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15 Dicembre 2025 10:38

Spia russa scoperta grazie al suo gatto. Ecco chi è Olga Kolobova

"A Napoli a stretto contatto con i generali Nato, poi è sparita nel nulla". E' stata scoperta grazie alle ricerche del giornalista investigativo Christo Grozev. Seguendo il microchip del suo gatto è riuscito a risalire alla vera identità della donna

Christo Grozev, giornalista investigativo a capo delle indagini di The Insider ed ex capo investigatore russo di Bellingcat ha scoperto la vera identità di una spia russa che si era infiltrata a Napoli negli ambienti della NATO che ha visto “bruciata” la sua vera identità grazie al suo gatto, di cui era follemente innamorata. La storia, incredibile, è stata raccontata in un video sul canale YouTube del giornalista dove la chiama “Cat Lady”. La spia russa che viveva illegalmente, era un’agente dormiente di lunga data che si faceva chiamare Maria Adela Kuhfeldt Rivera (ma il vero nome è Olga Kolobova, classe 1982, agente del Gru, i servizi segreti russi specializzati in operazioni di sabotaggi, figlia di un ex colonnello che ha servito Mosca in tanti teatri internazionali.

Sembra la trama di uno dei migliori film di spionaggio, eppure è realtà: è uno dei pochi casi di spionaggio documentati negli ultimi anni in Italia. La traccia principale che la collega ai servizi segreti di Mosca  è il suo passaporto russo usato per entrare in Italia: appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del Gru, l’intelligence militare agli ordini del Cremlino. Un’ingenuità che rendeva più facile la loro localizzazione e che probabilmente convinse i russi della necessità di far sparire da Napoli e riportare in patria la spia Olga Kolobova..

La spia russa ha vissuto in Italia a Napoli per più di un decennio , ed ancora prima a Malta. “Ha avuto relazioni con persone vicine al quartier generale della Nato a Napoli, stringendo amicizia con le mogli dei generali. Con un accesso privilegiato a informazioni dell’Alleanza”, spiega Grozev. In passato La Repubblica aveva svolto un’ inchiesta che aveva fatto luce su una delle più clamorose falle nella sicurezza dell’Alleanza Atlantica degli ultimi tempi. Dieci mesi di indagini, quattro testate giornalistiche coinvolte, dieci anni da ricostruire. Oltre al quotidiano italiano, infatti, ad indagare sulla vita segreta di Maria Adela si sono attivati il sito investigativo Bellingcat, il giornale tedesco Der Spiegel e il sito di informazione The insider che alla fine ha scoperto la sua vera storia ed identità.

il passaporto della spia russa con il numero di serie usato dagli agenti del Gru, il servizio segreto estero della Russia

Olga Kolobova, viveva a Parigi prima del suo trasferimento in Italia a Napoli, dove riesce ad insediarsi, utilizzando una liquidità finanziaria di cui ufficialmente non c’erano tracce, che le avevano consentito di poter vivere in una delle strade più esclusive di Posillipo, in una elegante abitazione vista golfo, dove invitava vip, imprenditori e personaggi illustri della Napoli bene. Così, tra serate eleganti e amicizie di un certo livello, la finta “Maria Adela” era riuscita a farsi ammettere al prestigioso Lions Club “Napoli Monte Nuovo”, fondato proprio dagli ufficiali della base Nato di Lago Patria frequentato dai militari della VI Flotta statunitense distaccati in Italia, di cui divenne persino segretaria. Nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice dell’Alleanza atlantica.

Tra le figure di rilievo con cui era entrata in contatto c’era Shelia Bryant, all’epoca ispettore generale delle forze navali americane in Europa e Africa, poi candidata alla Camera coi Democratici. Bryant ha detto di non essere mai stata convinta dalle storie nebulose dal passato della donna e di non aver mai parlato di politica con lei: insieme al marito le avrebbero dato consigli per la sua “complessa situazione sentimentale“. Entrata in questo circolo, la spia russa sicuramente partecipò a feste e serate di beneficenza di NATO e Marines.

