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19 Aprile 2024 04:55
19 Aprile 2024 04:55

Zona economica speciale interregionale. Vico (Pd) : “ E’ necessario fare un po’ di chiarezza ! ”

Mentre il "clan" barese-massafrese e qualche grembiulino... cercano di spostare su Bari la richiesta di ZES interregionale e gli interessi lucani (cioè il traffico generato dalla Fiat ora FCA) utilizzando il sindaco di Taranto come "cavallo di Troja", Michele Emiliano dimentica che è vero che deve essere il Governo regionale ad esprimersi sulla Zes interregionale Taranto-Matera, ma è altrettanto vero che può farlo in via subordinata la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

ROMA – “Ritengo sia utile fare un po’ di chiarezza, partendo col ribadire cos’è la Zes. Le Zone Economiche Speciali (Zes) sono aree geografiche nell’ambito delle quali un’autorità governativa offre incentivi a beneficio delle aziende che vi operano, attraverso strumenti che agiscono in un regime agevolato rispetto a quelli vigenti per le ordinarie politiche nazionali”. L’onorevole Ludovico Vico (Pd) torna a parlare di Zes, con un comunicato stampa a seguito all’innalzamento di scudi contro l’interregionale Taranto-Matera, sollevato negli ultimi giorni, non solo da figure istituzionali, ma anche da rappresentati di associazioni di categoria.

“L’anima delle Zes  è innanzitutto la “logistica” –  spiega il deputato ionico –  un porto, un retro-porto, un interporto o centro intermodale, un vettore ferroviario. All’interno dell’area perimetrata come Zes, le aziende che si insediano possono usufruire di un regime fiscale agevolato, che consiste nell’abbattimento totale della tassazione su alcune tipologie di imprese; su procedure amministrative semplificate; sulla possibilità di rimpatrio agevolate di investimenti e profitti; su dazi ridotti su importazioni ed esenzione su tasse per esportazione; su canoni di concessione agevolati. Inoltre, sono disponibili delle risorse economiche, che per la Regione Puglia sono pari, ad oggi, a 209 milioni di euro, che dovranno essere impegnate per le due Zes individuate: quella di Taranto e quella di Bari-Brindisi”.

“Per Taranto  la Zes significa il porto ed il suo futuro. Da qui bisogna partire.  – continua il parlamentare DemQuali e quante merci arrivano al porto per l’export? Insomma capovolgere la recente illusione che il solo import (il transhipment con Evergreen) avrebbe generato lo sviluppo del porto. Le produzioni industriali di manufatti, beni, hi-tech, agro-alimentari etc. di una vasta zona interna interprovinciale ed interregionale devono giungere al porto di Taranto per l’export, offrendo ai “grandi player”, nazionali e stranieri, attrazione di investimento nella aree perimetrate. Taranto può mettere in campo le aree già disponibili: il retro-porto, le aree Asi e ad esse si possono includere altre aree industriali ioniche. Occorre un Piano strategico per candidarsi al finanziamento della Zes, coerente con il Piano Regionale di Sviluppo. Ma Taranto ed il suo porto hanno bisogno di un centro intermodale che veicoli le merci da altre zone geografiche contigue”.

“Ora la Regione Basilicata, con il suo centro intermodale di Ferrandina (collegata a Taranto con la ferrovia), chiede alla Regione Puglia di costituire con Taranto una Zes interregionale – evidenzia  Vico –   strano a dirsi, ma giungono da più parti perplessità di ogni genere, poco argomentate e molto capziose. Invece di tener conto dei benefici generali, ci si fossilizza sulla ripartizione delle risorse economiche (i 209 milioni di euro, che andranno comunque incrementati). Intanto, eviterei pronunciamenti “locali” impropri, che indurrebbero la Regione Basilicata a spostare su Bari la richiesta di interregionale. Tra l’altro, è il Governo regionale che deve esprimersi sulla Zes interregionale Taranto-Matera, e in via subordinata la Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

