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7 Novembre 2024 20:12

IL CSM CONTRO LA PROCURA GENERALE DELLA CASSAZIONE SUL CASO AMARA. IL PM PAOLO STORARI RESTA A MILANO

Secondo la commissione disciplinare non c'è stato un "comportamento gravemente scorretto" da parte di Storari nei confronti Greco e dell’aggiunto Laura Pedio e nessuna accusa nei loro confronti di "inerzia investigativa".

di REDAZIONE POLITICA

Il Csm ha rigettato la richiesta del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi di trasferimento cautelare d’urgenza e di cambio di funzioni per il magistrato Paolo Storari che invece resta come pubblico ministero a Milano, nell’ambito del caso dei verbali dell’avvocato Amara sulla presunta esistenza di una associazione segreta denominata “Loggia Ungheria“. Storari era stato audito nella giornata di ieri per due ore davanti al Csm dove era arrivato insieme al suo legale Paolo Della Sala. Il magistrato milanese si è difeso davanti ai giudici chiamati ad esprimersi sulla presunta incompatibilità ambientale e sul suo trasferimento.

il pm Paolo Storari della Procura di Milano

Poi, dopo la camera di consiglio è arrivata la decisione. Nessun “comportamento gravemente scorretto” da parte di Storari nei confronti del Procuratore Francesco Greco e dell’aggiunto Laura Pedio e nessuna accusa nei loro confronti di “inerzia investigativa”. Semmai  nei colloqui con Piercamillo Davigo, il pm milanese ha espresso una “preoccupazione (…) sulle modalità di gestione del procedimento” relativo ai verbali Piero Amarain presenza di una chiara divergenza di vedute”, scrive il Csm. “Siamo molto soddisfatti”, commenta a caldo l’avvocato della Seta difensore di Storari. “La funzione di garanzia delle istituzioni ha dimostrato la sua solidità e la sua tenuta e questo è molto confortante”.

I sei giudici disciplinari del Csm hanno escluso che esistano esigenze cautelari in relazione ai tre illeciti disciplinari contestati a Storari, il quale sul versante penale è anche indagato a Brescia (insieme a Davigo) per rivelazione di segreto d’ufficio, anticipando e di fatto condizionando l’operato e le eventuali decisioni della Procura bresciana.

Questi gli illeciti disciplinari contestati dalla Procura generale della Cassazione

La PRIMA contestazione consisteva nella “informale e irrituale”consegna da Storari a Davigo di copie non firmate di verbali di un delicatissimo procedimento “su una supposta associazione segreta di cui avrebbero fatto parte anche due consiglieri Csm” consegna avvenuta “a insaputa del procuratore di Milano“, e fatta “a un singolo consigliere del Csm” avesse violato le modalità formali (consegna in plico riservato al Comitato di presidenza del Csm) ricavabili da due circolari Csm del 1994 il 1995, ribadite dalla risposta che nel settembre 2020 il Csm diede a un quesito posto nel 2016.

La seconda “grave scorrettezza” di Storari, era stata quella nei confronti del suo procuratore Francesco Greco, la cui relazione del 7 maggio (che non gli ha evitato di finire pure indagato a Brescia per omissione d’atto d’ufficio) lamentava che Storari non avesse “formalizzato alcun dissenso sulle presunte lentezze o manchevolezze dell’indagine” secondo quanto proposto nell’imputazione dal pg di Cassazione Salvi , rappresentato in udienza dal suo sostituto pg Marco Dall’Olio, e che solo successivamente avesse richiesto per iscritto che si svolgessero ulteriori attività di indagine e si procedesse all’iscrizione nel registro degli indagati.

Storari nell’udienza dinnanzi alla Disciplinare del Csm, ha provato a spiegare di aver voluto reagire a quattro mesi di solleciti a voce alla contitolare procuratore aggiunto Laura Pedio, al procuratore capo Francesco Greco e all’altro aggiunto Fabio De Pasquale; e di non aver quindi potuto “ritualmente prospettarli” proprio ai suoi capi.

Il Csm non ha sposato con la sua decisione la tesi accusatoria di uno Storari che con il suo comportamento avrebbe gettato “discredito” su Greco e Pedio, secondo il procuratore generale Salvinon messi anticipatamente al corrente di un effettivo e formalizzato dissenso sulla conduzione dell’indagini”, e quindi esposti a “una sotterranea campagna di discredito oggettivamente posta in essere da Storari, per giunta all’interno del Csm“.

