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29 Marzo 2024 14:20
29 Marzo 2024 14:20

Scovato e perquisito il rifugio di Matteo Messina Denaro: “Viveva lì da almeno sei mesi”

Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato. Un appartamento "normale". Non ha niente del bunker la casa dove Messina Denaro ha vissuto, ipotizzano gli inquirenti, per gli ultimi sei mesi, nel paese di Campobello, a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di tutta la famiglia del boss

I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo dove viveva e si nascondeva il boss Matteo Messina Denaro, arrestato, ieri, alla clinica Maddalena di Palermo. È è in vicolo San Vito (ex via Cv31) in pieno centro a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del “favoreggiatore” Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia. Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato. Un appartamento “normale”. Non ha niente del bunker la casa dove Messina Denaro ha vissuto, ipotizzano gli inquirenti, per gli ultimi sei mesi, nel paese di Campobello, a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di tutta la famiglia del boss. “Una casa ben arredata, con oggetti di lusso, intestata al signor Bonafede la stessa identità usata per il ricovero in clinica”, rivela il colonnello Fabio Bottino, comandante provinciale dei Carabinieri di Trapani. Infatti è stato accertato che il covo di vicolo San Vito dove si nascondeva il boss Matteo Messina Denaro, è di proprietà di Andrea Bonafede, lo stesso titolare della carta d’identità falsa utilizzata dal super latitante

il fermo di Giovanni Luppino che cercava di scappare

Il suo “accompagnatore” Giovanni Luppino, 59 anni, agricoltore, possessore di meno di mezzo ettaro di oliveti e una piccola azienda. Due figli, attivi nello stesso settore: a Campobello di Mazara hanno un centro per l’ammasso delle olive, con clientela per lo più campana. Castelvetrano, il regno di “Iddu“, uno dei tanti soprannomi di Matteo Messina Denaro, è a un passo. Ma con lui, con le famiglie di mafia trapanesi, inclusi quei Luppino negli anni divenuti noti alle cronache, non risulta che il cinquantanovenne arrestato ieri insieme al superboss avesse rapporti. Com’è arrivato a fare da “accompagnatore” a Messina Denaro ?

Gli investigatori ed i tecnici informatici dei ROS ci stanno lavorando con la speranza che i cellulari che Messina Denaro e Luppino avevano addosso parlino. Rubriche di contatti, messaggi, dati di navigazione, tutte informazioni che potrebbero aiutare a ricostruire una rete e dare un’identità a chi necessariamente deve aver lavorato alla grande fuga del boss. A partire da chi gli ha regalato l’identità di Andrea Bonafede.  Il documento che Messina Denaro usava non è una copia, è un documento reale emesso dal Comune di Campobello di Mazara nel 2016, al quale è stata sostituita la foto. Un rinnovo? Una nuova emissione? C’è stata una manina complice interna all’Ente? Tutte domande a cui si dovrà trovare risposta. E la Procura ed i Carabinieri sono già al lavoro per questo.  

Il vero Andrea Bonafede, geometra e parente di gente di mafia, è stato sentito, ma avrebbe fatto scena muta. E’ grazie a lui, involontariamente, che si è avuto un riscontro fondamentale: ieri mattina con una telefonata ha attivato una cella distante decine di chilometri dalla clinica “La Maddalena” quindi quello in attesa di sottoporsi alle cure oncologiche non poteva essere lui ed è scattato il blitz nella clinica.

Campobello di Mazara è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Reina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perchè la casa non venne perquisita.

La perquisizione del covo del boss Matteo Messina Denaro, scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia dopo ore di ricerche, a cui sono presenti ed operativi anche i Ris dei Carabinieri è durata tutta la notte . Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. L’edificio, che si trova nel centro abitato, è stato setacciato palmo a palmo. All’interno del covo del “boss” Messina Denaro, non sono state trovate armi, i Carabinieri del Ros lo hanno perquisito per tutta la notte e trovato molti abiti di lusso, firmati, diversi profumi, anche questi di lusso, e un arredamento definito “ricercato”. La perquisizione è tuttora in corso .

Alfonso Tumbarello, 70 anni, il medico che aveva in cura Andrea Bonafede, alias Matteo Messina Denaro, è indagato nell’ambito dell’arresto del super latitante. Tumbarello è di Campobello di Mazara ed è stato per decenni medico di base in paese, sino a dicembre scorso, quando è andato in pensione. Tumbarello sino a qualche mese fa è stato il medico del vero Andrea Bonafede, 59 anni, residente a Campobello di Mazara e avrebbe prescritto le ricette mediche a nome dell’assistito. Ieri i carabinieri hanno perquisito le abitazioni di Campobello, di Tre Fontane e l’ex studio del medico che è stato anche interrogato.

il medico di Matteo Messina Denaro: Alfonso Tumbarello

Tumbarello ha anche un consistente passato politico: nel 2006, infatti, si era candidato alle elezioni regionali con l’Udc, la lista che proprio quell’anno ottenne la rielezione del governatore Totò Cuffaro, all’epoca sotto processo per il “caso Talpe” che poi lo portò in carcere per favoreggiamento di Cosa nostra. Tumbarello, che era già stato consigliere provinciale per l’Udc, ottenne 2.697 preferenze ma non riuscì a conquistare l’elezione nell’ Assemblea regionale siciliana. Il medico non si rassegnò: cinque anni dopo cercò di essere eletto sindaco della sua Campobello di Mazara, scendendo in campo con il Popolo delle libertà. Anche in questo caso arrivò una cocente sconfitta piazzandosi al quinto posto in una tornata elettorale che poi vide vincere Ciro Caravà. Singolarmente, l’amministrazione Caravà venne poi sciolta per mafia.

Chi lo conosce bene lo identifica come un personaggio vicino all’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino. E questo apre un altro collegamento: Vaccarino, nome in codice Svetonio, intrattenne una lunga corrispondenza con Messina Denaro durante la sua latitanza. Lo scambio, venne “coperto” dai servizi segreti, sarebbe stato condotto per arrivare a individuare il latitante. Vaccarino era coinvolto in affari di mafia, massoneria, spionaggio e morto nel 2021, a sua volta è stato un politico nella Democrazia cristiana.

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro dopo l’arresto avvenuto a Palermo è atterrato ieri sera con un volo militare nell’aeroporto di Pescara. L’ipotesi più accreditata, è che il boss venga detenuto nel carcere dell’Aquila poichè è una struttura di massima sicurezza, che ha già detenuto personaggi di spicco della criminalità organizzata come Leoluca Bagarella e Totò Riina, ma anche perchè nell’ospedale del capoluogo è presente un buon centro oncologico. Non è escluso che il boss sia stato trattenuto altrove per la notte, o in una caserma o nei vari penitenziari della zona. Secondo quanto si è appreso, diverse autorità ed istituzioni sarebbero state allertate.

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