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29 Aprile 2024 20:39
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Ucciso Lello Capriati nipote del boss di Bari vecchia

ALL'INTERNO AGGIORNAMENTO Lello Capriati era uscito da poco dal carcere dopo aver scontato una pena di 17 anni di detenzione per aver concorso nell'uccisione di Michele Fazio, il 15enne figlio di Pinucco Fazio che venne ucciso per errore il 12 luglio 2001 a Bari vecchia

E’ finita nel sangue la serata di Pasquetta a Bari, un omicidio di “peso” nella criminalità barese che potrebbe aprire una guerra per ritorsioni tra clan perché non è da escludere la pista che porta ad uno scontro con i rivali storici dei Capriati, il clan Strisciuglio. Ad essere rimasto “freddato” sul suolo poco dopo le 21, colpito da quattro colpi di pistola andati a segno (tre alla testa e uno alla spalla). è Raffaele “Lello” Capriati, 41 anni, figlio di Sabino e nipote di Tonino Capriati, “boss” storico del clan mafioso dominante a Bari vecchia che sta scontando l’ergastolo in regime di 41bis.

Lello Capriati era uscito il 21 agosto 2022 dal carcere dopo aver scontato una pena di 17 anni di detenzione per aver concorso nell’uccisione di Michele Fazio, il 15enne figlio di Pinucco Fazio che venne ucciso per errore il 12 luglio 2001 a Bari vecchia . Il suo ritorno in libertà era stato accolto a Bari Vecchia con festeggiamenti, fuochi d’artificio e video postati sui socialnetwork. Insieme alla moglie aveva aperto nella Città vecchia una attività di ristorazione , pubblicizzata sui social.

Il quindicenne Michele Fazio venne ucciso per errore durante una guerra tra clan rivali mentre rientrava a casa, nel cuore di Bari Vecchia, il 12 luglio 2001. Secondo l’accusa a sparare per errore al ragazzino fu Leonardo Ungredda (successivamente a suo volta rimasti ucciso in un agguato nel 2003).  Per il delitto di Michele Fazio vennero condannati anni anche gli altri componenti del commando, Raffaele ‘Lello’ Capriati (ucciso questa sera) e Francesco Annoscia, rispettivamente a 17 anni di reclusione e a 15 anni e 8 mesi di reclusione. 

La sparatoria è avvenuta in via Bari a Torre a Mare, borgo marinaro del litorale sud, alla estrema periferia della città in prossimità dall’incrocio che conduce verso Noicattaro ed anche verso la statale 16. Sul posto sono intervenuti, in seguito a segnalazione, gli agenti della polizia di Stato, con le Volanti e gli investigatori della Squadra Mobile  diretta da Filippo Portoghese . Sul posto è sopraggiunta anche un’ambulanza del 118 i cui operatori hanno prontamente soccorso l’uomo rimasto ferito, provvedendo a trasportarlo nell’immediato in codice rosso al pronto soccorso del Policlinico di Bari.

Raffaele “Lello” Capriati

Dalle prime frammentarie informazioni era trapelato che le condizioni di Capriati fossero molto gravi, ed infatti è morto poco dopo essere arrivato al pronto soccorso, dove è stato di fatto inutile l’intervento dei medici che hanno provato invano in tutti i modi a salvargli la vita.

Al momento è ignota la dinamica dell’omicidio, cioè se a sparare sia stata una singola persona, o se nell’agguato siano coinvolte diverse persone . Sono in corso accertamenti con rilievi in zona con l’ausilio degli agenti della scientifica ed indagini sull’accaduto da parte della Polizia e dei magistrati della Dda. Gli agenti hanno rinvenuto sull’asfalto la presenza di quattro bossoli , mentre nelle immediate vicinanze sono stati rilevati vetri in frantumi. 

