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26 Aprile 2024 15:04
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DIETRO LE QUINTE DEL (VERO) ARRESTO DI MICHELE ZAGARIA, CAPO DEL CLAN DEI CASALESI

Vittorio Pisani nel 2011 a capo della Squadra Mobile di Napoli, era stato tra i protagonisti dell’ investigazione che aveva portato alla cattura di Iovine, tema della prima serie di Sotto Copertura. Stava lavorando per mettere la parola "fine" alla latitanza di Michele Zagaria, che come nel film venne realmente trovato e catturato in un bunker

di REDAZIONE CRONACHE

Si è conclusa questa sera la fortunata serie televisiva trasmessa da RAIUNO Sotto Copertura, la cattura di Zagaria“. Michele Romano, il personaggio interpretato da Claudiò Gioè  ha un nome di fantasia, dietro il quale esiste una persona vera, al quale il personaggio è liberamente ispirato: quel poliziotto nella vita reale si chiama Vittorio Pisani ed esattamente come accaduto nella serie tv, proprio poco prima della cattura di Michele Zagaria,(nella fiction interpretato da Alessandro Preziosi)  era finito sotto inchiesta a causa delle dichiarazioni calunniose di un collaboratore di giustizia.

Vittorio Pisani nel 2011 a il capo della Squadra Mobile di Napoli, era stato tra i protagonisti dell’ investigazione che aveva portato alla cattura di Iovine, tema della prima serie di “Sotto Copertura“. Stava lavorando per mettere la parola “fine” alla latitanza di Michele Zagaria, che come nel film venne realmente trovato e catturato in un bunker. Pisani a suo tempo finì indagato per rivelazione di notizie riservate, abuso d’ ufficio e  favoreggiamento, a causa di un collaboratore di giustizia, Salvatore Lo Russo, boss dell’omonimo “clan” che opera nella zona Miano di Napoli, il quale in precedenza era stato di Pisani, e successivamente lo aveva accusato di aver favorito in questo modo alcuni imprenditori come Marco Iorio e Bruno Potenza, impegnati in attività di riciclaggio in alcuni ristoranti, in cambio di informazioni utili alla cattura di Zagaria.

il super poliziotto Vittorio Pisani, protagonista dell’ arresto del capo del Clan dei casalesi

Se già al vaglio delle indagini le accuse del collaboratore che accusavano Pisani anche di corruzione si erano rivelate prive di ogni fondamento , inducendo i magistrati della Dda di Napoli all’ archiviazione, per sgretolare le altre accuse, addirittura era stato necessario un processo. Pisani con grande dignità e mente lucida ha affrontato il processo in primo grado, difendendosi solo e soltanto nell’ aula del tribunale, senza mai cedere alla tentazione di una difesa mediatica per la quale avrebbe avuto sicuramente non poche occasioni.  Vittorio Pisani uscì assolto dal processo di primo grado con formula piena: dall’accusa rivelazione di segreto con la motivazione “per non aver commesso il fatto” e dalle accuse di abuso e dal favoreggiamento perché “il fatto non sussiste“.  La più ampia e limpida delle assoluzioni

Vittorio Pisani ed i suoi difensori in Tribunale a Napoli

Ad annientare definitivamente le accuse arrivò la sentenza di secondo grado , il 18 giugno 2015, nella quale i giudici della Corte d’ Appello sottolinearono come il processo avesse provveduto “a dissolvere ogni dubbio” sulla condotta del superpoliziotto Pisani. La procura generale non presentò ricorso per Cassazione e pertanto la sentenza di secondo grado divenne definitiva, restituendo Vitttorio Pisani al suo lavoro, anche se in contesti diversi e ben più importanti della guida della squadra Mobile di Napoli.

