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20 Aprile 2024 06:56
20 Aprile 2024 06:56

Libertà’ di Stampa. Le stranezze del Tribunale di Bari dove accadono troppe cose strane

L'uscita di un giornale, che dovrebbe essere garantita dall'art. 21 della nostra Costituzione non può essere soggetto a censure postume di un giudice, avendo un titolo legittimo (autorizzazione del tribunale) e sopratutto non può essere un giudice a decidere se un giornale è simile ad un altro ancor prima che esca. Quanto accaduto a Bari è a dir poco assurdo ed oltraggioso in quanto calpesta il dettato costituzionale.

di ANTONELLO de GENNARO

Ancora una volta nel Tribunale di Bari accade di tutto e di più, nonostante la presenza di una Procura molto attenta.Ma davanti ad un attentato alla libertà di stampa da parte di un giudice un pò troppo confuso non si piuò restare silenti. Stiamo parlando della guerra legale-affaristica-sindacale che si è scatenata sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il quotidiano barese che da ormai 4 mesi è scomparso dalle edicole di Puglia e Basilicata a seguito del fallimento delle società EDISUD (società editrice con 40 milioni di euro di massa fallimentare) e MEDITERRANEA (società proprietaria della testata ed ex concessionaria per la pubblicità).

Molti giornalisti baresi, in particolare quelli che hanno seguito questa vicenda giudiziaria, hanno dimenticato la presenza incombente e “pesante” del procuratore di Bari Roberto Rossi accompagnato dai pm Lanfranco Marazia , e Luisiana Di Vittorio cioè coloro i quali avevano chiesto il fallimento delle due società in questione, in occasione dell’udienza di convalida delle offerte ritenute vantaggiose per l’acquisizione del quotidiano barese. In quella occasione il procuratore capo di Bari aveva depositato una relazione preliminare della Guardia di Finanza dalla quale era emerso qualcosa di molto strano ed illegittimo, cioè la presenza di ben 4 assegni circolari per un importo complessivo di un milione di euro fra i titoli di credito depositati dalla società ECOLOGICA spa (controllata dalla famiglia Miccolis), assegni che sono risultati essere stati tratti ed addebitati sul conto corrente di Banca IntesaSanpaolo intestato alla CISA spa di Massafra controllata dal condannato e pluriinquisito Antonio Albanese.

Antonio Albanese, presidente della CISA spa, condannato dal Tribunale di Taranto

Una circostanza anomala ed illegittima, quindi illegale, in quanto la CISA spa non ha partecipato all’ asta fallimentare, nè tantomeno detiene alcuna quota della società ECOLOGICA spa. Ma per il collegio giudicante del Tribunale Fallimentare di Bari, tutto questo sarebbe normale…mentre per la Finanza e la Procura non lo è affatto, altrimenti non indagherebbero ed il procuratore Rossi non sarebbe mai comparso in udienza al Tribunale Fallimentare.

E non solo. E’ incredibile vedere il Tribunale Fallimentare di Bari che in passato ha visto emergere alla luce non poche vicende di illegalità , denunciate dall’ ex presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Bari, Franco Lucafò (ora in pensione) restare oggi indifferente alla circostanza di un macroscopico conflitto d’interesse dei due curatori fallimentari (che avevano giurato di non avere conflitti d’interesse) della fallita EDISUD spa, mentre erano contemporaneamente componenti, profumatamente pagati, negli organismi di vigilanza e nel collegio sindacale di società controllate da Antonio Albanese (leggasi CISA spa), cioè della società che era nascosta dietro le quinte ed ha finanziato senza alcun titolo e legittimità l’offerta vincente della società ECOLOGICA controllata dalla famiglia Miccolis.

Ma le anomalie del Tribunale di Bari non sono finite qui. Infatti ieri il Giudice Dr. Michele De Palma, ha scavalcato ogni ruolo e competenza, violando persino l’art. 21 della Costituzione. Ma non solo ha dimenticato qualcosa che tutta la città di Bari ben conosce, che viene sottaciuto dai soliti “pennivendoli” al servizio di qualcuno…. e cioè che il dr. De Palma in passato è stato sposato con Barbara Barattolo (da cui ha divorziato), il cui fratello Fabrizio noto e affermato chirurgo estetico, ha sposato Aurelia Miccolis. Casualità e circostanze imbarazzanti che avrebbero dovuto indurre il giudice ad astenersi. Ma così non è stato.

