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18 Aprile 2024 18:54
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11 ANNI FA CI LASCIAVA IL PRESIDENTE FRANCESCO COSSIGA “IL PICCONATORE”

Nel 2009 a Cossiga capitò di commentare il periodo delle continue stoccate al sistema politico. Disse: "Se potessi tornare indietro, me ne sta­rei zitto e buono. Se allora mi fossi com­portato così, probabilmente mi avrebbe­ro rieletto, e c’era una quota di mondo po­litico che lo voleva. Ma ero incazzato co­me una belva e non potevo tacere".

di Antonello de Gennaro

Era il 17 agosto del 2010 quando ricevetti una telefonata che non avrei mai voluto ricevere, il presidente della Repubblica emerito Francesco Cossiga, esponente politico di razza, arrivato ai massimi livelli del cursus honorum senza mai dimenticare la sua terra e le sue radici, si era addormentato per sempre. Non avrei più ricevuto le sue divertenti telefonate in cui parlavamo delle ultime tecnologie telefoniche ed informatiche che ci appassionavano reciprocamente, e non avrei mai più ricevuto le sue lezioni di politica ed “intelligence” a casa del comune amico Vittorio Sgarbi, mentre lavoravano alla fondazione di un movimento politico.

Il presidente emerito Francesco Cossiga

Cossiga veniva da un’importante famiglia sassarese, diversi componenti della quale ricoprivano alte cariche nella magistratura. Anche lui aveva studiato legge e già allora dimostrò una certa precocità, laureandosi a 19 anni e mezzo dopo essersi diplomato a 16 anni. Da quando aveva 17 anni fu iscritto alla Democrazia Cristiana e a 20 anni, nel 1948, entrò a far parte di una struttura clandestina anti-comunista che si formò a Sassari sotto la guida di Antonio Segni, futuro presidente della Repubblica nei primi anni Sessanta. A rivelarne l’esistenza diversi anni più tardi fu lo stesso Cossiga : “Segni mi mandò a prendere le armi in previsione di un possibile tentativo comunista di golpe dopo l’attentato a Togliatti e come risposta alla vittoria elettorale della DC“, che lo raccontò nel 1992 a Marzio Breda giornalista quirinalista del Corriere della Sera , in una delle sue memorabili interviste in cui si esprimeva su fatti storici sensibili e controversi.

Deputato dal 1958 al 1983, poi senatore nella Democrazia Cristiana; sottosegretario, ministro dell’Interno durante i drammatici giorni del sequestro Moro; presidente del Consiglio, del Senato, fino a ricoprire il più alto incarico istituzionale, quello di Presidente della Repubblica (venne eletto al primo scrutinio con la cifra record di 752 voti su 977), Cossiga si era guadagnò l’appellativo di “picconatore” negli ultimi due anni al Quirinale, quando, dopo la caduta del Muro di Berlino, intuì grazie alla sua non comune intelligenza che la Dc ed il Pci avrebbero subito gravi conseguenze dal mutamento radicale del quadro politico internazionale, e, convinto che i partiti e le stesse istituzioni si rifiutassero di riconoscerlo, iniziò una fase di conflitto e polemica politica, spesso provocatoria, che portò a fare di lui il “grande esternatore“della politica italiana.

Era il 25 aprile del 1992 quando Francesco Cossiga alle 18.40 iniziò il discorso con cui annunciava le sue dimissioni da presidente della Repubblica. Lo fece in diretta e a reti unificate, confermando la notizia che era stata anticipata quella mattina dal Corriere della Sera. Per la precisione iniziò a parlare alle 18.38. Rivolgendosi ai giornalisti “quirinalisti” (quelli cioè accreditati al Quirinale) annunciò le sue dimissioni e insistendo su un punto: i grandi cambiamenti che aveva avuto il “privilegio di osservare” a livello internazionale. Poi all’improvviso si rivolse “ai giovani”, disse che voleva dire loro qualcosa, si fermò e, visibilmente commosso, bevve un bicchiere d’acqua.

Cossiga chiese ai giovani “di amare la patria, di onorare la nazione, di servire la Repubblica, di credere nella libertà e di credere nel nostro paese”, e mentre lo diceva scandiva ogni richiesta con le dita. Ai giornalisti presenti e agli altri spettatori chiese infine di “avere fiducia in voi stessi”.

