Con un tripla risposta negativa l’aula di Montecitorio ha protetto i ministri, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano, sul caso Almasri, nei confronti dei quali Il Tribunale dei ministri non potrà più procedere per accertare se, nella vicenda del torturatore libico ricercato dalla Corte Penale internazionale, arrestato e scarcerato dalla magistratura e subito espulso e riaccompagnato in Libia su un volo di Stato invece di procedere con un nuovo arresto, i tre abbiano compiuto reati. La posizione nei confronti di Giorgia Meloni, inizialmente indagata, era già stata archiviata.

I deputati erano stati chiamati sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell’articolo 96 della Costituzione, dopo che nelle scorse settimane la richiesta è stata formalmente trasmessa dal Tribunale dei Ministri al Parlamento, per quello che avvenne nel gennaio 2025. La Giunta per le autorizzazioni aveva già espresso parere contrario con 13 voti contro e 6 a favore, dando ragione alla relazione firmata dall’onorevole dall’onorevole Pietro Pittalis (Forza Italia), ma la decisione finale spettava al voto dell’Assemblea legislativa, chiamata a esprimersi con tre votazioni distinte, una per ciascun membro del governo coinvolto nella vicenda, con scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei componenti. Al momento del voto, oltre alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e ai componenti del governo direttamente interessati, c’erano seduti ai banchi dell’esecutivo, tra gli altri, i ministri Antonio Tajani, Giancarlo Giorgetti, Luca Ciriani, Tommaso Foti, Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani.

C’era quindi anche la premier in aula alla votazione accompagnata da grida delle opposizioni che hanno parlato di “sfregio” del Parlamento e di “vergogna internazionale”, accusando il ministro di giustizia Nordio di aver “mentito in aula”. Il guardasigilli restat, in silenzio in Aula, ha ammesso dopo di non aver potuto dire tutta la verità. “Non potevano. Perché da indagati eravamo vincolati al segreto istruttorio. L’aver voluto giurisdizionalizzare questa vicenda, affidandola subito alla procura – fa notare Nordio – ha ridotto le nostre capacità difensive, perché eravamo vincolati al segreto istruttorio. E non potevamo esternare in Parlamento considerazioni che potevano essere fatte eventualmente solo davanti al tribunale dei ministri“.
Nordio ha bacchettato i magistrati che “violando i diritti più elementari sono state valorizzate dichiarazioni da noi rese in Parlamento senza garanzie di difesa. Anomalie” ha cotinuato il ministro, che “mi domando come non abbiamo fatto schizzare via dalle loro mani i codici, ammesso che siano stati consultati”.
I tre voti della Camera sono stati salutati con un applauso dai banchi del centrodestra. I colleghi della maggioranza di governo sono andati a stringere la mano a Piantedosi e a un sorridente Nordio; e così a partire dal capogruppo di Fdi Galeazzo Bignami molti altri parlamentari di maggioranza sono andati verso i banchi del governo per complimentarsi.
“La maggioranza ha dimostrato una compattezza straordinaria, una sonora smentita a chi continua a parlare del centrodestra come di una coalizione divisa” ha rivendicato Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento che ha tenuto a a rimarcare i “numero di voti superiore a quello della maggioranza di governo”. Infatti effetti, i gruppi di maggioranza hanno infatti 242 deputati a cui se ne aggiungono tre del gruppo misto, mentre i voti contro l’autorizzazione a procedere sono stati 251 per Nordio, 252 per Mantovano e 256 per Piantedosi. In favore del ministro dell’Interno aveva annunciato il proprio voto favorevole solo Italia Viva.