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29 Marzo 2024 12:12
29 Marzo 2024 12:12

Covid, mascherine pericolose: l’ex commissario Domenico Arcuri a processo per abuso d’ufficio

Al centro dell’inchiesta c’è la fornitura di 800 milioni di mascherine dalla Cina pagate nei primi mesi di diffusione della pandemia un miliardo e 251 milioni di euro con i fondi speciali della presidenza del Consiglio, preceduta da una trattativa nella quale i mediatori italiani, che hanno incassato provvigioni a sei zeri dalle società di Hong Kong, non sono stati menzionati, anche se la legge prevedeva una rendicontazione.

Mascherine anti Covid pericolose per la salute ed acquistate mediante modalità sospette.  L ’ex commissario per l’emergenza Domenico Arcuri comparirà il 15 settembre con l’accusa di  abuso d’ufficio, davanti al giudice per l’udienza preliminare, che dovrà decidere sulla richiesta di processo a suo carico avanzata dalla procura. Tramontate invece le iniziali accuse di corruzione e peculato. Al centro dell’inchiesta c’è la fornitura di 800 milioni di mascherine dalla Cina pagate nei primi mesi di diffusione della pandemia un miliardo e 251 milioni di euro con i fondi speciali della presidenza del Consiglio, preceduta da una trattativa nella quale i mediatori italiani, che hanno incassato provvigioni a sei zeri dalle società di Hong Kong, non sono stati menzionati, anche se la legge prevedeva una rendicontazione.

Domenico Arcuri, ex AD di Invitalia e commissario di governo (Conte) sul Covid

Gli acquisti sarebbero avvenuti favorendo alcune imprese e intermediari grazie proprio al rapporto tra Domenico Arcuri e l’ imprenditore ed ex giornalista Rai Mario Benotti con l’accusa di traffico di influenze illecite. In base a quanto emerge dal capo di imputazione l’imprenditore “in concorso con altri, sfruttava le proprie relazioni personali e occulte con Arcuri, ex commissario per l’emergenza sanitaria, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”

Della maxi provvigione di 78 milioni di euro, 12 milioni sarebbero andati a Benotti, 5,8 milioni all’ecuadoriano Jorge Solis – l’uomo che per i pm ha presentato Tommasi al cinese Cai Zhongkai, intermediario delle società per consentire il buon fine dell’operazione – e altri 12,2 milioni sarebbero secondo i magistrati finiti a Guidi. Soldi che però non sono stati il frutto di una provvigione messa nero su bianco, in “forma scritta ad substantiam dei contratti stipulati“. 

Arcuri e Fabbrocini sono accusati di avere omesso , secondo la ricostruzione effettuata dal nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma, “intenzionalmente di palesare il rapporto di mediazione, che la struttura commissariale costituiva e intratteneva con Tommasi, lasciandolo irresponsabile delle importazioni“. Avrebbero anche concesso “alle società cinesi anticipazioni dei pagamenti a carico della merce in Cina, prima di ogni verifica in Italia sulla qualità delle forniture e validità dei documenti di accompagnamento“. Una differenza di trattamento sostanziale , come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm Gennaro Varone, rispetto “a tutti gli altri importatori italiani, a cui si negavano anticipazioni dei pagamenti, imponendo loro di acquistare con i costi a proprio carico i dispositivi”, di fatto favorendo l’offerta dei partner di Benotti. Nell’abuso d’ufficio contestato ad Arcuri si evidenzia anche “l‘assenza di controllo pubblico sull’importo delle provvigioni in danno del fondo speciale del governo” (Conte bis – n.d.r.)

Unitamente ai cosiddetti Dpi (dispositivi di protezione individuale) vennero sequestrati beni per 70 milioni di euro complessivi a sette persone indagate, inclusi orologi, moto, ville. Oltre che le modalità opache di acquisto dall’inchiesta è emerso anche altro, pur senza contestazioni penali: “L’esame fisico/chimico delle mascherine e dei dispositivi di protezione acquistati, compiuto tanto dall’Agenzia dogane di Roma“, scrivevano i magistrati, “ha dimostrato che gran parte dei dispositivi per i quali si è disposto il sequestro non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme Uni En” e “addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute“.

Antonio Fabbrocini, stretto collaboratore di Domenico Arcuri, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale è accusato invece di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d’ufficio. Come si legge nell’avviso di conclusione delle indagini, Arcuri In particolare, avrebbe nella “qualità di pubblico ufficiale e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l’imprenditore Vincenzo Tommasi (titolare della Sunsky Srl di Milano, ndr)” costituito “intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”.

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