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27 Aprile 2024 04:33
27 Aprile 2024 04:33

Milan campione d’Italia e scudetto numero 19 sul petto

Una vittoria dell'allenatore Pioli non suscita suggestioni da fenomeno ma è un maestro nell'antica arte di costruire un gruppo. Gli è riuscito nella drammatica tempesta di Firenze, lo ha fatto benissimo nel Milan dei giovani e del vecchio totem: Ibra e i ragazzini non hanno mai avuto crisi di asincronia. Pioli sa controllarsi e litiga poco, pur essendo un finto tranquillo, ed è un esempio sui campi di calcio.
di Alessia Di Bella

Alle 19.56 di domenica sulla via Emilia, il Milan sconfiggendo il Sassuolo ha vinto il suo diciannovesimo scudetto dopo undici anni di digiuno, di delusioni, condizionato dal timore di non essere più in grado di riuscire a tornare alla sua storia piena di vittorie in Italia ed all’ estero: ma Maldini, Pioli e la sua squadra sono entrati nella storia rossonera.

L’allenatore rossonero al fischio finale dell’arbitro Doveri, si è messo a correre e saltare a 56 anni suonati come un ragazzino che ha conquistato il suo primo trofeo. Tutti intorno a lui si abbracciano, piangono, ridono: dai magazzinieri ai massaggiatori, tutta la rosa della squadra in un delirio generale in uno stadio praticamente rossonero, anche nel settore teoricamente riservato ai fedelissimi del Sassuolo, che almeno sfruttano l’occasione per salutare gli ormai ex neroverdi Peluso e Magnanelli.

In tribuna a godersi la conquista dello scudetto n° 19 tutta la famiglia Singer (Gordon e il padre Paul, fondatore del fondo Elliott), oltre 100 Paesi collegati televisivamente . Un tocco internazionale di un caldissimo pomeriggio emiliano, in un felice mix tra l’azionariato esterofilo del Milan e la regione in cui è cresciuto il suo allenatore Pioli che abbraccia lungamente a sé tutti i giocatori che richiama in panchina prima della fine, in special modo Tomori. Dopo Pioli si lascia coinvolgere, facendo festa con il popolo rossonero che ha letteralmente invaso lo stadio di Reggio Emilia.

Pioli non suscita suggestioni da fenomeno ma è un maestro nell’antica arte di costruire un gruppo. Gli è riuscito nella drammatica tempesta di Firenze, lo ha fatto benissimo nel Milan dei giovani e del vecchio totem: Ibra e i ragazzini non hanno mai avuto crisi di asincronia. Pioli sa controllarsi e litiga poco, pur essendo un finto tranquillo, ed è un esempio sui campi di calcio. Dopo il clamoroso errore dell’arbitro Serra contro lo Spezia che costò tre punti ai rossoneri, Pioli andò a consolare il malcapitato arbitro, dichiarando ai microfoni delle tv e dei giornali “Noi abbiamo sbagliato più di lui, altrimenti avremmo vinto“.

Soltanto a cinque minuti dalla fine i milanisti hanno cantato ciò che per scaramanzia non si deve cantare (“I campioni dell’Italia siamo noi“), campioni, come undici anni fa, all’Olimpico. E Ibra c’era anche lì. mentre gli ultimi scampoli di partita sono trascorsi nel tentativo di far segnare un gol a Ibra, che al 78′ ci sarebbe anche riuscito, di testa, se Leao non fosse partito in fuorigioco per andare a confezionare il suo quarto assist. Alle 19.56 l’arbitro Doveri ha fischiato la fine, la gente s’è rovesciata in campo e ha inghiottito in un abbraccio collettivo i giocatori, rendendo la festa un scambio di abbracci, sudore, felicità. Il Milan è campione d’ Italia. E chi vince ha sempre ragione.

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