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2 Maggio 2024 19:42
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Collegio uninominale o plurinominale: cosa significa e come funziona la legge elettorale

Con le elezioni politiche, i cittadini rinnovano i due rami del Parlamento, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica.  Saranno i parlamentari eletti a dover votare successivamente la fiducia al nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, che viene scelto dal Presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali e della maggioranza in Parlamento.

La legge approvata del 2018 chiamata “Rosatellum” è rimasta la stessa, modificata dalla riforma costituzionale del 2020 che ha ridotto il numero dei parlamentari da eleggere, passati da 630 a 400 per la Camera e da 315 a 200 per il Senato, ma sono cambiati i collegi, ovvero le aree geografiche in cui il territorio è diviso. Il 25 settembre gli italiani andranno al voto per le elezioni politiche, per il rinnovo della Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica con la legge elettorale precedentemente usata nel 2018.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un vero e proprio delirio di parole per raccontare gli scontri tra i partiti, i contrasti per i candida nei collegi uninominali e quelli nei collegi plurinominali beneficiari dei posti garantiti dai rispettivi leader . Per molti cittadini però si tratta di un linguaggio “tecnico” poco comprensibile alla stragrande maggioranza degli elettori.

Elezioni Politiche 2022: che cosa si elegge

Con le elezioni politiche, i cittadini rinnovano i due rami del Parlamento, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica.  Saranno i parlamentari eletti a dover votare successivamente la fiducia al nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, che viene scelto dal Presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali e della maggioranza in Parlamento. Questo per chiarire i meccanismi elettorali a chi pensa che in Italia il Presidente del Consiglio dei ministri sia eletto direttamente dai cittadini. 

La legge elettorale per Camera e Senato è sostanzialmente uguale, quindi per comodità da qui in avanti parliamo solo della Camera, dove i numeri sono più ampi. Allora come scegliamo i nostri 400 deputati?

Legge elettorale: la scheda elettorale

L’Italia viene divisa in 147 zone (chiamati collegi). Uno di questi collegi – per fare un esempio concreto –  è la città di Bologna. Nel collegio di Bologna ci sarà un numero ancora non definito di candidati. Qui di seguito vedete com’era una scheda elettorale nel 2018, quando i candidati erano 11.  I candidati, indicati con nome e cognome nella parte alta di ogni riquadro, saranno associati ai partiti che li sostengono.

I cittadini di Bologna ad esempio, che andranno a votare dovranno scegliere il candidato e lo potranno fare o mettendo una croce sul nome che scelgono oppure sul simbolo di una delle liste. Agli effetti pratici della scelta del candidato, barrare il nome in alto o il simbolo è la stessa cosa.  Sulla scheda facsimile come si vede ci sono anche altri nomi. Quelli sono i candidati del cosiddetto “listino bloccato”: cosa succede loro lo vedremo dopo. 

Chi viene eletto? Quello che prende più voti

Viene eletto il candidato che ottiene più voti in questo collegio (esempio: la città di Bologna) . Basta anche un solo voto in più degli avversari per essere eletto deputato. Nel 2018 i circa 145mila elettori che sono andati a votare avevano eletto De Maria con 54mila voti, quattordicimila in più di Scarano. De Maria è stato eletto con il 37.2% dei consensi ma sarebbe bastata qualsiasi percentuale, purché fosse più alta di quella dei suoi avversari. 

Questo è il sistema maggioritario, tipico dei Paesi anglosassoni, cioè il primo che arriva viene eletto. La parola “maggioritario” viene sentita spesso associata al termine “uninominale”, perché vanno a braccetto: uninominale vuol dire che ogni partito o ogni coalizione presentano un solo nome, come in questo caso. E vince solo uno (quello che ha la maggioranza relativa).

Questo è il primo motivo per cui esistono le coalizioni: per mettere insieme i voti di più partiti dietro a un singolo candidato.

Si elegge così un deputato per ognuna delle 147 zone in cui è divisa l’Italia. Ma cosa succede per i restanti 253? Otto sono eletti all’estero ma per ora possiamo lasciarli da parte. Restano quindi 245 deputati da eleggere. 

Cerchiamo quindi di spiegare ai nostri lettori nella maniera più semplice possibile il significato e la differenza fra collegio “uninominale” e “plurinominale”, e poi come funzionano con la legge “Rosatellum“.

Come funziona il “Rosatellum

Di seguito vi offriamo una spiegazione completa , adesso concentriamoci sull’aspetto dei collegi.

Il “Rosatellum” è una legge elettorale che non sposa né il sistema maggioritario né il sistema proporzionale, ma li unisce e fonde insieme in una maniera molto particolare.

Ogni collegio plurinominale rappresenta un territorio che è la somma di collegi uninominali più piccoli. I candidati uninominali sono strettamente legati ai partiti che li sostengono. Non esiste la possibilità che di solito viene consentita, di votare per un candidato uninominale e un partito diverso nel proporzionale. cioè il cosiddetto voto disgiunto, che è vietato nel Rosatellum .

Conseguentemente ogni elettore può scegliere ed indicare solo un tandem inscindibile tra partito (con la sua lista bloccata) e candidato uninominale che quel partito e la sua eventuale coalizione sostengono.

Il collegio elettorale è una parte di territorio che racchiude più comuni o più quartieri nelle città più popolose confinanti. E’ la base di riferimento sulla quale la legge agisce per interpretare milioni di voti e “trasformarli” in 200 senatori e 400 deputati.

Collegi elettorali uninominali e plurinominali

I collegi si dividono in due tipi:

Collegio uninominale – In questo genere di collegi si presentano singoli candidati per partito, uno contro l’altro. L’ elezione è sempre associata al concetto di elezione maggioritaria, cioè viene eletto il più votato tra i singoli candidati .