Me lo aveva fatto conoscere un personaggio del giornalismo italiano, Pippo Marra, fondatore e direttore dell’ agenzia di stampa nazionale ADNKRONOS, che nei primi anni in cui lavoravo come addetto stampa per il presidente Bettino Craxi ed il vicesegretario del PSI Claudio Martelli. Pippo era per me in quel periodo un “mentore” , una guida professionale, un amico a cui chiedere aiuto e consiglio per imparare più velocemente il mio mestiere. Quando mi presentò il presidente Cossiga gli disse “ti presento un giovane collega che tutto è fuorchè socialista” ed i due scoppiarono a ridere facendomi diventare rosso di vergogna e piccolo piccolo davanti a due personalità come loro.

il presidente Francesco Cossiga ed il premier Bettino Craxi

Cossiga si è sempre dichiarato un appassionato – o meglio “esperto” – di servizi segreti e di spionaggio, passione che mi ha “passato”, ed io conservo gelosamente due libri sull’intelligence che mi regalò: “leggili bene amico mio ti aiuteranno a capire tante cose…”. In un’intervista  rilasciata poco prima di morire a Piergiorgio Odifreddi così il presidente Cossiga spiegò questo suo interesse:

“Io mi sono sempre occupato di queste cose, ne ho sempre avuto la curiosità. E poi me l’ha chiesto il mio partito, Moro in particolare. La Democrazia Cristiana, per motivi storico-ideologici, non ha mai avuto un grosso interesse per gli arcana imperia: per il potere sì, ma per l’informazione no, a causa della cultura cattolica, verso la quale io ho un’atteggiamento di opposizione dialettica. In Italia non esiste un ambiente non militare che si occupi di questioni strategiche

Nel 2009 a Cossiga capitò di commentare il periodo delle continue stoccate al sistema politico. Disse: “Se potessi tornare indietro, me ne sta­rei zitto e buono. Se allora mi fossi com­portato così, probabilmente mi avrebbe­ro rieletto, e c’era una quota di mondo po­litico che lo voleva. Ma ero incazzato co­me una belva e non potevo tacere“.

Oggi 11 anni dopo la sua morte il mondo politico e la “sua” amata Sardegna lo ricordano e commemorano. “Esponente Dc e già ministro e Presidente del consiglio, a 57 anni è il più giovane Presidente della Repubblica italiana”, così lo ricorda oggi la Camera dei Deputati su Twitter, pubblicando una foto che lo ritrae assieme a Nilde Iotti e ricordando che i suoi interventi alla Camera sono consultabili online . “Undici anni fa moriva Cossiga picconatore ed ex presidente della #repubblica. Si era fatto tanti nemici soprattutto perché aveva messo in chiaro i grandi problemi della Giustizia e individuato le soluzioni”, scrive su Twitter Enzo Carra notista politico ed ex- portavoce del segretario nazionale della DC Arnaldo Forlani.

Il presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Michele Pais, per ricordare Cossiga ha scelto uno dei momenti più emblematici della vita politica del “Picconatore” : quando, il 28 aprile del 1992, Francesco Cossiga si dimise dalla Presidenza della Repubblica, per evitare all’inizio dell’undicesima legislatura l’ingorgo istituzionale, legato all’elezione del suo successore e alla nascita del nuovo governo. L’annuncio in un discorso televisivo di 45 minuti, pronunciato simbolicamente il 25 aprile, Festa della Liberazione. “Si rivolse ai giovani – scrive Pais sui social – e chiese loro di amare la Patria, di onorare la Nazione, di servire la Repubblica, di credere nella libertà e di credere nel nostro Paese. Sono parole attualissime che meritano di essere riscoperte e apprezzate“.

L’ultima volta che ci vedemmo è una data indelebile. Fu la sera successiva alla prima perquisizione che subii nella mia vita ad opera dei finanzieri mandati da Milano a casa mia dal solito “ufficialetto” da quattro soldi in cerca di protagonismo, che ubbidì al volere dell’ ex on. Marco Milanese braccio destro dell’ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti, che temeva delle mie rivelazioni su una sua liason con una giornalista rampante ( o meglio “arrampicatrice”) di origine pugliese, finita ormai nel dimenticatoio della professione, passata ad occuparsi di feste e festicciole in Puglia dove la invitano per farsi citare nella sua rubrichetta ! Qualche tempo dopo Milanese è stato arrestato e Tremonti ha dovuto lasciare la politica….

Quando il presidente Cossiga mi vide arrivare sconvolto a casa di Vittorio Sgarbi, che all’epoca abitava a piazza Navona a Roma, mi chiese “ma cosa ti è successo amico mio, ti vedo spento...” . Gli spiegai l’accaduto e lui scoppiò a ridere, e rivolgendosi a Sgarbi disse: “Vittorio apriamo una bottiglia di champagne. Dobbiamo festeggiare il nostro amico, che stasera è diventato un giornalista importante ! “. Tutti scoppiarono a ridere (comprese le scorte) e Cossiga mi venne ad abbracciare dicendomi :”Non ti fermare mai, amico mio, sei un giornalista di razza“.

Sono parole scolpite nei miei ricordi indelebili, che porto nel mio cuore. Grazie Presidente, non ti dimenticherò mai.

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