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29 Marzo 2024 12:30
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Craxi: la magistratura sapeva da anni dei soldi ai partiti

La quinta e ultima puntata del memoriale scritto da Bettino Craxi nel 1999 su Tangentopoli . Craxi voleva consegnare questo scritto a una commissione di inchiesta parlamentare, che però non fu mai costituita. Il documento è rimasto inedito.

di Bettino Craxi

Il sistema di finanziamento della politica si presentava nel suo insieme come un sistema complesso per il quale bisognava tenere conto di livelli, responsabilità e causali diverse. Vanno tenuti in conto infatti i livelli amministrativi e gestionali delle strutture nazionali delle organizzazioni periferiche regionali, provinciali e cittadine, delle associazioni e strutture collaterali, associative, di carattere culturale, sociale, sindacale, giovanile ed altro.

A questo si debbono aggiungere le attività editoriali, gli organi di informazione politica, lo spettacolo politico, gli strumenti di formazione e di orientamento, le attività internazionali, ideali, politiche, di solidarietà concreta verso soggetti singoli e verso organizzazioni. L’attività politica dei partiti comprende convegni tematici, di settore, di categoria, convegni giovanili, femminili, Congressi locali, regionali, nazionali, internazionali.

Un livello fondamentale è fissato dalle scadenze elettorali. Elezioni politiche nazionali, regionali e locali, elezioni europee, elezioni amministrative parziali che risultavano sovente particolarmente impegnative perché normalmente assumevano il valore di test e di sfide di carattere nazionale.

Bisognava tener conto dei candidati e dell’alto grado di competitività che si stabiliva tra loro, dalle spese che si gonfiavano insieme alle ambizioni ed alle illusioni, o alla ricerca di successi personali da raggiungersi in termini particolarmente clamorosi in modo da poterli far valere poi sul mercato politico delle cariche maggiori.

Allo stesso modo bisognava tener conto degli eletti che sono per vocazione e per giusta natura sempre tendenzialmente rieleggibili e che quindi sono portati a costruirsi strutture di sostegno permanenti specie quando la loro rielezione non poteva dipendere da una vincolante designazione dipendente dagli organi e dalla burocrazia del Partito.

Anche nella struttura democratica così come essa si è venuta definendo nella democrazia repubblicana si è venuto formando un vero e proprio ceto politico ed amministrativo professionale, o semiprofessionale.

Il suo lavoro politico sostituisce in tutto o in parte il suo lavoro professionale, sovente creando dei vuoti nelle disponibilità complessive di reddito. Questi vuoti vengono coperti o da vantaggi indiretti ricavati da una influenza politica o anche da contributi e finanziamenti di carattere politico personale, sempre per rimanere al di qua della frontiera che separa un finanziamento di natura e scopo politico dai veri e propri reati contro la Pubblica Amministrazione.

Come già ho sottolineato, nella realtà politica e partitica si era diffusa e radicata la esistenza di “clan” e di correnti, entro le quali si erano venute stabilendo solidarietà ed interessi che molto spesso andavano al di là dei legami con l’entità Partito anche se si mantenevano e si muovevano all’interno ed entro le istituzioni, i simboli e le formule proprie dell’entità Partito. I rapporti tra tutte queste articolazioni si sono naturalmente presentate in forma diversa nei diversi partiti. Ciò che appariva in generale sempre più evidente era la tendenza verso un indebolimento progressivo delle capacità e delle possibilità di un controllo centrale sugli altri livelli.

Le realtà periferiche, i gruppi, le posizioni consolidate di influenza gestionale e clientelare, potevano sempre di più sfuggire alla direzione ed al controllo del livello centrale e ciò non solo sotto il profilo dei mezzi e metodi di finanziamento ma spesso, in molti casi, anche sotto il profilo della stessa direzione politica.

Più di altri sfugge invece a questa tendenza il PCI e poi il PCI- PDS, almeno negli anni iniziali della sua prima strutturazione. Il Partito Comunista ed il Partito ex-Comunista si sono, per ideologia e natura, formati su schemi centralizzati che, pur modificando nel tempo la loro rigidità originaria, avevano mantenuto una loro validità ed efficacia che naturalmente, anch’essa, si veniva indebolendo e sgretolando.

