Il noto pregiudicatoe pluricondannato Fabrizio Corona è indagato dalla Procura di Milano per il reato di diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite, comunemente noto come “revenge porn”. L’indagine della magistratura trae origine, quale atto dovuto, a seguito dalla querela presentata da Alfonso Signorini, conduttore televisivo del “Grande Fratello Vip”, dopo la messa online della prima puntata del format web “Falsissimo – Il prezzo del successo – parte 1”, in cui sono stati diffusi messaggi e di fotografie tra Signorini e aspiranti concorrenti del GfVip, con la promessa-minaccia di ulteriori pubblicazioni in futuro.
È stato lo stesso Corona a far sapere attraverso social delle perquisizioni subite ad opera della dalla polizia sia in casa sua che nello studio di produzione dove vengono registrate le puntate del format: “Abbiamo dovuto rigirare la puntata, compresa l’intervista-denuncia di Antonio Medugno, perché il materiale ci si è stato sequestrato dalla Procura”, ha scritto l’ex agente dei paparazzi su Instagram.
La vicenda non riproduce il solito schema del revenge porn, dove un ex o attuale partner pubblica sul web video che ritraggono la partner in atteggiamenti intimi, senza che lei lo sappia né abbia dato il proprio consenso. Anche per questo motivo il caso Signorini-Corona riaccende l’attenzione su un reato introdotto nel 2019 dalla legge “Codice Rosso” e solleva delle domande: quando la diffusione di materiale privato diventa penalmente rilevante? E quali sono i confini tra cronaca giornalistica e violazione della privacy sessuale ? La seconda domanda ad onor del vero è inconferente nel caso in questione in quanto Fabrizio Corona non è mai stato iscritto all’ Ordine Nazionale dei Giornalisti, ed il suo format non è trasmesso da alcuna testata giornalistica online, radiotelevisiva o cartacea quindi non può avvalersi di alcun diritto di cronaca giornalistica.

Il caso: cosa è successo
Il 19 dicembre 2025, Corona ha pubblicato sul suo canale YouTube (accrssibile solo previo abbonamento, quindi a scopo di lucro) la prima puntata di un’inchiesta dedicata al cosiddetto “sistema Signorini”, accusando il giornalista direttore editoriale del settimanale CHI (Mondadori Editore) e conduttore televisivo del programma televisivo “Grande Fratello Vip” (Canale5-Mediaset) di aver gestito un meccanismo di favoritismi basato su rapporti sessuali con aspiranti concorrenti del reality. All’interno del format sul web la Corona ha mostrato messaggi privati, fotografie e video a sfondo erotico che, secondo l’accusa, riguardano Alfonso Signorini.
Signorini attraverso i suoi legali ha quindi presentato querela per revenge porn e la Procura di Milano ha aperto un’indagine formale, disponendo il sequestro preventivo del materiale destinato alla seconda puntata del programma, che sarebbe dovuta uscire il 20 dicembre. Le perquisizioni sono avvenute nelle prime ore del mattino nell’abitazione di Corona e negli studi di produzione. L’avvocato di Fabrizio Corona ha contestato l’ipotesi di revenge porn sostenendo strumentalmente, arrampicandosi di fatto sugli specchi, che si tratterebbe di materiale giornalistico di pubblico interesse. Sarà fondamentale capire se sussistono i motivi di pubblico interesse e, in caso positivo, se sono prevalenti rispetto ai diritti della persona che Signorini ritiene violati, anche perchè come già detto prima Corona non è giornalista (e potete verificarlo da soli online, cliccando qui ! )

