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2 Maggio 2025 22:37

Massimo Giletti e Sandra Amurri, indagati dalla procura di Terni: avrebbero diffamato il mafioso Graviano  

Ci lascia esterefatti vedere una Procura dar credito ad un "personaggio"mafioso" di questo calibro, condannato in via definitiva a “fine pena mai” per le stragi del ’93 e fratello di Filippo autore delle riscontrate minacce di morte fatte proprio a Massimo Giletti.

“Ho sempre fiducia nella giustizia, certo alle volte penso che viviamo in un Paese all’incontrario, ma ormai non mi stupisco più di nulla“. Massimo Giletti dichiara attonito al telefono con l’AGI. Ha ricevuto, un paio di giorni fa, dai Carabinieri la notifica dell’atto di iscrizione nel registro degli indagati della procura di Terni, per il reato diffamazione insieme alla giornalista Sandra Amurri. Il fascicolo attualmente secretato è in carico del capo della procura di Terni Alberto Liguori e del suo sostituto Giorgio Panucci il quale sta di fatto svolgendo le indagini.

Un reato al quale, alle volte, veniamo spesso denunciati noi giornalisti, che ancora una volta, ci lascia abbastanza interdetti. A querelare Giletti e la Amurri , infatti, non sarebbe stato uno qualunque, ma bensì il pregiudicato ergastolano Giuseppe Graviano, che compirà 60 anni alla fine di settembre, sta scontando nel carcere umbro 6 ergastoli per reati di mafia. Si trova detenuto in una cella in regime di 41 Bis (carcere duro) dal gennaio del ’94 e cioè dal giorno in cui i carabinieri lo catturarono in un noto ristorante milanese.  

Chi è Giuseppe Graviano 

Giuseppe Graviano, nato a Palermo 59 anni fa, ha avuto – secondo i magistrati che lo hanno condannato all’ergastolo – un ruolo centrale nell’organizzazione delle stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano e nell’omicidio di don Pino Puglisi. Nel 1997 la Corte d’Assise di Caltanissetta lo ha condannato all’ergastolo per la strage di Capaci, insieme, fra gli altri, a Totò Riina, Bernardo Brusca, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano.

Due anni dopo nel 1999, Graviano è stato condannato nuovamente all’ ergastolo per la strage di via D’Amelio: secondo vari pentiti, sarebbe stato lui ad azionare il telecomando dell’autobomba che ha ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Nello stesso anno arriva una nuova condanna: insieme al fratello Filippo è accusato di essere il mandante dell’omicidio del prete anti-mafia don Pino Puglisi eseguito materialmente da Gaspare Spatuzza che, una volta pentito, raccontò i retroscena sui mandanti. Un nuovo ergastolo arriva nel 2000, per gli attentati dinamitardi del 1993 a Firenze, Milano e Roma.

Nel corso della trasmissione ‘Non è L’Arena’ in onda su La 7 il giornalista-conduttore Massimo Giletti aveva intervistato Salvatore Baiardo, considerato uomo dei Graviano, che ‘annunciò’ l’arresto di Matteo Messina DenaroLa notizia del procedimento a carico di Giletti e la Amurri è stata anticipata da EtruriaNews. Non è escluso che, dopo gli opportuni accertamenti investigativi, l’indagine possa essere archiviata dai magistrati titolari del fascicolo d’ indagine.

“È una cosa molto grave – commente Giletti all’ANSAAnche un ergastolano può fare una querela, però quello che faccio fatica ad accettare è perché a noi sia stato vietato l’accesso agli atti. Vorrei capire quale è la motivazione della querela. Aspetterò e verrà il momento, sempre con fiducia nella giustizia, ma con tutto quello che ho passato e sapendo che Giuseppe Graviano è il fratello di chi mi vuole morto faccio davvero fatica a capire”. “Con l’anno che ho vissuto non mi stupisco più di niente – prosegue -. Come diceva Rodari è un paese all’incontrario, mi sembra sempre più evidente“.

Ci lascia esterefatti vedere una Procura dar credito ad un “personaggio”mafioso” di questo calibro, condannato in via definitiva a “fine pena mai” per le stragi del ’93 e fratello di Filippo autore delle riscontrate minacce di morte fatte proprio a Massimo Giletti. Ipotizzare possibile elementi di diffamazione a carico di un mafioso come Graviano è allucinante. Pensare che un mafioso possa aver subito un danno di immagine fa sorridere ma nello stesso tempo ci preoccupa apprendere che qualche magistrato possa dargli credito. Ma forse qualcuno voleva vedere pubblicato il proprio nome sui giornali.

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