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29 Marzo 2024 00:26
29 Marzo 2024 00:26

Tragedia di Rigopiano: “fu una dirigente della Prefettura ad ignorare lʼallarme dell’ albergo”

I Carabinieri hanno identificato la donna che rispose alla chiamata di Quintino Marcella, bollando la sua richiesta di aiuto dopo la slavina come una bufala.

Quella voce femminile  che nel tardo pomeriggio di mercoledì rispose alla chiamata di  Marcella Quintino con l’l’allarme sulla slavina all’hotel Rigopiano, arrivata tramite il 113, e ritenuta come una “bufala”  , sarebbe stata una dirigente di turno della Prefettura di Pescara . A identificarla sono stati i militari dell’ Arma.Il prefetto di Pescara, Francesco Provolo ha dichiarato  “Se sono stati commessi errori, saranno corretti. Se c’è altro, si vedrà: ognuno si assumerà le proprie responsabilità“.

Marcella fu la prima persona a lanciare l’allarme su quanto stava accadendo a Farindola. A informarla era stato l’amico, sopravvissuto alla strage, Giampiero Parete, e  anche lui  chiamò subito il 113. La richiesta di soccorso venne transitata dall’operatore (un altro genio…)  della sala operativa del 113 della Questura di Pescara  alla prefettura di Pescara, ma qui, incredibilmente, la risposta fu molto evasiva ed incredibilmente falsa: “Ancora questa storia? Abbiamo sentito l’albergo, hanno smentito“.

Secondo quella voce femminile che rispose dalla Prefettura quindi sarebbe stata tutta una “bufala” . Una voce che  oggi ha un nome, quello di una dirigente della prefettura, una professionista preparata per gestire un’emergenza come quella dell’Hotel Rigopiano e che adesso dovrà fornire spiegazioni sul suo comportamento. “Oltre alla telefonata in questione, sulla quale per correttezza non faccio commenti a indagine in corso – racconta il prefetto Provolo – quel pomeriggio altre segnalazioni sul crollo di un albergo a Rigopiano sono state rimbalzate alla nostra sala operativa dal 118 e da altri centralini del soccorso pubblico. L’intervento, insomma, si è attivato rapidamente“. Ma non dice dopo quante ore si sono attivati i soccorsi. Lo accerterà l’inchiesta della Procura.

Per ricostruire il flusso delle richieste di aiuto da Farindola e la risposta della macchina dei soccorsi sarà fondamentale e decisiva anche l’analisi dei cellulari dei clienti dell’albergo. Tra i primi arrivati nelle mani degli investigatori c’è quello di Sebastiano Di Carlo, che mando un messaggio alla sorella chiedendo aiuto. Quei dati ora insieme ai tabulati degli altri telefoni,  contribuiranno a chiarire il quadro per capire se davvero ci fu un ritardo nelle operazioni di soccorso. E ci auguriamo che chi ha sbagliato paghi. E che sia reso noto il suo nome, cognome e la sua faccia. Al momento le ipotesi di reato per cui si procede contro ignoti, sono quelli omicidio plurimo colposo e disastro colposo.

Ma è stato accertato anche dell’ altro. E cioè  che la turbina finita nel mirino degli investigatori era rotta dal 6 gennaio scorso. Il mezzo in realtà è un Unimog. Ieri i magistrati  titolari dell’inchiesta, il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e il pm Andrea Papalia della procura di Pescara accompagnati dai Carabinieri che svolgono le indagini delegate, hanno effettuato un sopralluogo tecnico sul posto della tragedia. Sono state fatte foto e filmati. Al vaglio della procura anche  l’ipotesi se lo sfruttamento boschivo della zona possa aver inciso sulla potenza della valanga. Sempre oggi, i Carabinieri Forestali hanno ascoltato quattro persone in qualità di persone informate sui fatti. In particolare, l’audizione ha riguardato il “Piano neve” della Provincia di Pescara, che è stato acquisito ieri dai militari dell’ Arma. “Io penso che, entro una settimana, saremo in grado ragionevolmente di fare un primo punto sulle indagini“, dice il procuratore aggiunto di Pescara,annunciando che entro fine gennaio, insieme all’altro magistrato che si occupata delle tragedia di Rogopiano, il sostituto procuratore Papalia, tireranno le somme, benché parziali, sul materiale raccolto in questi giorni. Diversi faldoni con testimonianze, licenze edilizie dell’albergo, rilievi cartografici, fotografie dei luoghi, tabulati telefonici, piano neve e bollettini meteo. Poi c’è l’aspetto che riguarda la possibile sottovalutazione dell’allarme.

 

Acquisiti anche i bollettini Meteomont il  servizio nazionale di prevenzione neve e valanghe che erano stati puntualmente  trasmessi alla Prefettura di Pescara che indicavano il livello 4 su una scala di 5 nella zona del Gran Sasso.

In questo quadro investigativo sono emerse alcune mail inviate dall’amministratore unico dell’hotel Rigopiano, Bruno Di Tommaso, e ricevute dal Presidente della Provincia di Pescara attraverso la Polizia Provinciale, mercoledì 18 gennaio alle ore 15:44, prima del disastro: “Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla Ss42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro”, aveva scritto la direzione dell’albergo, come ha documentato e scritto  il quotidiano abruzzese il Centro.

