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19 Marzo 2024 06:01
19 Marzo 2024 06:01

I FENOMENI MAFIOSI OPERANTI A TARANTO E LA SUA PROVINCIA

La sofferenza economica e segnate dalle criticità occupazionali e ambientali connesse con le vicende dello stabilimento siderurgico dell’ex ILVA ma anche dalla crisi del settore ittico e della mitilicultura sulle quali si è andata ad aggiungere l’attuale emergenza sanitaria da COVID-19. In tale contesto di crisi, soprattutto le fasce giovanili tarantine più disagiate sono attratte dalle opportunità di guadagno offerte dalla criminalità organizzata che persiste nella conduzione delle tradizionali attività illecite

dalla II° Relazione Semestrale della Direzione Investigativa Antimafia


Il quadro socio-economico del capoluogo di Taranto e la sua provincia, restituisce l’immagine di una città e di una provincia sempre più in sofferenza economica e segnate dalle criticità occupazionali e ambientali connesse con le vicende dello stabilimento siderurgico dell’ex ILVA ma anche dalla crisi del settore ittico e della mitilicultura sulle quali si è andata ad aggiungere l’attuale emergenza sanitaria da COVID-19. Appare possibile, in tale contesto di crisi, che soprattutto le fasce giovanili tarantine più disagiate siano attratte dalle opportunità di guadagno offerte dalla criminalità organizzata che persiste nella conduzione delle tradizionali attività illecite. Numerosi ad esempio sono i sequestri di droga soprattutto nei quartieri popolari del capoluogo (Tamburi, Salinella e Paolo VI).

Questo contesto economico critico espone gli imprenditoriali e altri soggetti in difficoltà al rischio di cadere nelle mani di usurai. Ne è riprova l’operazione “Easy credit” eseguita dalla Polizia di Stato il 4 dicembre 2020 nei confronti di 11 soggetti che avevano realizzato un giro di usura con l’applicazione di tassi di interesse elevatissimi.In generale gli assetti della criminalità tarantina continuano a mantenersi mutevoli ed eterogenei anche in ragione di una sempre maggiore parcellizzazione criminale del territorio su cui influisce sicuramente la lunga detenzione dei boss storici. Tuttavia, nel lungo periodo questa assenza di figure criminali di riferimento starebbe determinando conflittualità tra pregiudicati che si declinano anche con gravi fatti di sangue.

Benché costantemente interessati da operazioni di polizia giudiziaria i sodalizi più strutturati risulterebbero ancora capaci di controllare i rispettivi territori che generalmente coincidono con i rioni o i quartieri del capoluogo in una contesa territoriale dove le conflittualità appaiono tendenzialmente latenti. Nella mappatura criminale del capoluogo è confermata l’operatività dei PIZZOLLA e dei TAURINO nella Città Vecchia, mentre nei quartieri di Talsano, Tramontone e San Vito sono attivi i CATAPANO, i LEONE e i CICALA. I sodalizi riferiti ai CESARIO, ai CIACCIA, ai MODEO e ai PASCALI sono presenti nel quartiere Paolo VI, mentre nel Borgo è presente il clan
DIODATO, nel rione Tamburi i SAMBITO e nel quartiere Salinella gli SCARCI. Seppure indeboliti dalle inchieste giudiziarie continuano a essere presenti anche i DE VITIS-D’ORONZO. Nel semestre alcuni dei sodalizi citati sono stati interessati da provvedimenti ablativi.

Il 10 novembre 2020 la Polizia di Stato ha eseguito un decreto di sequestro2 nei confronti di un tarantino già coinvolto nell’operazione “Sangue blu” dei Carabinieri (giugno 2017 e gennaio 2019) e condannato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Il 12 novembre successivo la Guardia di finanza ha eseguito il sequestro di compendi aziendali, immobili, rapporti finanziari e autovetture, del valore di circa 2 milioni di euro, nella disponibilità di un esponente del clan SCARCI già condannato nel 2003 per associazione di tipo mafioso.

