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19 Aprile 2024 18:40
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La Mafia voleva punire anche l’ex ministro Baccini per conto di una nobildonna romana. Arrestati Guttadauro e suo figlio

Eseguita dai Carabinieri del ROS misura cautelare a carico di Giuseppe Guttadauro e di suo figlio Mario Carlo Guttadauro per associazione di tipo mafioso. Ad entrambi viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa Nostra di Palermo - Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio - Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate - Bagheria.

I Carabinieri del ROS, con il supporto dei colleghi del Comando Provinciale di Palermo e dello Squadrone Cacciatori Sicilia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo dott.ssa Claudia Rosini nei confronti di Giuseppe Guttadauro 73 anni inteso “il dottore”, per la sua precedente attività aiuto primario alla Chirurgia del Civico di Palermo negli anni Ottanta, con un piede nella politica e l’altro nella mafia, e del figlio Mario Carlo Guttadauro, entrambi indagati per i delitti di associazione di tipo mafioso. Il padre nonostante la precedente detenzione per dieci anni al 41 bis, è stato posto gli arresti domiciliari, mentre il figlio Giuseppe grazie ai “trojan” inseriti dai Carabinieri del Ros nei cellulari dei due, hanno anche ricostruito le minacce di padre e figlio per la soluzione di un contenzioso da 16 milioni di euro,  è stato tradotto in carcere. Ad entrambi viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa Nostra di Palermo – Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio – Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate – Bagheria.

Nel medesimo contesto risultano indagati, ma non destinatari di misure cautelari, altri soggetti palermitani di cui tre ritenuti essere affiliati alla “famiglia” mafiosa di Palermo – Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, di lesioni aggravate. Le indagini coordinate dalla D.D.A. della  Procura della Repubblica di Palermo, hanno documentato le attività poste in essere da Giuseppe Guttadauro, già tratto in arresto lo scorso 22/05/2002 nell’operazione “GHIACCIO” e fratello di Filippo Guttadauro, quest’ultimo cognato del latitante Matteo Messina Denaro.

Dalle investigazioni della D.D.A. palermitana è emerso che Giuseppe Guttadauro, trasferitosi a Roma dopo la scarcerazione avvenuta il 2 marzo 2012, avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa di riferimento anche attraverso suo figlio Mario Carlo il quale ne avrebbe mediato le interlocuzioni con gli altri indagati attivi a Palermo. Nell’alveo delle dinamiche associative, nel corso della indagine è stato tra le altre cose documentato l’intervento di Giuseppe Guttadauro che ha incaricato dell’esecuzione suo figlio Mario Carlo per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo in ordine all’esecuzione di lavori che dovevano essere realizzati presso una importante struttura industriale sita nella zona di Brancaccio.

 

Le intercettazioni hanno inoltre rivelato le aspre critiche mosse dal “dottore” alle nuove generazioni di mafiosi, innescate dalla notizia della collaborazione con la giustizia di Francesco Colletti e la sua preoccupazione per le dichiarazioni di Filippo Bisconti, nonché l’esigenza, rappresentata apertamente al figlio, di “evolversi” pur rimanendo ancorati ai principi di cosa nostra.

Il quadro indiziario ha evidenziato come Giuseppe Guttadauro fosse pure intervenuto per regolare l’attività di traffico di stupefacenti condotta da un pregiudicato bagherese ed i rapporti di quest’ultimo con i vertici pro-tempore della famiglia mafiosa di Bagheria. Inoltre, avrebbe progettato un traffico di stupefacenti con l’estero, finanziato dai sodali palermitani, avvalendosi di un soggetto albanese per reperire hashish e prevedendo, contestualmente, un canale per l’approvvigionamento di cocaina dal Sud America.

In tale attività avrebbe avuto un ruolo anche un assistente di volo, in documentati rapporti con Giuseppe Guttadauro, che avrebbe dovuto trasportare 300 mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda. Altro particolare emerso dalle investigazioni è stata la “considerazione” goduta in determinati ambienti della Capitale dal Guttadauro al quale sarebbe stato richiesto di intervenire a sostegno di una facoltosa nobildonna romana, Beatrice Sciarra moglie del chirurgo Giuseppe Mennini,  già docente dell’Università “La Sapienza” di Roma – dietro la promessa di un lauto compenso per la soluzione di un contenzioso  dell’ammontare di 16 milioni di euro che una donna romana aveva contro una filiale romana dell’Unicredit.

Giuseppe Guttadauro puntava ad ottenere una ricompensa del 5 per cento sulla prima tranche da 8 milioni dalla Sciarra. Nei numerosi continui colloqui finalizzati a sbloccare quei fondi Guttadauro  coinvolgeva il commercialista romano Giovanni Armacolas e l’assistente di volo dell’Alitalia Adriano Burgio, il quale secondo le accuse della procura palermitana condivise dalla Gip di Palermo Claudia Rosinifungeva da mediatore con i dirigenti bancari“.