Collegio plurinominale – In questo tipo di collegi si presentano liste di candidati, e viene associato (in parole più semplici) al concetto di elezione proporzionale, ovvero gli eletti vengono scelti in proporzione ai voti ricevuti dalle singole liste.

Facciamo un esempio facile da capire per tutti: nel collegio plurinominale “X” si presentano tre partiti (A, B e C). In questo collegio bisogna eleggere 10 deputati. Ognuno dei tre partiti presenta un “listino” composto da 10 nominativi. Se il partito “A” prende il 50% dei voti conquisterà il 50% dei seggi, cioè 5 candidati eletti. Se il partito B prende il 30%, avrà 3 eletti, e il partito C con il 20% i restanti 2.

L’esempio appena fatto è un sistema proporzionale “puro” e molto semplice. Come è facile dedurre, i numeri non sono mai così esatti e chiari, quindi esistono complesse formule e regole per la sua applicazione, ma il “senso” di applicazione è quello che abbiamo indicato nella maniera più semplice possibile.

Come si eleggono due terzi dei deputati

Qui entra in gioco l’altra parola chiave delle elezioni: proporzionale. Vediamo come.  La prima cosa da fare a questo punto è sommare tutti i voti di tutti i partiti in tutta Italia. Nel 2018 la ‘classifica’ appariva così: Movimento 5 Stelle: 10.697.994 voti, Partito Democratico: 6.134.727 voti, Lega: 5.691.921 voti e così via. In percentuale: i 10.697.994 di voti del M5s erano pari al 32,7% di tutti voti. Il Partito Democratico aveva ricevuto il 18,7% e i voti della Lega corrispondevano al 17,4%.  “Proporzionale” è autoesplicativo: i 245 deputati restanti vengono eletti in proporzione ai voti ricevuti dai singoli partiti.  Con alcune semplificazioni che non inficiano questo ragionamento, con queste percentuali 80 senatori andrebbero al M5s, 45 al Pd e 42 alla Lega.

Dal voto al nazionale, dal nazionale al territorio

Non è finita qui, perché ovviamente vanno scelti i singoli senatori: chi sono quei 45 che si attribuiscono al Pd? Con un complicato sistema di ripartizione territoriale, si torna sul territorio, anche se a un livello superiore a quello delle 147 zone iniziali.  Il territorio nazionale a questo scopo è diviso in zone più ampie dei collegi uninominali, che in molti casi corrispondono a intere regioni – quelle con meno abitanti, dalla Calabria in giù – in altre accorpano solo due o più collegi. Anche questi – in quanto ‘parti del territorio’ – si chiamano collegi, ma sono plurinominali

Come potete immaginare, se “uninominale” vuol dire che si presenta un solo candidato,  “plurinominale” vuol dire che si presentano più candidati. E qui torniamo agli altri nomi presenti – accanto al simbolo dei partiti – sulla scheda elettorale. Il cosiddetto “listino bloccato“.  Il calcolo complicato di cui sopra arriva a definire in quali collegi plurinominali i 45 senatori del Pd devono essere eletti. Ad esempio: 3 nel collegio che include Bologna, 1 a Milano e zero in Sicilia. La distribuzione è difficile, piena di controlli e correttivi, ma il totale deve fare 22 e rappresentare la distribuzione dei voti nazionali dei partiti. 

Legge elettorale: cos’è il listino bloccato e come funziona

Ultimo passaggio. Per scegliere i 3 deputati eletti a Bologna a questo punto si va a guardare la lista dei nomi e si prendono i primi 3. L’ordine del listino definisce l’ordine di elezione: per questo si dice “bloccato. L’alternativa – che la legge elettorale non prevede – è quella delle preferenze: quando ci sono le preferenze, l’ordine è stabilito dal numero di quelle ricevute, come nelle elezioni comunali. 

A questo punto abbiamo anche gli altri 245 deputati eletti, che si sommano ai 147 uninominali e agli 8 eletti all’estero. E la nuova Camera è pronta per essere convocata. 

Al Senato il meccanismo è molto simile, con numeri dimezzati: 74 senatori eletti nei collegi uninominali122 nei collegi plurinominali 4 all’estero. In più, al Senato la distribuzione dei seggi non avviene a livello nazionale, perché la Costituzione prevede che il Senato sia eletto su base regionale. 

Ne consegue che Camera e Senato sono eletti con una legge elettorale simile, in parte maggioritaria-uninominale (un terzo) e in parte proporzionale-plurinominale (due terzi). L’elettore ha però un solo voto, con cui contribuisce a definire le parti. 

Legge elettorale: le soglie di sbarramento

Aggiungiamo un’ultima cosa, di cui non abbiamo parlato finora: le soglie di sbarramento. Per ottenere dei seggi, i partiti devono superare un certo numero di voti minimi, altrimenti avranno zero seggi in Parlamento.  Un partito deve avere almeno il 3% dei voti oppure presentarsi in una coalizione di partiti che ottengono insieme il 10%, con delle eccezioni per i partiti forti in singole regioni o per le rappresentanze delle minoranze linguistiche. E’ questo il secondo motivo per cui esistono le coalizioni. In ogni caso, i partiti che non raggiungono l’1% non accedono al riparto dei seggi.

Il sistema elettorale all’estero

Alcune parole su quei 12 seggi (8 alla Camera e 4 al Senato) che saranno eletti dai cittadini italiani nel mondo. I cittadini eletti all’estero vengono divisi in 4 collegi: Europa, America meridionale, America settentrionale e centrale, Africa, Asia, Oceania e Antartide

Questi collegi si comportano come collegi plurinominali, quindi i voti vengono ripartiti tra le liste con sistema proporzionale.

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