 Il gruppo dei Capriati voleva vendicare la morte di Francesco Capriati, 24 anni, ucciso pochi giorni prima, il 29 giugno, un altro dei numerosi nipoti del «boss» Tonino.Tra i conti ancora in sospeso del clan Capriati c’è la morte di Domenico Capriati, detto Mimmo, (fratello di Lello), che venne assassinato il 21 novembre del 2018 mentre rientrava a casa a Japigia. 

Un omicidio che rischia seriamente di accedere uno scontro tra le famiglie mafiose baresi. Lello Capriati era appena stato scarcerato, possibile quindi che, tornato in libertà, abbia cercato di riprendere le redini della cosca e degli affari illeciti pestando i piedi a qualcuno. Era considerato dagli inquirenti il “reggente” assieme al padre Sabino della famiglia regnante a Bari Vecchia, e suo fratello Domenico era stato ammazzato nel 2018. Secondo quanto evidenziato da un dossier della DIA, la Direzione Investigativa antimafia, sul territorio barese operano 12 clan che si contendono il controllo degli affari illeciti. 

Nel Barese sono 4 le principali organizzazioni radicate sul territorio, cioè i clan Parisi-Palermiti, Capriati, Strisciuglio e Diomede/ex Mercante, ritenuti capaci di estendere i propri tentacoli dal capoluogo alla provincia, catalizzando forze di minore caratura che, “pur operando sotto la loro egida, sembrerebbero godere di una discreta autonomia“. Tra queste, si legge nella relazione, vi sarebbero i Misceo,  i Montani, i Fiore-Risoli, i Di Cosimo-Rafaschieri, i Lorusso e i Velluto. La Dia evidenziava nella sua ultima relazione al Parlamento il “progressivo declino” del clan Di Cosola dopo la “scelta del suo elemento di vertice di collaborare con la giustizia, nonché la conseguente diaspora dei sodali”, elemento “da considerare anche alla luce dei flebili tentativi di ricostituzione e di riconquista del controllo territoriale“.

Un cartello criminale, riconducibile al clan Capriati e Diomede-ex Mercante, gestirebbe gli affari illegali anche nelle zone di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo, presenze che “non escluderebbero tuttavia il radicamento, negli stessi territori, di altre strutture criminali“. Secondo quanto emerso dalle indagini di Polizia e Carabinieri, il “clan Capriati”, dopo aver gestito per lungo tempo il contrabbando di sigarette, successivamente ha assunto il controllo del traffico e dello spaccio di droga a Bari Vecchia e nel borgo cittadino. Alla metà degli anni Novanta scoppiò una sanguinosa guerra di mafia tra il clan Capriati e un gruppo emergente di scissionisti proprio a Bari vecchia, che portò alla conseguenza una catena di agguati compiuti con armi da guerra e provocò numerosi morti.

Il clan Capriati è una delle cosche storiche della criminalità organizzata barese il cui capo incontrastato è Antonio (Tonino) Capriati, condannato all’ergastolo per omicidio nel processo Dolmen con cui anni fa la magistratura fece luce sulle alleanze con la mafia del Nord-barese grazie anche alle rivelazioni del boss pentito Salvatore Annacondia. La pubblica accusa venne sostenuta in giudizio dall’attuale governatore della Puglia, Michele Emiliano, all’epoca sostituto procuratore antimafia della procura di Bari.

