E’ stata approvata definitivamente dall’aula del Senato la riforma della giustizia, che introduce la separazione delle carriere della magistratura. Il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Quello fatto in Senato è l’ultimo passaggio parlamentare, come previsto dalla Costituzione. In primavera ci sarà il referendum confermativo, che le forze di maggioranza hanno annunciato oggi in Aula. Una vittoria, quella del centrodestra, che il ministro Nordio dedica “alla democrazia” . Il pensiero a Silvio Berlusconi, l’ex premier morto il 12 giugno 2023 e considerato nel centrodestra un “perseguitato dalla toghe rosse”. viene rivolto da Adriano Galliani: “Il mio pensiero va in cielo. Dall’alto ci vede ed è felice. È una giornata dedicata ai sentimenti. Ora bisogna lavorare sul referendum”. Forza Italia, partito fondato dall’ex premier, ha esposto un maxi striscione con il volto di Berlusconi.

Cosa prevede il cuore della riforma: carriere separate tra giudici e pm
Il disegno di legge costituzionale n. 1917 introduce una novità storica: la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente. Finora era consentito il passaggio da un ruolo all’altro, possibilità che viene ora abolita. I giudici e i pubblici ministeri seguiranno due percorsi di carriera completamente autonomi, ciascuno regolato da un proprio Consiglio superiore. Questa modifica, spiegano i promotori, punta a garantire maggiore terzietà dei giudici e un equilibrio più netto tra chi giudica e chi accusa. Per l’opposizione, invece, la riforma rischia di indebolire la magistratura requirente e di ridurre le garanzie di indipendenza complessiva del sistema giudiziario. Il provvedimento, tuttavia, interviene solo sul piano costituzionale: i dettagli applicativi saranno definiti da una legge ordinaria successiva.

Due Csm distinti e sorteggiati: composizione, durata e presidenza
La riforma prevede la nascita di due Consigli superiori della magistratura: uno per i magistrati “giudicanti” e uno per i “requirenti”. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e ne faranno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno estratti a sorte: un terzo tra professori ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, scelti da un elenco predisposto dal Parlamento; due terzi tra i magistrati appartenenti alle rispettive categorie (giudicanti e requirenti). I consiglieri resteranno in carica quattro anni e non potranno partecipare alla procedura di sorteggio successiva. L’obiettivo dichiarato è ridurre il peso delle correnti interne e rendere il sistema di autogoverno della magistratura più indipendente dai meccanismi elettivi che in passato avevano suscitato polemiche.
L’Alta Corte disciplinare: come è formata e cosa fa
Accanto ai due Csm viene istituita una nuova Alta Corte di giustizia disciplinare, competente per sanzionare le violazioni commesse dai magistrati. Sarà composta da 15 giudici, di cui 6 magistrati giudicanti, 3 requirenti e 6 membri esterni (professori universitari e avvocati con almeno vent’anni di esercizio). Tre di questi membri saranno nominati dal presidente della Repubblica, tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento e gli altri selezionati tra i magistrati con almeno vent’anni di esperienza. Il presidente dell’Alta Corte sarà eletto tra i giudici designati dal Capo dello Stato o tra quelli estratti dal Parlamento. La durata in carica sarà di quattro anni, senza possibilità di rinnovo. Questa nuova istituzione sostituirà il sistema disciplinare interno al Csm, con l’obiettivo di garantire maggiore imparzialità e trasparenza nelle decisioni che riguardano comportamenti o mancanze dei magistrati.