Sotto questo profilo mentre da un lato risulta più evidente, anche in materia di finanziamenti, il controllo centrale e quindi la consapevolezza e la responsabilità dei maggiori dirigenti politici, dall’altro prendono avvio e maggiore consistenza fenomeni propri di una più vivace dialettica politica interna, con un seguito di iniziative di gruppo e di corrente.

Diversamente, in altri partiti, molti candidati, in occasione delle campagne elettorali, ricevono contributi diretti dal Partito in ragione del loro ruolo, altri si avvalgono di solidarietà di gruppo, altri ancora organizzano in proprio il reperimento di fondi, ed altri infine fanno tutte e due o tutte e tre le cose contemporaneamente.

La struttura centralizzata consentiva invece una certa disciplina e comunque un maggiore controllo anche su questo tipo di spese. Va detto, infine, che, sempre in materia di raccolta di fondi per le spese elettorali, non di rado il nome del Partito e dei suoi vertici più conosciuti e più autorevoli veniva utilizzato senza tanti scrupoli e complimenti anche da chi non era minimamente autorizzato a farlo.

Del millantato credito, di cui erano spesso vittime i dirigenti più conosciuti, in moltissime occasioni era vittima lo stesso Partito, in nome del quale venivano abusivamente avanzate richieste, ricevute offerte, raccolti contributi di genere e provenienza varie, e di cui le organizzazioni amministrative responsabili di Partito non avevano in realtà il benché minimo riscontro o ne avevano un riscontro del tutto parziale, il più delle volte indiretto o casuale.

Le entrate del Partito erano costituite da tutte le voci presenti e dichiarate nei bilanci e da contributi che non venivano dichiarati.

Per esempio la raccolta dei fondi indirizzati al Partito Socialista a vario titolo veniva fatta direttamente dall’amministrazione, dall’Amministratore o suoi collaboratori diretti, a questo consegnate da altri dirigenti del Partito o da persone che venivano considerate alla stregua di collaboratori di fiducia. La modalità di questi versamenti venivano decise dall’Amministrazione. Ciò avveniva nella gran parte dei casi, in relazione alle situazioni concrete che si presentavano. I contributi che venivano versati al Partito erano di varia natura.

Di natura politica e cioè a dire erogazioni di sostegno fatte esclusivamente o prevalentemente per ragioni di adesione o di convinzione e valutazione politica.

Contributi che potevano essere invece definiti come prova e ricerca di “buone relazioni” e cioè dati senza un concreto e specifico riferimento ma assicurati solo allo scopo di stabilire o mantenere con l’entità Partito un rapporto che potesse essere considerato amichevole e quindi suscettibile di una attenzione da parte degli esponenti del Partito presenti in varie sedi istituzionali.

Contributi raccolti e versati da singoli esponenti del Partito nell’ambito della loro responsabilità. Contributi versati in funzione di ottenere specifiche sollecitazioni ed interventi favorevoli ai finanziatori.

A questi contributi di natura varia si aggiungevano entrate di carattere pubblicitario ed entrate derivanti da sponsorizzazioni in cambio delle quali veniva comunque fornito un servizio commerciale generalmente adeguato specie in occasione di Congressi e di grandi iniziative e manifestazioni pubbliche che costituivano un veicolo di indubbia importanza ed interesse di carattere locale, nazionale ed internazionale.

Su questo stato di cose è stato avviato, organizzato, sviluppato ed esteso a tutto il Paese un processo di criminalizzazione strumentale che ha manipolato e mistificato la realtà dei fatti, le circostanze storiche in cui i fatti si sono verificati, il contesto generale delle responsabilità democratiche che erano state assolte da forze politiche che avevano garantito il quadro delle libertà democratiche, la stabilità politica, lo sviluppo dell’economia, la crescita dei valori e delle opportunità sociali, la presenza ed il dinamismo della vita e della dialettica democratica, l’alto ruolo internazionale raggiunto dalla nazione tanto nel contesto europeo che in quello mondiale.