Secondo quanto risulterebbe  la Provincia di Pescara era a conoscenza dei problemi di Rigopiano già dalle 7 del mattino venendo stata informata del fatto che per raggiungere l’ Hotel Rigopiano era necessaria una turbina. “A Rigopiano non si va”, viene riferito da un dirigente nella Sala Operativa. Gli spazzaneve erano al lavoro dalle 3,00 e si erano dovuti fermare ad un bivio che porta all’hotel. A questo punto scatta la ricerca di una turbina. Una si trovava proprio vicino a Farindola. Per tutta la mattina e il pomeriggio del 18 gennaio, come racconta il quotidiano La Repubblica, ha viaggiato tra i comuni di Penne e Guardiagrele, triturando migliaia di tonnellate di neve. Ma nessuno l’ha inviata in tempo su Farindola. E quando è stata rintracciata probabilmente è  stato troppo tardi. E qualcuno ci ha rimesso la vita.

L’ora della slavina. Finora è stato è sostenuto che l’orario della slavina era le 17.40. Ma gli investigatori dei Carabinieri Forestali, dopo le prime testimonianze, ritengono però di poterla anticipare tra le 16.30 e le 17. Quale che sia il momento esatto, l’albergo isolato inizialmente non è avvertito dalle autorità come un’emergenza. In quel momento una vasta area alle pendici del Gran Sasso si trova senza luce e con le strade bloccate, e a Villa Celiera ci sono due anziani intossicati dal monossido di carbonio. Nel frattempo la sorella di Roberto Del Rosso, il proprietario dell’hotel, si reca nel palazzo della Prefettura di Pescara, dove si coordinano i soccorsi, per chiedere informazioni sullo sgombero della provinciale. Ma non accade nulla: la Prefettura di Pescara lascia la turbina a lavorare lungo la statale 81.

Il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco sostiene di aver visto materialmente la mail dell’hotel Rigopiano delle 14.00 (come ha fatto non si sa…. avendo ricevuto la comunicazione alle 15:44) nelle quali si chiedeva l’intervento ‘pesantè per liberare i clienti, il giorno dopo, 19 gennaio. “Nessuno l’ha sottovalutata per il semplice motivo che io alle 14,00 avevo incontrato la sorella dei proprietari e avevo dato loro rassicurazioni che entro la serata sarebbe andata una turbina a liberare la strada. Era superata – dice Di MarcoMa ai fini dell’emergenza io alle 13,30 avevo già spedito la lettera al Governo nella quale richiedevo aiuto e mezzi per liberare anche quelle zone. Per me è una mail ininfluente: non ci siamo mai fermati. Quanto alla turbina dell’ Anas di Penne, quella che poi ha materialmente liberato la strada di Rigopiano nella notte, nel pomeriggio non era ferma ma stava ripulendo la ss 81 che è di competenza dell’ Anas, così come la seconda turbina Anas in quelle ore era a Villa Celiera per salvare anziani intossicati dal monossido di carbonio”, sostiene il presidente della provincia. E qui inizia il solito “valzer” dello scambio di responsabilità della maledetta burocrazia italiana.

Il lavoro incessante dei soccorritori. I vigili del fuoco che hanno salvato i quattro bambini tirandoli fuori dalle macerie, spinti dall’euforia, hanno continuato ad operare all’Hotel Rigopiano per tutta la giornata di ieri, rifiutandosi di scendere alla fine del loro turno. “Certe volte è così, e anzi bisogna dire loro di fermarsi e riposare – spiegano i soccorritori – d’altra parte, però, si tratta di squadre che ormai hanno familiarità con l’ambiente in cui operare, che è un vantaggio rispetto ad altri”. Diversi vigili hanno perciò dormito vicino all’hotel Rigopiano, in tende igloo. Le vie di comunicazioni verso l’albergo sono difficili: tra ieri e oggi pochi elicotteri hanno potuto volare, e anche i mezzi che trasportano cibo e materiale per i soccorritori sono rallentati dalle condizioni della strada, dove si procede a senso unico alternato.

C’è una sesta vittima, si tratta di un uomo, ritrovata sotto le macerie dell’hotel Rigopiano. All’inizio si pensava che si trattasse di Faye Dame, 22enne senegalese che lavorava come lavapiatti nella struttura, ma in seguito la notizia è stata smentita. I dispersi sono 23, mentre prosegue il lavoro dei soccorritori, e non si perdono le speranze di trovare qualcuno ancora in vita. Per gli uomini impegnati nelle ricerche il fatto che non si sentano voci non vuol dire che qualcuno degli occupanti dell’albergo non sia riuscito a salvarsi. “Abbiamo speranze di trovare persone vive“, ha dichiarato ieri pomeriggio  Luca Cari, responsabile comunicazione dei Vigili del Fuoco.

Ricerche su due fronti. Le ricerche procedono su due fronti: da un lato i vigili del fuoco avanzano all’interno della struttura lungo il percorso che ha consentito il ritrovamento dei 9 superstiti, ma le difficoltà consistono nella necessità di aprire varchi attraverso murature molto spesse per accedere ai locali successivi. Parallelamente stanno operando sul fronte nevoso esterno per consentire l’apertura di ulteriori varchi sul lato opposto della struttura, per raggiungere i locali e ispezionarli più rapidamente.

Radar antivalanghe e sonde a vapore. È un ‘radar doppler’ il sistema di monitoraggio che da sabato controlla i movimenti sulla montagna intorno all’hotel per proteggere i soccorritori. Se una massa di neve o roccia dovesse muoversi, scatterebbero una sirena e un segnale luminoso e avrebbero un minuto di tempo per allontanarsi. Da oggi vengono impiegate entrambe le sonde a vapore caldo inviate dai Vigili del fuoco dell’Alto Adige: riescono a inserirsi tempestivamente nelle masse di neve e di ghiaccio, nel foto viene calata una telecamera per individuare il tipo di ostacolo.

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