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19 Aprile 2024 17:28
19 Aprile 2024 17:28

L’ex sindaco di Roma Ignazio Marino assolto: “Io pugnalato, la mia cacciata una pagina buia della democrazia”

"Il partito? Potrei tornare. Ho sbagliato a dimettermi dopo quelle 26 coltellate". Marino rivela le minacce contro la famiglia.

schermata-2016-10-08-alle-08-53-26Inseguito dai reporter mentre attraversava piazza Montecitorio, Ignazio Marino camminava a passo svelto, con il solito zainetto nero sulle spalle quando  ha incrociato una signora con i capelli rossi che gli ha gridato “Daje sindaco!” . Quanto voleva e doveva dire, l’ ex-sindaco di Roma l’ ha detto in conferenza stampa dove s’è tolto più di qualche spina dai piedi. Riferendosi a Matteo Renzi ha detto: “Ognuno deve guardarsi allo specchio e vedere se ha davvero la statura dello statista oppure no. Le scuse? Bisogna avere umiltà e onestà intellettuale“.

schermata-2016-10-08-alle-08-52-55Ma, quando gli hanno chiesto del commento di Matteo Orfini, il principale artefice della sua “caduta” da Sindaco di Roma, Marino non ha potuto trattenersi. “Orfini chi?“, parafrasando il premier nei confronti di Fassina, dopodichè  ha parlato di “quei 26 accoltellatori con un unico mandante” che lo costrinsero a lasciare il Campidoglio, consegnando di fatto la città di Roma al Movimento Ciqnue Stelle.

Ignazio Marino, nella sua casa vicino al Pantheon, ha raccontato in un’intervista rilasciata al collega  Sebastiano Messina del quotidiano La Repubblica come ha vissuto il giorno che poteva cambiare la sua vita , sopratutto dopo che il pm aveva chiesto per lui tre anni, un mese e dieci giorni di carcere,  e cosa succederà adesso invece dopo la sua assoluzione con formula piena che ha segnato la sua rivincita.

Cosa ha provato, mentre aspettava la sentenza? Ha pensato a quello che sarebbe successo se fosse stato condannato, come chiedeva il pm?
“Io ho sempre avuto una grandissima fiducia nella magistratura. In Senato, ogni volta che arrivava una richiesta da una Procura, io votavo a favore, anche in dissenso dal mio partito “.

La sentenza chiude il capitolo giudiziario. Ma questa inchiesta ha segnato la sua vicenda politica: lei è stato prosciolto, ma non è più il sindaco di Roma. Il tempo non torna indietro.
“Ci sono cose che non potranno mai essere sanate del tutto. È come quando uno viene operato: anche se guarisce, la cicatrice rimane. E io ho subìto molte ferite, dalla Panda rossa alle accuse sugli scontrini, che però mi hanno permesso di riflettere, di capire i miei limiti e di guardare avanti con maggiore forza”.

La ferita più dolorosa?
“Vedere il partito di cui sono stato orgoglioso fondatore che si riunisce insieme agli eletti della lista di Alemanno da un notaio per destituire il sindaco democraticamente eletto. Una delle scene più cupe della democrazia. In quel momento, insieme a me sono stati violentati 700 mila romane e romani”.

Dunque la cicatrice con il Pd non si richiuderà mai più?
“Ma il Pd è fatto anche da quelle persone che stasera manifestavano sotto casa mia, donne e uomini di sinistra”.

Li ho visti. Gridavano: “Non siamo grillini, non siamo renziani, siamo marziani”. E ho visto anche quella signora dai capelli bianchi che, abbracciandola, le ha detto: “La vogliamo segretario del Pd”. Dunque le chiedo: vuol fondare un suo movimento o è possibile un suo ritorno nel Pd?
“Su questo non mi sono interrogato. Finora ho pensato soprattutto a ristabilire la verità. Avevo detto che mi prendevo un anno di riflessione, e lo farò. Io non sono proprio, di indole, un capopartito. Non lo sarò mai. Posso produrre idee e studiare. E certo sento il dovere morale di continuare a impegnarmi per il mio Paese e per la mia città”.

È passato un anno esatto dall’8 ottobre 2015, il giorno in cui lei gettò la spugna. Col senno del poi, qual è stato l’errore più grande che vorrebbe non aver commesso?
“Forse non mi sarei dovuto dimettere. Ma è vero che io subivo un’enorme pressione. Non solo io, ma anche la mia famiglia. Mi arrivarono due buste con dei proiettili, in una c’erano le cartucce di una P38 special con questo messaggio: “I prossimi proiettili serviranno per bucare te, tua moglie e tua figlia. E sappiamo dove vive tua figlia“. Poi, certo, ci fu l’assedio politico e l’aggressione mediatica…”.

Nella conferenza stampa lei ha detto che “qualcuno disse che era stato organizzato un golpe”. Un anno dopo, cosa rimprovera a Matteo Renzi?
“Non ho davvero nulla da dire a Renzi. Solo che sono sbigottito, come tutti i romani, per quello che è accaduto a Roma. La cosa peggiore che può capitare a una città è che qualcuno ne determini l’instabilità. E purtroppo Roma dall’estate del 2015 vive in una grande instabilità amministrativa”.

Renzi l’ha chiamata, oggi?
Marino sorride. “No. Mi hanno chiamato Graziano Delrio, Giancarlo Caselli, Leoluca Orlando, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Pier Luigi Bersani…”.

Cosa le hanno detto D’Alema e Veltroni?
“Con Massimo abbiamo un vero rapporto di amicizia, nato quando ancora non avevo nulla a che fare con la politica. “Finalmente la verità emerge” è stato il suo commento. Walter mi ha mandato un affettuoso sms scrivendomi di essere molto contento. Ho parlato anche con il capo della Polizia, Franco Gabrielli, che era il prefetto di Roma quando ero sindaco. “Giustizia è fatta“, mi ha detto”.

La sindaca Raggi è intervenuta nel suo processo per chiederle 600 mila euro per il danno d’immagine che la città avrebbe subìto per colpa sua. Che effetto le ha fatto, sentirsi chiedere i danni dal Campidoglio?
“Mi aspetto che la Sindaca si impegni con la stessa determinazione con cui io ho trovato 13 milioni di euro di finanziamenti, grazie ai quali lei ha potuto inaugurare con la fascia tricolore la scalinata di piazza di Spagna restaurata”.

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