Recenti indagini continuano a dar conto dell’esistenza di un collegamento tra detenuti della criminalità tarantina e il mondo extracarcerario. Ciò è stato da ultimo confermato dall’operazione “Inside” all’esito della quale il 18 dicembre 2020 i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento restrittivo nei confronti di 8 soggetti alcuni dei quali già ristretti. Le indagini avviate tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020 hanno rivelato un sistematico utilizzo da parte di alcuni detenuti di microtelefoni all’interno del carcere di Taranto utilizzati per gestire le piazze di spaccio del territorio e organizzare l’approvvigionamento di droga all’interno del carcere.

In provincia il gruppo LOCOROTONDO esprime l’operatività nei comuni di Crispiano, Palagiano, Palagianello, Mottola, Massafra e Statte. In posizione contrapposta nei territori di Massafra e Palagiano continua ad agire anche il gruppo CAPOROSSO-PUTIGNANO. Nella zona orientale si conferma l’operatività di un sodalizio organizzato, già facente capo ai citati LOCOROTONDO e in posizione lievemente subordinata ai fratelli CAGNAZZO di Lizzano uno dei quali sebbene detenuto ha continuato a curare le attività delittuose dell’associazione e a vigilare anche sugli equilibri interni ed esterni del gruppo mediante l’invio dall’interno del carcere di “pizzini” fatti recapitare ai sodali in libertà.

L’operazione “Cupola” conclusa il 14 ottobre 2020 dalla Polizia di Stato ha acclarato l’attuale operatività a Manduria di un sodalizio mafioso considerato quale punto di congiunzione dei due gruppi criminali storici del luogo (dai quali mutua la fama mafiosa e la conseguente forza di intimidazione). Si tratta del clan STRANIERI e del gruppo facente capo al boss CINIERI attualmente collaboratore di giustizia entrambi della Sacra Corona Unita e un tempo in conflitto tra loro. È significativo rilevare come il nuovo sodalizio in questione si avvalesse “…di una forma di intimidazione non più solo predatoria e violenta ma anche silente e simbiotica rispetto al contesto sociale di riferimento…”, evidenziando come il metodo mafioso classico sia stato abbandonato a beneficio di quello “…silente che ricorre alla minaccia velata…” una forma di racket evocativo, con il quale “…l’estorsore non si serve della minaccia esplicita, ma di quella derivante dall’appartenenza o dal legame con noti mafiosi”. Le indagini hanno coinvolto complessivamente 50 soggetti disarticolando un clan mafioso che aveva avuto la capacità di riorganizzarsi all’indomani dell’operazione “Impresa”(luglio 2017). A 16 indagati è stato contestato il reato di associazione di tipo mafioso in quanto avrebbero “anche in rappresentanza di storici boss della provincia di Taranto costituito una “cupola” nella quale ciascuno era titolare di medesima potestà decisionale in ordine alle scelte e alle linee di indirizzo delle strategie criminali, con la quale proseguivano l’azione del predetto clan, conservandone scopi e finalità ma portandone ad ulteriore evoluzione il metodo mafioso

L’organizzazione criminale, negli ultimi anni, sarebbe stata quindi in grado di rigenerarsi mediante la costituzione di una “cupola” composta anche dal nipote del boss STRANIERI. La consorteria si inserisce nel contesto territoriale Manduria-Sava in collegamento con altri comuni delle province di Brindisi (Mesagne ed Oria) e Lecce specie per ciò che attiene al controllo del mercato illecito degli stupefacenti. A fattor comune con le altre province della Regione, anche il territorio provinciale tarantino continua a esprimere una criminalità particolarmente vocata ai traffici di stupefacenti.

L’operazione “Mercante in fiera”eseguita il 15 dicembre 2020 dai Carabinieri ne è ulteriore conferma. Le indagini hanno riguardato 34 componenti di un’associazione criminale finalizzata al traffico di droga e costituita sul territorio di Martina Franca che si riforniva attraverso canali calabresi e baresi principalmente di cocaina da destinare a varie piazze di spaccio ubicate anche fuori regione. Sono risultate nella loro disponibilità anche armi e munizioni come
testimoniato dai numerosi arresti in flagranza eseguiti durante l’indagine. Ad alcuni indagati è stato contestato anche il trasferimento fraudolento di valori per alcune intestazioni fittizie di beni (principalmente veicoli ma anche immobili e quote societarie) posti sotto sequestro ai fini della successiva confisca.

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