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28 Marzo 2024 10:11
28 Marzo 2024 10:11

Abusi in divisa. Ecco come la “gang” dei poliziotti a Roma ha torturato Hasib e depistato le indagini

Su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, la Squadra Mobile della Questura di Roma ha dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal G.I.P. Ezio Damizia nei confronti di un appartenente alla Polizia di Stato, l’ispettore capo Andrea Pellegrini in servizio al Distretto di P.S. Primavalle, ritenuto gravemente indiziato di tortura ai danni del giovane di origini serbe Hasib Omerovic, precipitato lo scorso 25 luglio, durante un controllo di polizia, dalla finestra dell’appartamento in cui abitava con la famiglia nel citato quartiere della Capitale. Il poliziotto è anche accusato di falso ideologico commesso da Pubblico Ufficiale in atti pubblici.

Per capire come si è arrivati alle conclusioni investigative che hanno portato all’arresto dell’agente Pellegrini occorre fissare l’attenzione su alcuni particolari, perché nel corso delle indagini sono emerse numerose menzogne e falsificazioni da parte dei tre agenti ( Fabrizio Ferrari, Alessandro Sincuranza, e Maria Rosa Natale) intervenuti quel giorno, e forse anche da altri, per proteggere un loro superiore, cioè l’ispettore capo Andrea Pellegrini, un poliziotto che in passato era già stato allontanato dalla Squadra Mobile d ella Questura di Roma e trasferito per aver divulgato notizie segrete, il quale peraltro in passato era stato arrestato in Florida mentre rubava in un supermercato. Due dei poliziotti indagati hanno già avuto un faccia a faccia con gli investigatori. Fabrizio Ferrari ha spontaneamente chiesto e ottenuto di essere ascoltato per chiarire l’accaduto, per riassumere quei venti minuti trascorsi al civico 24 di via Girolamo Aleandro. Mariarosa invece, una poliziotta con appena tre mesi di servizio, ha scelto di rimanere in silenzio, e di avvalersi della facoltà di non rispondere.

In un prima relazione i quattro agenti del commissariato di Primavalle lo scorso 25 luglio avevano riferito di essere intervenuti per l’identificazione di un cittadino bosniaco, Hasib Omerovic, il quale dopo il controllo di polizia si sarebbe lanciato dalla finestra dell’abitazione cadendo nel cortile interno del palazzo della periferia romana. Ma le indagini della Squadra Mobile di Roma coordinata dalla Procura hanno effettuato una ricostruzione dei fatti accaduti tra le case popolari di Primavalle, che smentisce e stravolge la versione degli agenti, accertando che un poliziotto (cioè il Pellegrini) ha legato, picchiato e minacciato con un coltello un ragazzo sordo, mentre altri tre suoi colleghi tentavano maldestramente di occultare le sue torture, considerato che le cose si sono complicate enormemente allorquando la loro vittima si è gettata dalla finestra della sua stanza: “percepita come unica via” di salvezza, scrive il giudice per le indagini preliminari.

È stato difficile per gli investigatori della Squadra Mobile separare la verità dalla menzogna, perché in questa indagine hanno dovuto affrontare dei colleghi che si smentiscono a vicenda, poliziotti convocati in procura per un confronto, ispettori della Polizia che suggeriscono ai colleghi della Squadra Mobile di “far svolgere bene bene le indagini perché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti”, salvo davanti al pm ritrattare il tutto, ed altri poliziotti che consigliavano di stilare una relazione di servizio “per pararsi il culo dall’ondata di me..a che quando arriva sommerge tutti“.

Hasib Omerovic al suolo dopo essere precipitato dal suo appartamento

Le cinque menzogne dei poliziotti

La prima menzogna è venuta alla luce immediatamente: la comunicazione con la quale gli agenti raccontavano i fatti accaduti a partire dalle 12.29 del 25 luglio era falsa. Infatti in via Girolamo Aleandro non si è trattato di un controllo di routine, una normale identificazione, bensì secondo secondo i pm, il poliziotto Andrea Pellegrini ha effettuato una spedizione “punitiva” con metodi violenti un ragazzo su cui giravano voci di quartiere in merito al fatto che molestasse ragazze. Ma la “spedizione” è sfuggita di mano.

I poliziotti indagati per nascondere la verità di quanto era accaduto hanno quindi raccontato una seconda menzogna, redatta in una relazione di servizio in cui si sosteneva che Hasib si era agitato quando i poliziotti hanno chiesto alla sorella disabile come si fosse procurata i lividi sulle braccia e lei, spaventata secondo gli agenti indagati, “negava che gli fossero stati provocati da qualche familiare“. Tutto falso. In realtà Hasib era letteralmente terrorizzato perché l’ agente Pellegrini, brandiva coltelli, lo minacciava, e strappava cavi elettrici per legarlo. E successivamente lo ha torturato. Ed al povero ragazzo la finestra è sembrata l’unica via di salvezza dalle torture.

La terzo menzogna ruota intorno a una porta chiusa a chiave. Non corrisponde a verità che Hasib si era rifiutato di aprirla, infatti stava prendendo la chiave allorquando il poliziotto Pellegrini con un calcio l’ ha sfondata.

Quarta menzogna degli indagati. gli orari non coincidono: i poliziotti indagati sostengono di essere intervenuti alle ore 12,29 allorquando la prima chiamata di emergenza al 118 con richiesta di ambulanza è stata effettuata alle ore 12,26.

