interesse del sodalizio, come confermato anche dall’arresto di Michele e Nicola Sarli, avvenuto nel maggio del 2020, a seguito del rinvenimento di due pistole, oltre che di cocaina e marijuana che gli stessi detenevano in un’abitazione rurale alla periferia di Potenza, e da altri arresti e sequestri di stupefacenti, effettuati nel corso del corrente anno proprio a riscontro delle risultanze investigative, come quello nei confronti del barbiere Enzo Giordano e del barista Umberto Lo Piano.

Il redditizio settore della droga ha consentito al clan che risulta essersi strutturato in una vera e propria articolazione dedicata a questo genere di affari illeciti, da qui la contestazione, anche, di associazione finalizzata al traffico di droga, di movimentare cospicue somme di denaro, destinate in parte anche all’assistenza in favore dei sodali detenuti, secondo il consolidato sistema della cd. “bacinella“, tipico delle associazioni mafiose, ovvero una forma di mutua assistenza che si è potuto osservare, da ultimo, nel corso della detenzione di Dorino Rocco Stefanutti presso la Casa circondariale di Melfi dove, per il tramite dei suoi congiunti, egli oltre a ricevere costante assistenza materiale, impartiva specifiche direttive verso l’esterno, anche attraverso la consegna di ”pizzjnl’, così continuando a mantenere il controllo del sodalizio.

Le numerose misure restrittive adottate a valle delle indagini, sulla base di grave indizi di colpevolezza, che ovviamente dovranno essere consolidati in fase dibattimentale, rappresentano un ulteriore tassello della complessiva azione di contrasto alla criminalità organizzata lucana, che la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, grazie all’encomiabile apporto delle forze di Polizia, sta conducendo su di un territorio, in cui la presenza criminale, a base marcatamente mafiosa, rappresenta una realtà ormai innegabile che investe, in egual misura, le province di Potenza e Matera. Tutto ciò, se da una parte impone che, ad ogni livello, non si indugi ancora in pericolose sottovalutazioni del fenomeno, dall’altra, ha reso e rende costante, su questo importantissimo fronte, l’impegno, quotidiano, professionale e sistematico delle Forze di Polizia e della Magistratura lucane.

Alla conferenza stampa presso la Procura della Repubblica di Potenza, partecipa il Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato che ha evidenziato che “in Italia non ci sono aree libere da sodalizi. I legami tra queste organizzazioni sono maturate durante le detenzioni e questo deve far riflettere“.

(in aggiornamento)

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