La classe politica dei Partiti ed in generale tutta la classe politica era quindi, come non è difficile dimostrare, mentre sarebbe difficilissimo dimostrare il contrario, ben consapevole della natura del finanziamento politico, dei metodi seguiti, delle pratiche che erano diffuse, costanti e sistematiche.

C’è semmai da chiedersi se, essendo queste le condizioni, come sia possibile credere o far credere che la magistratura ed altri apparati dello Stato ignorassero ciò che avveniva anche sotto i loro occhi, non nel caso di una particolare stagione, ma addirittura nel corso di decenni.

C’è semmai da chiedersi perché questo sia avvenuto. C’è da chiedersi, se si ricorda a memoria, come sia stato possibile che nell’arco di quasi un ventennio raramente è stato aperto un caso.

In ogni caso non risulta che si siano mai svolti processi e non si siano mai pronunciate sentenze di condanna per lo specifico reato di finanziamento illegale.

C’è da chiedersi come sia stato possibile che mentre per bocca della stessa magistratura questa pratica veniva definita “notoria e costante”, contemporaneamente non veniva promossa l’azione penale per le violazioni della legge sul finanziamento dei partiti.

Nessuno lo impediva, nessuno poteva impedirlo, nessuno ha denunciato un caso nel quale ad un magistrato è stato impedito di compiere il dovere che la legge gli avrebbe imposto di compiere. Probabilmente anche questo è avvenuto, e magari anche in più casi, ma nessuno protestò e picchiò i pugni sul tavolo sino a farsi sentire.

Ciò che è singolare invece è che improvvisamente, in forme violente ed anche e soprattutto discriminatorie, si siano scoperchiate parti significative del sistema di finanziamento illegale dei Partiti e delle attività politiche, e si sia dato vita ad un processo di criminalizzazione con ritmi crescenti, seguendo sovente cadenze proprie di una orologeria politica, con un particolare accanimento diretto soprattutto e in primo luogo verso alcune direzioni, mentre ad altre veniva riservato un trattamento ben diverso e molte cose venivano sottaciute, ignorate, o addirittura sfacciatamente oscurate e protette. Il trionfo della regola dell’ingiustizia consistente nell’uso di “due pesi e due misure”.

Ciò che è singolare è che nel 1989, quando cadevano i muri e non si sapeva che cosa si sarebbe potuto ritrovare tra le macerie, in fretta e furia il Parlamento italiano varò una amnistia, nella quale fu fatto comprendere il finanziamento illegale alla politica. L’amnistia non incontrò di certo forti ostacoli. Passò diritta filata, alla chetichella e sembra neppure con un voto di Aula ma addirittura con un voto in Commissione. Una amnistia lampo.

Parliamo di qualcosa che è diventata invece, dopo d’allora, solo a nominarla, una specie di peccato mortale, di offesa alla civiltà del diritto, di scandalosa distorsione della giustizia. Non ci furono allora alti lai di eguale natura. La piazza non si scompose, i Palazzi non si scomposero, i grandi moralizzatori di professione non entrarono in campagna.

Il colpo di spugna invece ci fu. Fu rapido, efficace, risolutivo. Il grande crimine riguarda invece allora gli anni ’ 89-’ 92.

Incredibile ma vero. Spesso è dalla categoria degli amnistiati dell’ 89 che vengono poi i censori più spietati e i demagoghi più sfacciati. La campagna contro i finanziamenti illegali della politica, trasformata nella maggior parte dei casi in un fenomeno di corruzione e di reati ancora più gravi, ha assunto così toni e metodi di tale violenza demagogica e finalità strumentali ad una lotta di potere che è dilagata nel Paese. Talvolta vi abbiamo riconosciuto trampolini di lancio per esibizionistiche ambizioni ma, nel quadro più generale, si è fatta avanti una corsa pseudo- rivoluzionaria in veste di nuovo potere egemone della società e dello Stato.

FINE

 

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