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19 Marzo 2024 07:26
19 Marzo 2024 07:26

Carofiglio: “l’errore più grave di Emiliano è stato quello di non aver nominato l’assessore alla Sanità”

" Per me l’errore più grave di Emiliano è stato quello di non aver nominato l’assessore alla Sanità. Che non è neppure un errore, ma una sgrammaticatura politica. Altre cose sono più di stile che di sostanza, invece quella scelta la trovo criticabile"

Gianrico Carofiglio è un barese “puro” orgoglioso di esserlo e un uomo di molte passioni. Due di esse, le arti marziali, nello specifico il karate , e la politica si devono lambire nel suo immaginario. La prima passione l’ha trasformata in materia di studio per il controllo della forza e della rabbia, rendendo noti i risultati nel corso di seminari a manager in carriera.

La politica invece la pratica alla maniera antica, rincorrendo dei sistemi di “valori“, invece che sistemi di “potere“, restando sempre a sinistra, qualsiasi essa sia e qualunque cosa abbia significato nel corso degli ultimi trent’anni.

La scrittura di Carofiglio viene “etichettata” profonda, esattamente come i suoi pensieri, sempre sottili e chiari. Del 2002 ad oggi nel corso di diciotto anni, a partire dal suo primo romanzo, “Testimone inconsapevole”, è diventato uno degli scrittori italiani più apprezzati e tradotti persino all’estero, passando dal racconto al romanzo al saggio con disinvoltura qualunque sia la scelta del momento, e migliaia di lettori lo seguono .

In una recente intervista sul presente e sul futuro della sinistra rilasciata alla collega Maddalena Tulanti del magazine FIRSTOnline , Carofiglio si è fatto interrogare sulla situazione politica in Puglia dove dopo quindici anni con Nichi Vendola e Michele Emiliano, per la prima volta, la sinistra rischia di perdere le elezioni.

La sua passione politica è intatta, pur essendo messa a dura prova dal suo schieramento politico: sempre disuniti alla meta. Anche questa volta. Con Ivan Scalfarotto, candidato di Italia Viva, costola e alleato del Pd, che compete in Puglia contro Emiliano, cosa che rischia di far vincere il centrodestra guidato da Fitto. Come spiega questa ansia autodistruttiva della sinistra?

«Meta? Il problema è che molto spesso è proprio la meta che viene mancata. E naturalmente le ragioni sono molte, ho cercato di analizzarle nel piccolo libro che esce il 3 settembre, sul metodo della politica. Il tema centrale è l’assenza al momento di un sistema di valori e di passioni unificanti. È uno dei compiti di costruzione di un’idea di futuro. Non si tratta tanto di fondare un fronte progressista, idea un po’ consumata, ma di ricostruire un sistema di passioni. Non c’è dubbio che è difficile percepire il progetto politico del partito maggiore della sinistra, il Pd: esso non è chiaro, non è elaborato e quindi non è visibile. Non so se come propone qualcuno si tratti di cambiare un leader. Ma la richiesta di cercare una persona più carismatica dice abbastanza poco. Si tratta di capire se chi si candida, presunto o vero più carismatico, lo fa per proporre qualcosa. Se ipotizzi la sostituzione di qualcuno devi anche immaginare chi e per fare cosa. Certo, una maggiore determinazione nella sostanza, ma anche nella percezione della leadership, non guasterebbe. Io Zingaretti l’ho votato, negli spazi circoscritti in quello che ho potuto dire o fare, però è vero che ora ci si aspetterebbe una diversa determinazione. Soprattutto, direi, una diversa determinazione percepita. Si potrebbe discutere a lungo su che cosa è la sostanza dell’azione politica, ma se la percezione comune appare sbiadita questo è un fatto. E non va bene. Ci sono delle praterie davanti con quello che sta succedendo e quello che potrebbe succedere, però bisogna mettersi a cavallo e andare, se uno sta lì a conversare a bordo della prateria facendo i conti dei decimali che il partito riesce a mantenere non si va da nessuna parte. Anche se incredibilmente e sorprendentemente questo Pd, nonostante la sbiaditezza, regge».

Qualcuno avanza l’ipotesi che il Pd non avanzi nei sondaggi perché succube dei 5 Stelle: che ne pensa?

«Il Pd non avanza perché non propone contenuti e passioni. Contenuti e passioni nelle quali chi sta a guardare, o chi non sta più nemmeno a guardare perché è sfiduciato, possa identificarsi. Accidenti, dovrebbero dirsi, questo è il futuro che vorrei per me e i miei figli, questo è quello che vorrei per contrastare la barbarie, questo è quello che vorrei per un’idea di politica umana, anche allegra. Per me il concetto di allegria in politica è fondamentale. C’è una bella frase di Foucault che ho citata nel libro. In un suo scritto che si intitola “istruzioni per la vita non fascista”, dice: “Fra le varie regole, non abbiate la convinzione che essere militanti voglia dire essere tristi”. È perfetta».

Veniamo alla Puglia, allora. Che giudizio ha sul governo di Emiliano?

«A me la partita con Fitto sembra abbastanza aperta nonostante le apparenze. Certo, poteva non esserlo. Nel senso che il centrosinistra avrebbe mantenuto senza problemi la sua amministrazione se non ci fossero stati errori incrociati in bilico fra politica e ostilità personali. Penso al rapporto di Emiliano con Renzi. E questo lo considero uno dei demeriti del governatore: aver evocato ostilità così ribollenti da tradursi poi nelle divisioni che ci sono offerte in questi giorni”.

È questo l’errore più grave di Emiliano? Il suo bruttissimo rapporto con Renzi?

«No. Per me l’errore più grave di Emiliano è stato quello di non aver nominato l’assessore alla Sanità. Che non è neppure un errore, ma una sgrammaticatura politica. Altre cose sono più di stile che di sostanza, invece quella scelta la trovo criticabile».

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