Sentenze non impugnabili: cosa cambia nel sistema disciplinare
Un altro punto rilevante del testo riguarda la non impugnabilità delle sentenze pronunciate dall’Alta Corte. Le decisioni potranno essere ricorse solo davanti alla stessa Corte, che giudicherà in secondo grado con una composizione diversa da quella del primo. Le sentenze non saranno impugnabili in Cassazione, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 111 della Costituzione. Una legge ordinaria disciplinerà nel dettaglio gli illeciti disciplinari, le sanzioni, la composizione dei collegi, il procedimento e il funzionamento dell’Alta Corte. L’obiettivo è rendere più snello e autonomo il sistema di giustizia interna, senza il passaggio finale davanti alla Suprema Corte.
Cosa succede ora: referendum confermativo e tempistiche
Con il voto favorevole del Senato, il disegno di legge costituzionale è definitivamente approvato dal Parlamento, ma per entrare in vigore dovrà essere confermato da un referendum popolare. Secondo quanto spiegato dalle fonti di governo, l’esecutivo punta a far svolgere la consultazione entro la primavera del 2026. Solo in caso di voto favorevole da parte degli elettori, la riforma potrà essere promulgata e diventare pienamente operativa.
Il referendum per una riforma costituzionale, chiamato anche referendum confermativo, è previsto quando una legge di revisione costituzionale viene approvata da entrambe le Camere con la maggioranza assoluta, ma non con la maggioranza dei due terzi, e la richiesta viene presentata entro tre mesi dalla pubblicazione da un quinto dei membri di una Camera o da 500 mila elettori o da cinque Consigli regionali. Proprio sul referendum che si terrà in primavera, Nordio ha lanciato un avvertimento alla magistratura: “È bene che esponga tutte le sue ragioni tecniche razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso e io lo ringrazio il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura“. Lo stesso ministro Nordio ha assicurato che si “spenderà per il referendum”, affinché venga approvato.
Leggi attuative: un anno di tempo dopo il referendum
L’ultimo articolo della riforma prevede che, entro un anno dall’entrata in vigore, che avverrà solo dopo il referendum confermativo, il Parlamento dovrà approvare le leggi attuative. Queste norme definiranno concretamente le modalità operative dei nuovi Consigli superiori, dell’Alta Corte e della separazione delle carriere. Fino all’adozione dei nuovi testi, continueranno a essere in vigore le leggi attuali, per evitare vuoti normativi. In questo modo, il passaggio dal vecchio al nuovo assetto della magistratura avverrà in modo graduale, una volta che la riforma sarà confermata dagli elettori e resa esecutiva.

Dal via libera del Parlamento al referendum: cosa prevede l’iter
“Intanto ringrazio il Parlamento, tutti i colleghi dell’opposizione, a cominciare da loro, questa è la regola della democrazia. La maggioranza è stata ottima”, ha affermato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo l’approvazione della riforma della giustizia ricordando che il provvedimento era “nel programma di governo”. “Vi sono sicuramente delle ragioni per essere perplessi su alcune scelte della legge costituzionale, però vorrei anche aggiungere che, passato il referendum e presumibilmente in modo favorevole, saremo in fase di leggi attuative che possono e devono essere fatte con il concorso maggiore possibile”, ha affermato. “Devo anche dire che la mancanza di confronto c’è stata subito e non per colpa nostra perché l’Associazione nazionale magistrati ha risposto con uno sciopero prima ancora di avere un’interlocuzione – ha evidenziato il Guardasigilli – L’opposizione si è opposta nettamente ai due principi fondamentali della riforma quindi è ovvio che il dialogo manca; ma nell’ambito delle leggi attuative che faremo, qualcosa forse si può recuperare e spero che questo avvenga”.
“Il prossimo step sarà il referendum. Io mi auguro che venga mantenuto in termini giudiziari, in termini pacati, in termini razionali e che non venga politicizzato, nell’interesse sia della politica sia soprattutto della magistratura alla quale mi sento ancora di appartenere”, ha affermato quindi. “Non si tratta – e in questo senso mi riferivo alla litania petulante che ho sentito ancora ieri – di una legge punitiva nei confronti della magistratura quando questa separazione era stata prospettata niente meno che da Giuliano Vassalli che era un eroe della Resistenza. Quindi trovo improprio che si ripeta la tiritera sull’attentato alla Costituzione e via discorrendo“, ha sottolineato.
”Sono apertissimo al confronto con l’Anm, ‘ovviamente one to one per evitare che finisca in confusione” ma ‘‘anche con chiunque voglia interloquire”., ha detto poi Nordio rispondendo sull’ipotesi di partecipare a un confronto in tv con l’Anm. Questa “è una riforma che ci allinea con tutte le democrazie occidentali e liberali dove la funzione del pm cioè del pubblico accusatore è separata da quella del giudice. Quello che è più importante è che il Consiglio superiore della magistratura viene sdoppiato perché nella sua situazione attuale i pm danno i voti e quindi giudicano l’operato dei giudici che dovrebbero essere terzi e imparziali e questo è assolutamente incompatibile sia con la razionalità sia con i principi del processo accusatorio”.
Meloni: “Traguardo storico”
“Oggi, con l’approvazione in quarta e ultima lettura della riforma costituzionale della giustizia, compiamo un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. Un traguardo storico e un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani”. Lo scrive sui social Giorgia Meloni, commentando a caldo il voto del Senato sul ddl Nordio. Con l’ok alla riforma “governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati a esprimersi attraverso il referendum confermativo. L’Italia prosegue il suo cammino di rinnovamento, per il bene della Nazione e dei suoi cittadini. Perché un’Italia più giusta è anche un’Italia più forte”.