Quando si realizza il reato di revenge porn secondo la legge italiana
Da un punto di vista normativo, il reato di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” è disciplinato dall’articolo 612-ter del Codice penale, introdotto dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (cosiddetto “Codice Rosso”). La norma tutela la libertà di autodeterminazione sessuale della persona, oltre all’onore, al decoro, alla reputazione e alla privacy.
Gli elementi costitutivi del reato di revenge porn
Il reato si configura quando ricorrono simultaneamente tre elementi: in presenza di contenuto sessualmente esplicito: le immagini o i video devono rappresentare organi sessuali o contenuti a carattere sessuale esplicito; in presenza di destinazione privata: il materiale deve essere stato creato o destinato a rimanere privato, ossia non pensato per la diffusione pubblica; in presenza di assenza di consenso: la diffusione deve avvenire senza il consenso delle persone rappresentate nel materiale.
La legge distingue inoltre due diverse condotte criminose: al 1° comma (chi produce o sottrae): è punito “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”. Questa norma colpisce chi ha creato direttamente il materiale (ad esempio durante una relazione) o chi lo ha sottratto (ad esempio hacker o persone che rubano telefoni); il 2° comma (chi riceve e poi diffonde): è punito anche “chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recar loro nocumento”. In questo caso si richiede la prova che la diffusione sia avvenuta con l’intenzione specifica di danneggiare la persona ritratta.
Le pene e le aggravanti
Le pene previste vanno dalla reclusione da uno a sei anni e una multa da 5.000 a 15.000 euro. La pena aumenta se: il fatto è commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o da una persona legata o che è stata legata affettivamente alla vittima; la diffusione avviene tramite strumenti informatici o telematica (ed è questo il caso di Corona) ; la vittima è in condizione di inferiorità fisica o psichica; la vittima è una donna in stato di gravidanza.
Procedibilità e prescrizione
Il reato è perseguibile a querela di parte: significa che la vittima deve presentare formale denuncia entro sei mesi dal momento in cui ha conoscenza del fatto. La remissione della querela (l’eventuale “perdono” della vittima) può avvenire solo davanti al giudice in udienza. Il procedimento diventa d’ufficio (procede automaticamente senza necessità di querela) quando ricorrono le circostanze aggravanti o quando il fatto è connesso ad altro delitto perseguibile d’ufficio.

Il confine con il diritto di cronaca
Nel caso specifico del caso Corona-Signorini, il nodo giuridico centrale riguarda la invocazione del diritto di cronaca come causa di giustificazione, esimente che non può essere invocata in nquesto caso, in quanto (e lo ripetiamo ancora una volta; Corona non è un giornalista !) . La giurisprudenza italiana riconosce (al giornalista e solo quando è iscritto all’ Ordine professionale) il diritto di informare su fatti di pubblico interesse può prevalere sulla tutela della privacy, purché siano rispettati tre requisiti: verità dei fatti, interesse pubblico alla notizia e continenza espositiva (i fatti riportati devono essere strettamente necessari al dovere di informare il pubblico).
La diffusione di materiale sessualmente esplicito, tuttavia, difficilmente rientra nella tutela del diritto di cronaca quando non è necessaria alla comprensione della notizia. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che la vita sessuale privata, anche di personaggi pubblici, gode di una protezione rafforzata e la sua esposizione mediatica non può avvenire senza consenso salvo casi eccezionali di rilevanza penale accertata.
Spetta quindi solo e soltanto alla magistratura a valutare se, nel caso in esame, la diffusione del materiale fosse indispensabile alla narrazione giornalistica o invece costituisce (e questo è un caso lampante !) una lesione ingiustificata della sfera intima della persona offesa. Una persona omosessuale è libera di andare a letto con altri uomini, in quanto non commette un reato, e chi ci va non ci risulta essere stato obbligato. E’ evidente che il modello semi-sconosciuto, utilizzato “fonte” di Corona, non è persona attendibile e tantomeno lesa in quanto il fatti sarebbe di fatto prescritto, e quindi è inconfutabile la ricerca di protagonismo o di qualche tipo di vendetta personale.
A nostro parere Corona andrebbe denunciato anche dall’ Ordine Nazionale dei Giornalisti per esercizio abusivo della professione, ma forse a qualcuno sfugge la legge, e la la sentenza numero 8956 della 6a Sezione della Suprema Corte cassazione sezione 6 . L’esercizio abusivo della professione giornalistica si configura quando una persona, non iscritta all’Ordine dei giornalisti (professionista o pubblicista) e senza il relativo tesserino, svolge attività giornalistiche in modo continuativo, organizzato e riconoscibile come tale, ad esempio curando servizi, partecipando a conferenze stampa, realizzando interviste, o gestendo testate non registrate, configurando un illecito penale (Art. 348 c.p.) punibile con reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 10.000 a 50.000 euro . La differenza con la libera manifestazione del pensiero (tutela costituzionale) sta nella professionalità, continuità e organizzazione dell’attività, che richiede l’iscrizione all’Albo.