“Il porto di Taranto ha bisogno di un centro intermodale – dice ancora il parlamentare del Pde la Basilicata è in grado di offrire quello di Ferrandina in Val Basento. Proprio come evidenziato dall’ Osservatorio Banche/Impresa, la terra dei lucani, con il centro intermodale di Ferrandina, funge da cerniera per i traffici commerciali fra le regioni del Mezzogiorno, oltre ad essere attraversata da uno dei quattro corridoi europei TEN-T che toccano l’Italia: il Corridoio Scandinavo – Mediterraneo nella sua sezione meridionale. Attraverso i corridoi adriatico e tirrenico, si potranno sviluppare maggiormente i flussi di traffico merci a supporto delle esportazioni del Mezzogiorno verso il continente europeo. L’area di Ferrandina, quindi, si propone in tal senso all’interno della Zes, quale proiezione retroportuale di Taranto, verso l’Adriatico e verso il Tirreno, con benefici non solo per l’area ionica e del Mezzogiorno, ma anche per l’intero Paese”.

L’onorevole Vico chiarisce inoltre: “Per quanto riguarda FCA (Gruppo Fiat) di Melfi e Eni di val d’Agri, saranno beneficiari indiretti (dazi e dogana) nei futuri porti Zes di Salerno, Napoli e Taranto. Ovvero, non hanno bisogno di rientrare nelle aree perimetrate. Per cui, per veicolare la produzione Fiat di Melfi a Taranto, occorrono accordi commerciali indipendenti dalla Zes”. “In politica – conclude Vico  – si possono avere visioni differenti, ma non bisogna mai perdere il quadro d’insieme del futuro di Taranto, della Puglia e del Mezzogiorno. Già ! Oggi i traffici nel Mediterraneo, compresa la “via della Seta”, tendono ad accreditarsi fra Trieste e Zara o i porti della Liguria. Gli unici porti che possono contrastare questa tendenza, che rischia di cancellare il Mezzogiorno, sono quelli di Taranto e Brindisi, per una ragione più elementare quanto decisiva: sono gli unici due porti meridionali che hanno una ferrovia collegata al centro Europa”.

La Regione Puglia, nell’ambito della legge regionale per lo sviluppo di Taranto, legge attualmente ancora in commissione, l’ha esplicitamente previsto per il porto jonico in considerazione anche dei notevoli investimenti infrastrutturali in corso tra collaudo degli ulteriori 600 metri dell’ammodernato molo polisettoriale, piastra logistica, strada dei moli, dragaggi per avere fondali più profondi e vasca di colmata. Taranto è anche sede dell’Autorità portuale di sistema del Mar Ionio. Bari, tuttavia, si è ugualmente mossa e l’Autorità Portuale di sistema del Basso Adriatico ha chiesto che tutti i porti pugliesi siano compresi nella Zes allo scopo di intensificarne i vantaggi.

Cosa è la ZES ? La normativa sulle ZES – Zone Economiche Speciali .

La legge di conversione del decreto legge che la conteneva “Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno” ha  chiarito come ogni regione di quelle titolate all’istituzione di ZES (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) possa chiedere di istituirne al massimo 2, purché sul proprio territorio vi siano più aree portuali “con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell’11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T)”.

Ad esempio la Campania potrà ad esempio chiedere una ZES per Salerno e una per Napoli e altrettanto potrà fare la Puglia per Taranto e Bari. Inoltre le regioni che non posseggono aree portuali aventi le caratteristiche previste (Basilicata, Molise, Abruzzo) potranno presentare istanza di istituzione di una ZES solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un’area portuale dotata dei requisiti richiesti dalla legge.

Il testo del cosiddetto DL Sud approvato alla Camera e confermato dal Senato conteneva anche un emendamento atto a risolvere il problema degli autotrasportatori creditori dell’ILVA. A giugno, chiudendo lo stato passivo dell’azienda siderurgica, il Tribunale di Milano aveva escluso gli autotrasportatori dalla prededuzione del credito (prima concessa dai commissari straordinari), declassando quindi il loro credito a chirografario, ma l’emendamento in questione ha chiarito che “nella categoria dei crediti prededucibili rientrano quelli delle imprese di autotrasporto che consentono le attività ivi previste e la funzionalità degli impianti produttivi dell’Ilva”.

 

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