Il ricorso delle curatele fallimentari, è stato stranamente predisposto da uno studio legale milanese – secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Adnkronos – e porta anche la firma della nuova proprietà, la Ecologica spa del gruppo Miccolis di Castellana Grotte che l’8 novembre scorso ha ottenuto l’omologa definitiva del concordato fallimentare con cui ha rilevato la testata “La Gazzetta del Mezzogiorno” e che tramite una newco (Edizioni del Mezzogiorno, 10mila euro di capitale sociale con sede a Modugno) riporterà in edicola il quotidiano che manca dal 1° agosto.

La decisione del giudice De Palma è molto più grave in punto di diritto per i seguenti motivi. Innanzitutto non si è mai visto in Italia una decisione di un giudice che addirittura inibisce la pubblicazione di una testata giornalistica regolarmente registrata e quindi legittimata ed autorizzata dal Tribunale . Ma non solo, il Giudice a mio parere e lo dico dopo essermi confrontato con alcuni illustri professori universitari (esperti giuridici del settore) è intervenuto senza alcun titolo sull’utilizzo di un marchio la Nuova Gazzetta di Puglia e Basilicata” registrato e validato senza alcuna opposizione, sostenendo che costituirebbe un “elevato grado di somiglianza con il marchio “La Gazzetta del Mezzogiorno – La Gazzetta di Puglia – Corriere delle Puglie” aggiungendo nel suo provvedimento “costituendo la suddetta nuova iniziativa editoriale della Ledi s.r.l., per come proposta al pubblico, una ideale prosecuzione di quella in precedenza svolta con il marchio/testata “La Gazzetta del Mezzogiorno – La Gazzetta di Puglia – Corriere delle Puglie”.

E’ bene ricordare ai lettori, ma anche ai giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno che chi scrive è colui. che ha salvato a suo tempo durante la fase iniziale del loro fallimento la tutela del loro marchio, che era stato registrato da terzi, informando di quanto avevo scoperto il collega Ugo Sbisà componente all’epoca dei fatti del CdR del quotidiano barese, salvandoli in tempo utile da un appropriazione indebita. Quindi permettetemi di dirlo, posso affermare senza rischiare alcuna smentita da nessuno, restando al di sopra delle parti in causa, che il giornale che dirigo e che state leggendo, è e sarà sempre un concorrente di tutte le altre testate, in quanto a differenza di altri non facciamo il tifo per nessuno, non siamo al servizio di nessuno, e non siamo finanziati dietro le quinte da nessuno !

L’uscita di un giornale, che dovrebbe essere garantita dall’art. 21 della nostra Costituzione non può essere soggetto a censure postume di un giudice, avendo un titolo legittimo (autorizzazione del Tribunale) e sopratutto non può essere un giudice a decidere se un giornale è simile ad un altro ancor prima che esca. E nessuno e tantomeno un giudice può decidere che la parola “La Gazzetta” sia di proprietà di qualcuno. Quanto accaduto a Bari è a dir poco assurdo ed oltraggioso in quanto calpesta il dettato costituzionale.

Leggere quanto scrive il giudice nella sua decisione provvisionale d’urgenza e cioè “che il marchio “la Nuova Gazzetta di Puglia e Basilicata” presenti un elevato grado di somiglianza con il marchio “La Gazzetta del Mezzogiorno– La Gazzetta di Puglia – Corriere delle Puglie”, atteso che il primo evoca il secondo, alla stregua di un giudizio sintetico e complessivo, quantomeno concettualmente, determinando così un rischio di confusione per il pubblico di riferimento anche in termini di associazione tra i due segni; ritenuto, in ogni caso, che le predette condotte della Ledi s.r.l. integrino la fattispecie di concorrenza sleale” è a nostro parere un’ assurdità giuridica, e lo diciamo sulla base di pacchi di sentenze su casi analoghi.

A questo punto un cosa è facilmente prevedibile e cioè che nell’udienza fissata per il prossimo 2 dicembre se ne vedranno e sentiranno delle belle, a partire da una possibile ricusazione del Giudice De Palma da parte della Ledi. Come sempre noi non mancheremo di raccontarvi quanto accaduto. E ce ne freghiamo se qualcuno citato nei nostri articoli, che abbiamo visto nascere, all’improvviso si nasconde sui social network. Evidentemente abbiamo colpito nel segno. In conclusione, lasciatemelo dire: vedere dei giornalisti gioire sui socialnetwork contro degli altri giornalisti è uno spettacolo a dir poco squallido, al quale chi come noi del CORRIERE DEL GIORNO fa informazione libera ed indipendente, senza padroni e senza padrini, non può accodarsi.

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Grazie, Antonello de Gennaro

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