A seguito delle sentenze che lo hanno completamente riabilitato, Vittorio Pisani nel 2016 è stato promosso al ruolo di dirigente superiore, con decorrenza dal 2011, cioè dall’ anno dell’ inizio della vicenda giudiziaria che aveva subìto a causa dell’ accusa di Lo Russo così togliendo ogni eventuale ombra dalla sua divisa, rimasta vittima di quello che in Sicilia viene chiamata “mascariamento”, la strategia che la criminalità organizzata spesso utilizza per infangare il nemico ed annientare il suo lavoro per la legalità.

Claudio Gioè ha indossati i panni di Vittorio Pisani nella fiction ‘Sotto copertura’

Una storia amara che ha indotto la fiction, a realizzare le nuove puntate. L’attore protagonista Claudio Gioè, in alcune interviste ha ammesso che  sarebbe  stata proprio la tempesta che stava investendo Vittorio Pisani a suggerire alla produzione la cautela di cambiare il nome al personaggio nella prima serie, svincolandolo dalla realtà. E caso vuole che oggi, quasi a chiudere il cerchio, la cronaca si intrecci nuovamente con la finzione: pochi giorni dopo la messa in onda è arrivata infatti la notizia che il processo di Appello ha confermato la condanna di Lo Russo a tre anni e rotti di reclusione proprio per aver calunniato Vittorio Pisani. che attualmente è il numero due dell’ Aisi, il servizio segreto interno.

Il covo di Michele Zagaria, ultimo “padrino” del clan camorristico dei Casalesi, detto “’o Monaco” oppure “Capastorta”, ricercato da molti lustri, era proprio in fondo a quel viottolo di Casapesenna un piccolo comune della provincia di Caserta, nascosto cinque metri sottoterra all’interno di una villetta familiare come tante, cancello di ferro battuto all’esterno e una piccola edicola votiva della Madonna nel cortile. Un rifugio che era stato realizzato come un bunker hi-tech nascosto sotto stireria dell’abitazione: dentro la stanza, una parete scorrevole si muoveva lungo un binario a motore azionato da un telecomando. Nelle intercettazioni lo chiamavano ’O ping pong”. Spostata la parete, scendendo giù per una scala in ferro di quindici gradini, si accedeva attraverso un piccolo corridoio e un altro paio di gradini ad una piccola abitazione di circa 65 metri quadrati, perfettamente areata da un impianto di ventilazione di venti metri quadri con letto a una piazza e mezzo, tre monitor a circuito chiuso per guardare all’esterno, un bagno con doccia. Nessun computer, né telefoni cellulari.

“Ha vinto lo Stato, lo Stato vince sempre”, disse il padrino consegnandosi all’ex capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, dirigente allo S.C.O. il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, che ha diretto l’operazione coordinata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho (ora alla guida della Procuratore Nazionale Antimafia) con il pm Catello Maresca e gli altri sostituti del pool anticamorra impegnati nelle inchieste sui clan dei Casalesi.

Era il 7 dicembre 2011. Fra qualche mese, saranno passati dieci anni da quel giorno. Michele Zagaria ex capo dei Casalesi gestiva un giro d’affari pari di circa 30 miliardi di euro, da quel giorno è al carcere duro al 41 bis nel penitenziario di massima sicurezza di Parma, uno dei più rigidi e rigorosi carceri d’Italia , dove sta scontando una condanna all’ergastolo. A differenza dell’altro padrino arrestato dopo 15 anni di latitanza, Antonio Iovine detto il “Ninno”, Zagaria non ha mai voluto collaborare con la giustizia. Lo scorso febbraio, il fratello di Michele Zagaria, Pasquale è stato scarcerato per fine pena, dopo che un anno fa aveva ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute durante l’emergenza Covid con un provvedimento che aveva fatto finire nella bufera mediatica e politica l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, e fatto saltare il capo del Dap, Basentini, provvedimento che era stato successivamente revocato dal giudice di Sorveglianza di Brescia. Anche gli altri fratelli di Michele Zagaria attualmente sono liberi.

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