Oltre a diverse relazioni sentimentali (o meglio sessuali) grazie alla sua avvenenza, la spia russa aveva intrecciato nel tempo uno stretto legame con l’allora “Data Systems Administrator” del quartier generale Nato di Napoli, che era il responsabile dei sistemi informatici anche sensibili. Ad un certo punto, però, qualcosa era storto e la spia russa era sparita. Il 15 settembre 2018 infatti, la donna aveva preso un volo ed era sparita dai radar di amici e conoscenti per due mesi, fino a quando a novembre era riappare sui social giustificando l’assenza per seri motivi di salute

L’inchiesta ha rilevato come in corrispondenza del suo ritorno in patria fossero emerse attività online di Olga Kolobova, figlia di un alto ufficiale russo e preside di una facoltà militare nell’università di Ekaterinburg, di cui da 13 anni non si avevano più notizie in Russia. L’inchiesta ha rivelato come Olga Kolobova fosse il vero nome della Kuhfeldt Rivera. Per riuscirci è stato necessario un lungo processo di ricerca di visi compatibili in vari archivi online, attraverso un software di riconoscimento facciale. Anche se l’immagine sul profilo WhatsApp di Olga, infine, sarebbe la stessa di quella pubblicata da Maria Adela ai tempi di Napoli.

Nessuno aveva mai sospettato che quella che si presentava come una “gioielliera peruviana” fosse in realtà una spia russa, sino a quando l’inchiesta non ha svelato la sua vera identita. Racconta Grozev nella sua video inchiesta: “Dimostrare che fosse una spia russa non è stato un problema, perché aveva un passaporto con una particolare serie di numeri. Era chiaro che fosse una spia russa, ma a un certo punto è scomparsa dall’Italia per tornare in Russia. Per mesi, se non per un anno, ho cercato di scoprire la vera identità di questa persona. E l’unica cosa che sono riuscito a trovare che collegasse la finta peruviana residente in Italia alla persona che viveva in Russia era il suo gatto”.

A distanza di quattro anni si sarebbe scoperto che il nome di Maria Adela era inventato, così come la sua biografia. Nell’agosto 2005 un avvocato di Lima avrebbe chiesto il riconoscimento della cittadinanza peruviana per la spia russa, realizzando un certificato di nascita siglato a Callao il primo settembre 1978, oltre ad un attestato di battesimo della parrocchia di Cristo Liberador. All’epoca dei fatti non sarebbe esistita nessuna chiesa del genere (sarebbe nata soltanto nove anni dopo), e quindi le autorità peruviane avrebbero bloccato il procedimento burocratico.

una delle coperture della spia russa che sui social dava persino il suo numero di telefono

La spia russa è stata definitivamente scoperta e quindi “bruciata” grazie a Luisa, la gatta che adorava. “Tutti i suoi amici che la conoscevano in Italia avevano parlato del suo amore per la gatta – racconta GrozevCosì ho pensato: se c’è una cosa che questa donna avrebbe potuto portare dalla sua vita finta a quella reale, sarebbe stata la sua gatta. Per mesi abbiamo cercato di trovare un collegamento tra quel gatto in Italia e un gatto in Russia“. Fino all’incredibile scoperta grazie al suo microchip, che ha un numero lungo e univoco in tutto il mondo. Dopo aver trovato il microchip, è iniziata la caccia nei database in Russia per trovare un animale registrato presso qualche veterinario. E così è stato: quella gatta era stata registrata presso una clinica veterinaria in Russia. “Così abbiamo consultato il socialnetwork VK, la versione russa di Facebook, e abbiamo trovato una donna di nome Olga Kolobova che aveva messo “Mi piace” e stretto amicizia con quel gruppo di veterinari e aveva un gatto sul suo profilo. Il resto è stato facile”. Ed è solo il primo capitolo di una storia che si preannuncia avvincente. L’inchiesta completa, infatti, verrà pubblicata nel giro di qualche settimana. Una scoperta che farà venire qualche mal di pancia ai vertici della NATO in Italia, ma anche ai nostri servizi segreti beffati dalla donna per 10 anni.

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