I Guttadauro erano pronti ad eliminare ogni ostacolo anche quando nella contesa finanziaria saltava fuori il nome dell’ex deputato e senatore Udc Mario Baccini ministro della Funzione pubblica fra il 2004 e il 2006 nel governo Berlusconi, poi fondatore del “Comitato nazionale per il microcredito“, istituto chiuso durante la permanenza di Mario Monti a Palazzo Chigi e successivamente riaperto.  Guttadauro in quanto vecchia conoscenza dell’antimafia non era persona che si faceva tanti scrupoli: “Se poi a Baccini gli si devono rompere le corna per davvero, gliele rompiamo“. Giuseppe Guttadauro, ignaro delle intercettazioni, era consapevole di non potersi esporre personalmente: “Non ci posso andare io a rompergli le corna. Giusto? A me mi conoscono, ci deve andare uno che nemmeno conoscono perché se mi fanno una fotografia, mi conosce mezzo mondo…”.

Giuseppe Guttadauro contava su una rete di complici dalle molteplici conoscenze come il suo amico assistente di volo, Adriano Burgio, gli aveva garantito di aver ricevuto la telefonata “di quello della Camera dei deputati… è importantissimo“. Così la “cricca” romana sperava poter esercitare pressioni su Unicredit, per agevolare la signora SciarraBurgio sembrava essere molto legato a Guttadauro: “Poi ti faccio pure le delega a tuo figlio per prendere i soldi” mentre parlavano di alcuni conti correnti in Albania. Guttadauro voleva trasferire all’estero alcuni patrimoni , ma precisava “Non mi devi fare niente per ora ti ho chiesto solo se abbiamo la possibilità“. Burgio era il nuovo contatto di Guttadauro con la politica: “Questo Armacolas è un professionista – diceva  il “boss”, mentre sorseggiava un caffè al bar, e intanto il suo telefonino continuava a fare da microspia – “digli all’amico tuo se se lo mette nella lista e vediamo di farlo eleggere…. E abbiamo un altro là“. Burgio esponeva qualche problema perché le liste erano state già presentate, e si lamentava pure di difficoltà per l’ottenimento di finanziamenti regionali. Guttadauro gli rispose: “Se fossimo stati a Palermo ti direi: che ti serve? E te li farei portare a casa“.

La questione Sciarra stava molto a cuore al boss palermitano “romanizzato”: “La signora si sente minacciata dall’ Unicredit” aggiungeva ancora Guttadauro all’amico assistente di volo. E spiegava il vero motivo del suo interessamento: “Non mi interessa la pubblicità… film… non mi interessa niente… io dopo 23 anni di carcere di cui gli ultimi 10 al 41 bis, a me non interessa fare la prima donna… ma per qualche soldo”. E spiegava le sue ragioni di stare molto attento: “Io ho il parente del mio parente il più importante latitante che c’è… il secondo nel mondo… (il superlatitante Matteo Messina Denaro n.d.r.)  più importante che c’è in Italia… ma tu perché pensi che mi stanno appresso? Per me?“. 

Il “dottore” Guttadauro fungeva da mediatore della Sciarra con l’Unicredit, ignaro di essere intercettato dai Carabinieri del Ros grazie al trojan inoculato nel suo telefonino. “Gli andiamo a dire a tre personaggi che devono finirla e poi facciamo discorsi? – diceva Giuseppe Guttadauro al commercialista ArmacolasAbbiamo altre cose più importanti per le mani, è giusto?”. Il boss mafioso sollecitava il commercialista a fissare un incontro con un avvocato dell’ufficio legale di Unicredit: “Quando avrai l’incontro me lo fai sapere, e io l’ho farò sapere a chi è che poi…”.  

Guttadauro non avrebbe esitato a prospettare, in caso di esito infruttuoso del proprio intervento, di passare alle vie di fatto, incaricando qualcuno di malmenare i soggetti che riteneva stessero ostacolando la soluzione della vicenda. Sono state, infine, ricostruite le motivazioni di un pestaggio, che altri due indagati – su ordine di Mario Carlo Guttadauro– avrebbero portato a termine il 25 ottobre 2016 nei confronti di un giovane palermitano, reo di aver accusato il giovane Guttadauro di condotte disdicevoli.

I movimenti del “dottore” sono sempre stati seguiti e controllati dai Carabinieri del Ros con la stessa costante attenzione dedicata al fratello, Filippo Guttadauro, anche quale cognato dell’imprendibile super latitante. Un monitoraggio che ha confermato come il “boss” mafioso coltivava, come è emerso nell’ultima inchiesta, nuovi loschi traffici a Roma, senza mollare i rapporti con la roccaforte operativa del clan operante nel quartiere Brancaccio di Palermo.  

 

 

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