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20 Aprile 2024 12:05
20 Aprile 2024 12:05

Lo spionaggio russo sulla Nato continua. Una spia russa infiltrata nei circoli Nato di Napoli per seminare virus informatici

La più clamorosa operazione di intelligence realizzata da Mosca in Italia svelata da un'inchiesta giornalistica internazionale. La misteriosa agente venuta da Mosca avrebbe lavorato sotto copertura per un decennio

Una spia donna russa con una ragnatela di rapporti tra Parigi, Malta, Roma e poi Napoli, un giro di passaporti falsi per muoversi tra uno stato e l’altro e naturalmente la guerra, non più fredda, tra Russia e Occidente, con tanto di base Nato coinvolta. Un tema attualissimo come lo spionaggio informatico con furto di dati che avrebbe potuto ispirare Ian Fleming, per un nuovo capitolo della saga 007.

Per fortuna esiste ancora il giornalismo d’inchiesta, con reporter investigatori che ha tentato per mesi di tracciare gli spostamenti della misteriosa spia russa. Eppure è tutto vero e tutto da ricostruire ancora nei dettagli. Alcuni contorni dello spionaggio al servizio di Putin sono però abbastanza chiari ed è anche merito di una lunga inchiesta condotta per dieci mesi dal sito Bellingcat, con il settimanale Der Spiegel, The Insider e con il quotidiano italiano La Repubblica, che nell’edizione di oggi rivela alcuni particolari. 

L’approfondimento si dedica a ricostruire quella che viene rappresentata come la missione segreta di Maria Adela, nome che sarebbe stato inventato, raccontando un decennio della vita della misteriosa ragazza – di stanza tra Parigi, Malta, Roma e poi sotto al Vesuvio – prima che nel 2018 si perdessero le sue tracce.  La missione segreta sarebbe stata condotta per quasi un decennio da una donna tanto misteriosa, quanto con un’identità più falsa che complessa : Maria Adela , nata in Perù da padre tedesco, spigliata trentenne che parla sei lingue, che aveva avviato un’azienda per produrre gioielli, riuscendo ad inserirsi prima nei circoli mondani di Napoli e dopo ad infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense: il vertice operativo del potere militare occidentale in Europa.

la prova su Facebook della partecipazione della spia russa agli eventi NATO a Napoli

Maria Adela Kuhfeldt Rivera la giovane donna spia della Russia, avrebbe avuto accesso ai circoli frequentati da ufficiali e militari della base Nato di Napoli. Tra il 2009 e il 2010 la donna si muove tra Francia, Italia e Malta. Ha un permesso di soggiorno come studentessa. Racconta di frequentare una scuola di moda a Roma. Dopo un breve periodo a Parigi, nel 2013 vive a Valmontone (alle porte di Roma) e apre la società Serein srl per la produzione di gioielli. Risulta abitare a Ostia. Nel 2015 l’arrivo a Napoli dove va a vivere in un’abitazione in via Manzoni nel quartiere Posillipo con vista mare e si inserisce nella mondanità cittadina. Nel 2016 apre una concept gallery a Palazzo Calabritto, all’angolo di piazza dei Martiri nel cuore di Napoli ed a fine anno trasferisce la sede della società Serein nel centro di Milano. Diventa segretaria del Lions Club Napoli Monte Nuovo. Il club si trova a Lago Patria, sede della Joint Allied Force della Nato: i soci sono quasi tutti militari o dipendenti del Comando Nato e dell’Us Navy.

Nel 2018 sparisce nel nulla e torna in Russia senza avvisare neppure il fidanzato. Il motivo? Secondo quanto accertato nell’inchiesta, il giorno prima, 15 settembre, Bellingcat aveva rivelato nomi e numeri di passaporto degli agenti del Gru coinvolti nell’avvelenamento di Sergey Skripal a Londra. Due mesi dopo, Maria Adela spiega sulla sua pagina Facebook i motivi della sua partenza: “5 mesi…. E la verità che devo finalmente rivelare. Stavo provando di nascondermi da me stessa, in qualche momento ci sono riuscita! Adesso i capelli stanno crescendo dopo la chemio, corti corti ma ci sono… Mi manca tutto, però sto provando di respirare. Almeno imparare di farlo… P.s. Grazie a tutte le persone chi in questi 5 mesi non hanno smesso di “bombardarmi” con i messaggi !!!! Love you!!!!”.

Il suo nome era un’invenzione costruita a tavolino. Nell’agosto 2005 un avvocato di Lima ha chiesto il riconoscimento della cittadinanza peruviana per Maria Adela Kuhfeldt Rivera, producendo un certificato di nascita siglato a Callao il 1° settembre 1978 e un attestato di battesimo della parrocchia di Cristo Liberador. Piccolo particolare in quell’epoca quella chiesa non esisteva: venne costruita soltanto nove anni dopo. Un errore grossolano che induissero le autorità peruviane a respingere la domanda.

Ma a Mosca non se ne preoccupano pensando probabilmente che nessuno andrà a controllare in Sud America e quindi decidono di far proseguire l’operazione. L’anno successivo, nel 2006, viene emesso un passaporto russo, che la presenta come una tecnica dell’università statale con un indirizzo moscovita di residenza dove i giornalisti del pool investigativo hanno verificato nessuno l’ha mai vista, conosciuta e tantomeno la ricorda.

La spy-story viene definita come “la più clamorosa operazione di intelligence realizzata da Mosca nel nostro Paese“. L’inchiesta sostiene che “la traccia principale che collega la donna ai servizi segreti di Mosca è il passaporto russo usato per entrare in Italia, appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del Gru, l’intelligence militare agli ordini del Cremlino“. cioè quelli che hanno tentato di avvelenare con il gas Novichok Sergey Skripal e il produttore di armi bulgaro Emilian Gebrev. Il 14 settembre 2018 il sito Bellingcat e The Insider hanno smascherato la squadra di killer, pubblicando i loro documenti. E guarda caso proprio il giorno dopo all’improvviso Maria Adela è partita da Napoli con un volo per Mosca, senza mai più farvi ritorno. sentendosi probabilmente “bruciata” come spia.

Passano mesi ed alla fine 2018, a Mosca ricompare Olga Kolobova, nata nel 1982, di cui in Russia non c’era traccia dal 2005. Olga è la figlia di un colonnello russo, decorato per le missioni di intelligence. Acquista due appartamenti di lusso e una Audi in pochi mesi. La foto del profilo WhatsApp di Olga Kolobova è la stessa di Maria Adela Kuhfeldt Rivera.

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