La TERZA contestazione della Procura Generale della Cassazione partiva dal fatto che nell’ottobre 2020 Antonio Massari giornalista del Fatto Quotidiano, si fosse recato in Procura ad avvisare i magistrati di avere ricevuto in forma anonima apparenti verbali segreti di Amara (quelli che solo di recente la Procura di Roma accuserà la segretaria di Davigo al Csm di aver spedito): per questa imputazione Storari ha spiegato al Csm per quali ragioni non collegò i verbali anonimi con i verbali che aveva dato mesi prima a a Davigo (circostanza non palesata in quel momento ai capi).

Il procuratore generale Salvi valorizzava l’accusa mossa a Storari dal procuratore aggiunto Laura Pedio nella relazione del 6 maggio scorso: cioè il fatto che la Pedio, dopo aver concordato con lui nel gennaio 2021 di esplorare la pista investigativa sulla fuoriuscita dei verbali su carta o su computer attraverso un incarico a un perito informatico, “abbia poi accertato che solo l’8 marzoStorari aveva conferito l’incarico al perito riguardo alla natura delle copie spedite al giornalista, e invece ancora nessun incarico sui computer della Procura.

Un comportamento, quello di Storari, che prima Greco e Pedio nelle loro relazioni, e successivamente il procuratore generale della Cassazione Salvi nell’imputazione, hanno qualificato di rallentamentoe “ostruzionismo” delle indagini. Ma Storari deve avere opposto al Csm dei dati di fatto contrastanti a questa ricostruzione, evidentemente tali da aver convinto la Sezione Disciplinare, composta — dopo le astensioni del vicepresidente Csm David Ermini e degli altri consiglieri Csm ai quali Davigo mostrò o parlò dei verbali di Amara ricevuti da Storari , dal componente laico (eletto dal Parlamento) espresso dalla Lega, Emanuele Basile, presidente del collegio, dall’altro membro di nomina parlamentare, il relatore Filippo Donati (5Stelle), e dai togati (cioè eletti invece dai magistrati) Giuseppe D’Amato e Paola Braggion (entrambi di Magistratura Indipendente), Giovanni Zaccaro (Area), Carmelo Celentano (Unicost) .

Sotto il profilo penale Storari resta indagato a Brescia per rivelazione di segreto nella consegna dei verbali di Amara a Davigo, mentre Greco a Brescia è indagato per l’ipotesi di omissione d’atto d’ufficio nelle ritardate iscrizioni delle notizie di reato scaturenti dai verbali di Amara.

Il Csm in relazione nei colloqui con Piercamillo Davigo, ha espresso una “preoccupazione (…) sulle modalità di gestione del procedimento” relativo ai verbali Piero Amarain presenza di una chiara divergenza di vedute”. La sezione disciplinare ritiene che la consistenza degli indizi sottoposti con la richiesta “non conduca a un giudizio prognostico di sussistenza dell’illecito”. La situazione che si è determinata “non è sintomatica di una situazione che possa pregiudicare la buona amministrazione della giustizia” né “si riverbera sull’esercizio delle funzioni specifiche”.

Adesso, con Storari non cacciato da Milano in via cautelare come auspicava il suo procuratore Greco intervenuto con una lettera aperta ai pm milanesi alla vigilia dell’udienza disciplinare al Csm contro Storari, proseguirà per lui comunque il procedimento disciplinare ordinario, al termine del quale potrà essere o prosciolto o sanzionato secondo varie gradazioni (dall’ammonimento alla censura, dalla perdita di anzianità alla radiazione).

Nel frattempo procede l’inchiesta parallela della Procura di Brescia, che indaga sul procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e sul pm Sergio Spadaro per l’ipotesi di rifiuto d’atto d’ufficio, nel presupposto che questi due pm, titolari del processo per corruzione internazionale Eni-Nigeria succesivamente conclusosi il 17 marzo scorso con la assoluzione di tutti gli imputati, non abbiano messo a disposizione del Tribunale talune prove: proprio quelle che, scoperte da Storari proprio in un fascicolo parallelo con Pedio, e da lui segnalate ai colleghi e ai capi della Procura tra fine 2020 e inizio 2021, che mettevano in dubbio l’attendibilità dell’accusatore di Eni, il coimputato/dichiarante Vincenzo Armanna, su cui la Procura di Greco aveva investito (nel processo istruito da De Pasquale e Spadaro) e ancora stava investendo (nell’indagine di Pedio e Storari in corso da quattro anni sul depistaggio giudiziario Eni).

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