“Condannare l’ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci a 18 anni e sei mesi, la richiesta massima per gli elementi di gravità contro di lui” la richiesta formulata in aula dai pm Walter Cotugno e Marco Airoldi nel processo per il crollo del ponte Morandi. Si conclude quindi l’ultima parte della requisitoria della procura di Genova avviata lo scorso giugno. L’ex manager di Autostrade ha assistito alla richiesta dal carcere di Opera dove è detenuto dopo la condanna definitiva a sei anni per la strage di Avellino.

L’accusa ha dedicato l’intera udienza di ieri alla figura dell’ex amministratore delegato della società Autostrade evidenziando come dal 2009 fosse a conoscenza delle disastrose condizioni del viadotto, rinviando gli interventi per la disgraziata logica di assicurare il massimo profitto all’azienda riducendo i costi, compiendo quelle scelte folli che hanno portato al disastro.
Il pm Cotugno ha esordito spiegando che “non siamo abituati a questo livello di gravità di fatti, non ci è mai capitato in casi di reati colposi di vedere così tanti morti. E poi qui livelli di responsabilità sono diversissimi, ci sono tre organizzazioni complesse come Aspi, Spea, Ministero, vari livelli gerarchici, posizioni diverse che devono trovare coerenza nella scelta di una pena giusta”. Il problema ha continuato il pubblico ministero, è che “quale sia la pena giusta non la sa nessuno. L’unica cosa che ci può guidare e tutelare nella scelta è la legge”.
Secondo il il ragionamento del pm Walter Cotugno vi sarebbe stata “un’enciclopedia di elementi negativi per Castellucci, tutti uno più grave dell’altro. Qui siamo al massimo livello di colpa possibile. Perché si è comportato così Castellucci? Per profitto, prestigio personale, benefit vari, carriera. Perché gli piaceva garantire agli azionisti dividendi enormi. L’allora ad era come lord Voldemort che non si può nemmeno nominare. Aveva creato un clima tale che quando scrivevano di lui mettevano i puntini“. Il pm Cotugno, titolare del fascicolo processuale insieme al collega Marco Airoldi, si è chiesto: “Può un amministratore delegato in generale non occuparsi della sua struttura, dell’organizzazione aziendale sotto il profilo della sicurezza anche quando l’impresa abbia come fine anche quello di produrre sicurezza?“.

Con parole durissime il pm Cotugno ha ripercorso quanto già detto nell’intera udienza di ieri dal collega Airoldi: “Dopo Avellino e i suoi 40 morti Castellucci cosa fa? Continua in maniera agghiacciante a disporre le ispezioni sulla rete autostradale allo stesso identico modo. Accetta un rischio da ritardo delle manutenzioni sul viadotto così come scritto sul catalogo dei rischi”.
La procura chiederà condanne e assoluzioni, per prescrizione, per gli altri 56 imputati. Le due società Aspi e Spea (la società controllata che si occupava della sorveglianza) sono uscite dal processo dopo avere patteggiato versando complessivamente 29 milioni di euro, così risarcendo in via stragiudiziale quasi tutti i 43 parenti delle vittime, e finanziato la costruzione del nuovo viadotto. Gli imputati sono 57 nei cui confronti a vario titolo pendono delle accuse che vanno da omicidio e disastro colposi, omicidio stradale, violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e falso. 7 anni dopo il disastro, ed a più di 3 dall’inizio del processo, l’obiettivo dei giudici è quello di arrivare ad una sentenza entro l’estate 2026. Nel frattempo ci potrebbero essere diverse assoluzioni, in coisneguenza della prescrizione di alcuni dei reati per cui si procede.
| notizia in aggiornamento |