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24 Aprile 2024 02:04
24 Aprile 2024 02:04

OPERAZIONE TAROS. LA PROCURA ANTIMAFIA CHIEDE 170 ANNI DI CARCERE

La requisitoria del magistrato della Dda, svoltasi in camera di consiglio venerdì scorso, nel processo con rito abbreviato che si sta celebrando dinnanzi al tribunale Penale di Lecce, Lecce nelle forme del giudizio abbreviato. Alla sbarra complessivamente 28 imputati.

di REDAZIONE CRONACHE

Il pm della Dda di Lecce Milto Stefano De Nozza ha richiesto quattro assoluzioni e circa 170 anni di carcere da suddividersi tra i ventiquattro imputati componenti del clan guidato dal boss Maurizio Agosta di Pulsano (Taranto), detto “il biondo”, più volte colpito dai blitz dell’ Arma dei Carabinieri nel versante orientale della provincia jonica, e che ha ricevuto il colpo di grazia grazie all’operazione Taras condotta dai Carabinieri del Ros di Lecce coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce.

il pm Milto Stefano De Nozza

La requisitoria del magistrato della Dda, svoltasi in camera di consiglio venerdì scorso, nel processo con rito abbreviato che si sta celebrando dinnanzi al tribunale Penale di Lecce, Lecce nelle forme del giudizio abbreviato. Alla sbarra complessivamente 28 imputati. Vent’anni di carcere sono stati richiesti per Agosta dal pm De Nozza, che ha inquadrato l’attività del gruppo mafioso che avrebbe imposto le sue attività illecite tra Pulsano e Leporano, in provincia di Taranto, cercando anche di influenzare la consultazione elettorale del 2019 di Leporano.  Agli imputati sono state contestate le accuse a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di stupefacenti, scambio elettorale politico-mafioso, danneggiamenti, rapine, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, anche da guerra. 

il capoclan Maurizio Agosta

L’operazione Taros aveva focalizzato il predominio conquistata dal boss pulsanese Maurizio Agosta, collegato al clan del crispianese Franco Locorotondo, noto come “Scarpalonga” ritenuto il capo dei capi della Sacra Corona Unita in provincia di Taranto. Agosta, è ristretto da tempo nel carcere di Cagliari, per rispondere dell’omicidio di Francesco Galeandro, ucciso a colpi di kalashnikov in un agguato nel luglio 2016.

Un’omicidio di stampo mafioso che ha rappresentato per il clan di Agosta, un vero e proprio salto di qualità nella geografia criminale pugliese. Dopo le prime indagini, si è aperto una crepa nel muro di omertà del clan, grazie alla decisione di collaborare con la giustizia, presa da Vito Nicola Mandrillo, uno degli uomini più vicini del capoclan, le cui confessioni e rivelazioni hanno confermato le ipotesi investigative sul “clan” sul quale da tempo gli inquirenti della Dda di Lecce e dell’ Arma dei Carabinieri avevano concentrato le proprie attenzioni.

Un capillare lavoro investigativo che è stato ripercorso in udienza dal pm De Nozza nella sua minuziosa e dettagliata requisitoria, conclusasi con le richieste di condanna: 20 anni per il boss Maurizio Agosta, 18 anni per Piero Soprano, 14 anni per Benito Marangiolo e 12 anni per Antonio Marangiolo. 8 anni e 8 mesi per Domenico Costanzo, 8 anni e 2 mesi per Renato La Carbonara, 8 anni per Alessio Costanzo , Cosimo Lorè e per Giuliano Patarnelli . Quindi 6 anni per Luigi Agrosì, 4 anni per Antonio Azzolio, Agostino Bisignano ed Emanuele Capuano , 6 anni per Andrea Cazzato, 4 anni e 8 mesi per Gianluca Tagliente, 4 anni e 4 mesi per Francesco Agosta, 4 anni per il collaboratore di giustizia Vito Nicola Mandrillo, e per Giuseppe Padula, Giovanni Rizzo, Cosimo Soleto, Daniele Soleto, Luigi Soleto e Daniela Vestita, 3 anni e mezzo per Giorgio Tocci, e 4 anni per .

Il pm Stefano De Nozza ha chiesto l’assoluzione per Francesco Agosta, di 46 anni, Raffaele Mandorino, Antonio Massaro e Massimo Padula. Nella prossima udienza previste alle arringhe degli avvocati del numeroso collegio della difesa.

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