Quinta menzogna: il poliziotto Pellegrini non ha fotografato Hasib durante il controllo, come ha sostenuto, per dimostrare la regolarità dell’operazione eseguita. “L’aver scattato fotografie di Omerovic  che si trova a torso nudo nella propria abitazione sia durante l’identificazione sia soprattutto allorché è costretto a rimanere seduto assume senz’altro un effetto degradante, perché lesivo della dignità della persona. Traspare – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – l’intento di Pellegrini di infliggere sofferenze gratuite a Omerovic“.

I poliziotti indagati sono accusati di: Omettendo di indicare“, “attestavano falsamente”falsa rappresentazione della realtà circa lo svolgimento delle operazioni compiute dagli appartenenti alla polizia di stato”.

Le motivazioni scritte dai magistrati nei loro atti hanno una valenza ben chiara. Parlano di fatti “commessi in spregio della funzione pubblica svolta, nonché violando fondamentali regole di rispetto della dignità umana”. Fatti per i quali da 5 mesi un uomo di 36 anni, è stato operato ben 10 volte prima di uscire dal coma in cui versava, ed ora giace ricoverato in ospedale, su un letto da cui probabilmente non potrà più alzarsi. 

Oltre ai quattro poliziotti coinvolti nell’inchiesta, anche altri loro colleghi erano a conoscenza di quanto accaduto quella mattina del 25 luglio: un quinto agente è indagato per depistaggio. La circostanza emerge dall’ordinanza del gip a carico dell’assistente capo Andrea Pellegrini, che ricostruisce nel dettaglio anche le fasi successive all’irruzione dell’appartamento di via Gerolamo Aleandro. 

Va riconosciuto che nei giorni successivi all’emersione del caso il Dipartimento di pubblica sicurezza aveva disposto la rimozione immediata del dirigente e della vice dirigente del commissariato PrimavalleAndrea Sarnari (che si trovava in ferie nei giorni in cui è avvenuto l’episodio) e Laura Buia. Entrambi non risultano fra gli indagati.

Ma un altro episodio getta un’ulteriore ombra sul clima nel commissariato Primavalle. L’ispettore della Squadra mobile, sezione Criminalità organizzata, Daniele Centamori, ha riferito infatti che il 5 settembre nel corso delle indagini avviate dalla stessa polizia ebbe una conversazione telefonica con l’ispettrice superiore Roberta Passalia (non indagata) la quale poco prima lo aveva contattato via whatsapp e gli aveva chiesto di poterlo incontrare. Nella conversazione che ne nacque la Passalia chiese al Centamori se fosse a conoscenza di un intervento condotto circa un mese prima dagli agenti di Primavalle in cui un soggetto volò dalla finestra, raccomandandosi poi di far svolgere “bene bene le indagini perché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti“, indicandogli i nomi dell’ispettore capo Pellegrini e dell’agente Federico Ferrari.

Secondo Centamori, Passalia gli sottolineò anche l’insussistenza di valide ragioni che avessero potuto giustificare l’irruzione in quella abitazione. Passalia ha successivamente smentito questa versione, spiegando di aver solo formulato un invito a far bene le indagini come si fa da prassi, ma nel confronto tra i due disposto nel corso delle indagini l’ispettrice non è apparsa convincente. Tanto che in un messaggio di risposta, Centamori le consigliava di redigere un ordine di servizio dettagliato per evitare di essere coinvolta nelle inevitabili conseguenze del caso.

Quanto al dirigente del commissariato Andrea Sarnari, il 12 settembre trasmise una nota alla Squadra mobile in cui evidenziava che si erano presentatati spontaneamente da lui gli agenti Ferrari e Alessandro Sicuranza, i quali gli riferivano che appena entrati nell’abitazione di Omerovic, l’ispettore Pellegrini, lo aveva colpito con due schiaffi e che aveva sfondato la porta di una camera da letto. Senza riferire al resto dei comportamenti finiti nelle contestazioni all’assistente capo, i due sostenevano di aver provato a “sensibilizzare” il collega “a tenere un comportamento più consono al suo ruolo”, specificando di non aver riferito immediatamente questi fatti “per non danneggiare il superiore“. 

l’ispettore capo Andrea Pellegrini agli arresti domiciliari

Ad incastrare il poliziotto Ferrari sono state proprie le foto da lui scattate col cellulare nei vari momenti dell’irruzione dalle quale si evincono i segni sui polsi di Omerovic riconducibili secondo una perizia medica alla stretta col filo della lampada. Quelle foto Ferrari le aveva inviate anche alla vicedirigente Buia, sostenendo di averle scattate per attestare “la regolarità delle operazioni compiute“. Quegli stessi scatti sarebbero stati mostrati ad altri colleghi. E d’altra parte la fama dell’ispettore Pellegrini, “aduso a comportamenti aggressivi nelle sue attività di servizio”, era tale che lo stesso assistente capo se ne vantava dicendo in passato di “aver malmenato un pedofilo in occasione di un arresto” e di “svolgere lavori da investigatore privato al di fuori dell’ufficio, installando Gps e seguendo le persone“. Tutti racconti dai quali proprio il compagno di pattuglia Ferrari inizialmente si è sentito intimorito, salvo poi decidere di collaborare alle indagini.

Contestualmente alla misura cautelare sono stati notificati quattro avvisi di garanzia ai quattro poliziotti indagati, a vario titolo, di falso ideologico commesso da Pubblico Ufficiale in atti pubblici e depistaggio, e nei cui confronti sono in corso attività di perquisizione.

Le indagini sono state condotte tempestivamente dalla Squadra Mobile di Roma della Polizia di Stato sotto le costanti direttive del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Stefano Luciani della Procura della Repubblica di Roma.

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