AGGIORNAMENTO del 02.04.2024

Le indagini della Dda di Bari affidate alla pm Grazia Errede e delegate alla Squadra Mobile della Questura di Bari diretta da Filippo Portoghese stanno ricostruendo in queste ore la dinamica dell’agguato mortale. Secondo una prima ricostruzione Lello Capriati sarebbe stato in auto con una donna quando gli si sarebbe affiancata una moto, da cui qualcuno ha sparato più volte con una pistola automatica. L’allarme è stato dato al 118 e non alla Polizia, che è stata avvertita dal personale del servizio di pronto soccorso che ha trasportato l’uomo al Policlinico di Bari dove però è arrivato in fin di vita decedendo subito dopo. La Polizia quando è arrivata a Torre a Mare sul posto dell’ agguato, non ha trovato la macchina condotta dal Capriati, che era sparita lasciando unica traccia del veicolo i vetri ritrovati dalla Scientifica assieme ai bossoli esplosi sull’asfalto . Nella notte parenti e amici si sono riversati presso il Policlinico di Bari, dove ci sono stati momenti di forte tensione sedati dalla presenza delle forze dell’ ordine. Secondo gli inquirenti della Dda di Bari Lello Capriati dopo la sua scarcerazione aveva preso il posto del fratello Mimmo nella gestione degli affari di famiglia da Bari Vecchia.

I socialnetwork sono stati inondati dai commenti di parenti ed amici del Capriati. I primi a manifestare il proprio “amore infinito” a Lello Capriati sono stati i suoi figli Sabino e Christian, quest’ultimo nato mentre il padre era detenuto in carcere il quale ha scritto “E’ un anno e mezzo che ci stavamo conoscendo, non ce la faccio neanche a pensare che non ti rivedrò mai più”. Anche suo fratello Sabino (che porta il nome del nonno, capostipite della famiglia) ha ricordato suo padre definendolo “il mio pilastro”, aggiungendo “senza te nulla ha più senso, tutto, i nostri sogni, i nostri progetti svaniti in così poco tempo”.

Anche la nipote Loreta Capriati, figlia del fratello di Lello, Domenico (Mimmo) anch’egli morto in un agguato nel novembre 2018 a Japigia dove era andato a vivere lasciando Bari Vecchia, ha espresso su Instagram il suo dolore: “Hai fatto di tutto per non farmi mai sentire la mancanza del nonno ai miei figli . Hai fatto di tutto per non farmi sentire la mancanza di mio papà. Mo che mi hai lasciata pure tu…Me lo avevi promesso che non mi abbandonavi e mo come faccio io…”.

Il Sindaco di Bari Antonio Decaro è intervenuto sull’omicidio del Capriati:, sollecitando un immediato intervento per bloccare le prevedibili faide fra clan mafiosi: “Quello che è accaduto ieri sera per le strade di Bari è un fatto gravissimo, per le modalità con cui l’agguato si è consumato, per il fatto che la vittima è un esponente di spicco del clan Capriati e per le conseguenze che questo può generare. Per questo, sin dalle prime ore di questa mattina, sono in contatto con il Prefetto e il Questore per chiedere la massima attenzione da parte di tutti“.

La città non può vivere nel terrore dell’attesa di un regolamento di conti tra clan – ha aggiunto il primo cittadino – È importante agire subito per bloccare qualsiasi potenziale recrudescenza. Ringrazio il Prefetto che a stretto giro ha convocato per giovedì il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica

Il questore di Bari ha immediatamente disposto un innalzamento del livello di attenzione su tutto il territorio della città metropolitana, in quanto sono prevedibili temono all’omicidio del Capriati.

AGGIORNAMENTO del 03.04.2024

Incredibilmente Pinuccio e Lella Fazio i genitori del povero Michele Fazio, attraverso un comunicato stampa chiedono a tutti i giornalisti e conoscenti di:
“-non effettuare telefonate;
-non inviare messaggi o chat sui social network;
-non recarsi presso le abitazioni di famiglia e la sede della Associazione Culturale “Michele Fazio”;
-non essere citati in articoli di giornale, filmati, post e tag;
-non pubblicare fotografie, video, contenuti multimediali e/o informazioni riguardanti nostro figlio Michele Fazio e altri componenti della famiglia;
-non contattare i collaboratori della Associazione precedentemente menzionata.
Non siamo intenzionati a rilasciare dichiarazioni ed interviste
“.

Ma se uno fa un comunicato stampa, come fa poi a chiedere il silenzio stampa. Sbagliando ! La gente deve ricordare e sapere.

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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Grazie, Antonello de Gennaro

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