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23 Aprile 2024 10:21
23 Aprile 2024 10:21

Indennizzo vittime reati: dopo la sentenza della Corte UE, lo Stato italiano si mette in regola

Il Ministero di Giustizia del governo italiano ha reso noto con una nota, che l’Italia ha proceduto alle necessarie modifiche normative: intervento realizzato con la cosiddetta legge europea 2015-2016 (L. 7 luglio 2016, n. 122, articoli 11-16), che contiene appunto la disciplina per l’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti.

CdG corte europeaPer non aver rispettato una direttiva comunitaria anche se in extremis è stata formulata una legge “ad hoc” , è arrivata inflessibile la condanna di sentenza della Corte di Giustizia europea nei confronti dello Stato italiano colpevole di non essersi adeguato alla normativa Ue per gli indennizzi alle vittime di reati violenti dolosi. Ad esempio nel caso in cui, una donna abbia subito uno stupro ma il colpevole non sia stato trovato o non abbia possibilità economica di risarcirla, sarà lo Stato a dover provvedere a rifonderla in misura “equa e adeguata“. Stessa cosa per esempio nei casi di omicidio, o di rapine con lesioni.

La sentenza di ieri della Corte di Giustizia europea, con la quale si conferma il principio secondo il quale tutti i crimini violenti intenzionali devono dare accesso a un indennizzo dopo il processo penale, condanna per inadempienza l’Italia a causa della situazione normativa vigente al momento della procedura di infrazione della Commissione Europea (2011) e del conseguente deferimento davanti alla Corte di Lussemburgo (2014).

A differenza degli altri Stati membri della Comunità Europea , la norma  italiana del 7 luglio 2016 stabiliva che potevano essere risarcite soltanto le vittime beneficiarie di un reddito non superiore agli 11 mila euro l’anno, e che il risarcimento potesse arrivare dallo Stato soltanto al termine del processo con una sentenza di condanna con l’obbligo di tentare costose procedure per ottenere il pagamento dal condannato. Inoltre la vittima – sempre secondo la legge italiana –  non doveva aver percepito alcuna somma di denaro da parte di enti pubblici o privati o anche persone.

Con la sentenza di ieri è stato stabilito il principio che anche l’Italia deve adeguarsi alle regole degli altri stati comunitari “garantendo al cittadino dell’unione europea il diritto a ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite sul nostro territorio”.

CdG Ministero GiustiziaProprio per essere in linea con la direttiva europea (2004/80/CE)  e fatti salvi alcuni necessari aggiustamenti che ancora devono essere fatti ,  il Ministero di Giustizia del governo italiano ha reso noto con una nota, che l’Italia ha proceduto alle necessarie modifiche normative: intervento realizzato con la cosiddetta legge europea 2015-2016 (L. 7 luglio 2016, n. 122, articoli 11-16), che contiene appunto la disciplina per l’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti.

Si tratta ora di procedere con tempestività alla valutazione delle domande di indennizzo che verranno proposte, anche per fatti criminosi commessi prima dell’entrata in vigore della legge, in modo da recuperare il forte ritardo nel recepimento della direttiva europea e ridurre il sacrificio ai diritti individuali che in tutti questi anni si è consumato.

nella foto l'avvocato Marco Bona
nella foto l’avvocato Marco Bona

La decisione adottata della Corte di Giustizia europea è importante anche per tutta una serie di procedimenti che attendevano in tutta Italia una pronuncia per poter procedere con le richieste di condanna dell’Italia. E’ il caso ad esempio della causa pilota partita da Torino, dove una ragazza vittima di uno stupro nel 2005 ad opera di due romeni,  aveva ottenuto una sentenza civile di condanna del Governo per inadempimento alla direttiva, sia nella causa primo grado che in appello . “Con questa sentenza la causa di questa ragazza potrà finalmente arrivare alla sua conclusione nel processo che pende in Cassazione”, dichiara l’avvocato Marco Bona esperto in tutela dei danneggiati, e che per primo in Italia ha ipotizzato una responsabilità da parte dallo Stato per la mancata attuazione della direttiva europea.

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