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28 Marzo 2024 09:29
28 Marzo 2024 09:29

Paradosso Taranto: tra gli aspiranti sindaco l’Ilva rimane un tabù

Finalmente un articolo”vero” sulle elezioni amministrative di Taranto. Ed infatti non a caso lo ha scritto un giornalista del quotidiano LA STAMPA che non vive a Taranto ! Mentre i 10 candidati svicolano, tra slogan e proposte irrealizzabili, nel silenzio complice dei soliti "pennivendoli" da quattro soldi....

di Paolo Baroni*

L’Ilva è grande una volta e mezzo la città di Taranto. È naturale che la sovrasti in tutto, che la fagociti. Il paradosso è che mentre la città rischia di affondare trascinata dalla crisi del suo siderurgico il tema in città è quasi tabù. Solo l’annuncio di una nuova ondata di esuberi fuori misura legati all’imminente passaggio di proprietà, 5-6 mila licenziati di qui al prossimo anno, ha smosso le acque. Si è fatto sentire il sindaco uscente, Ippazio “Ezio” Stéfano, che ha rivendicato il coinvolgimento della città nella trattativa per la cessione – un vero paradosso se si considera che tutti lo indicano come il campione dell’immobilità – e ha preso posizione qualcuno dei candidati che puntano a subentrargli alla guida di Palazzo di Città.

 Da anni e oggi ancora di più, con l’economia in caduta libera, centinaia di negozi e case sfitte o in vendita a prezzi da saldo e appena 3 persone su 10 che lavorano (mentre le altre vivono di sussidi pubblici ed espedienti), l’Ilva a Taranto è «La Questione». Eppure sino a ieri nei comizi elettorali come nelle interviste tv, pochi ne parlavano esplicitamente. «Molti si nascondono», spiega il candidato del centrosinistra Rinaldo Melucci. Troppo facile cavalcare una questione ambientale ma anche troppo rischioso immaginare di attaccare in qualche modo gli operai che comunque rappresentano pur sempre un bel pacchetto di voti. Anche il M5S un poco svicola. Il problema ambientale, complice l’alleanza col movimento “Liberi e pensanti” di derivazione Fiom, è solo il decimo punto del programma del loro candidato, Francesco Nevoli, avvocato di professione e figlio dell’assessore al Bilancio che nel 2006 portò il Comune al dissesto. Che oltre ad evocare l’esigenza di un accordo di programma per far pesare la città nelle scelte future, e a proporre un irrealizzabile grande piano di «riconversione economica» del territorio, non va.

Il Pd? Ha sposato la linea Emiliano della de-carbonizzazione, altro progetto lunare stante l’attuale indisponibilità di gas, ma lo affiancano a proposte più concrete nel campo del turismo e dell’agroindustria. Il centrodestra? Non pervenuto. La sua candidata Stefania Baldassari, direttrice in aspettativa del carcere cittadino, il più delle volte si sottrae al confronto come è capitato l’altro giorno con Confindustria. Spiega il presidente degli imprenditori tarantini Vincenzo Cesareo: «Purtroppo c’è molto pressappochismo: c’è tanta gente che parla per sentito dire e c’è poca conoscenza dei problemi. Anche se siamo in campagna elettorale questa vicenda non si può liquidare con una battuta dicendo solo “chiudiamo le fonti inquinanti”, oppure “mettiamo gli operai a fare le bonifiche”». «Se siamo arrivati a questo punto – denuncia a sua volta il segretario della Fim Cisl Valerio D’Alòè soprattutto a causa dell’assenza della politica locale».

A pochi giorni dal voto il quadro politico (e sociale) di Taranto si presenta frantumato come non mai: 10 aspiranti sindaci, 37 liste, oltre 1400 candidati. A contendersi il voto di protesta saranno i 5 Stelle e la Lega d’azione dell’ex sindaco Cito, che da pluri-condannato ricandida il figlio Mario. Il centrosinistra sulla carta potrebbe contare un ampio consenso ma si presenta diviso in ben quattro schieramenti. Il candidato di Pd, Psi e Alternativa popolare è Rinaldo Melucci, giovane presidente di un consorzio portuale.

Emiliano, suo grande sponsor lo ha indicato come futuro «sindaco sarto», chiamato insomma a «unire e a invertire il processo di confusione e di scomposizione che si è sviluppato in questi anni». Di certo Melucci non avrà vita facile perché se la dovrà vedere innanzitutto col presidente uscente del consiglio comunale, Pietro Bitetti (ex Pd ora Progetto Taranto), appoggiato dietro le quinte dal vecchio dominus cittadino Claudio Signorile e dal suo quotidiano Taranto BuonaSera. Quindi col prediletto del sindaco uscente, il giudice di sorveglianza Massimo Brandimarte (Sviluppo Democrazia Solidarietà), volto noto di “Forum“, con l’ex procuratore Franco Sebastio (lista civica MutaVento) e con l’allevatore Vincenzo Fornaro candidato di Verdi, Civati e De Magistris.

Possibile esito del voto dell’11 giugno? I sondaggi disegnano una gara a quattro, con Nevoli e Cito destinati a rubarsi i voti a vicenda, ma col candidato del M5S accreditato di un 18-20% davanti a Baldassari, e a Melucci e Bitetti. Quest’ultima competizione rischia di favorire per il ballottaggio la candidata del centro-destra che, assieme a Sebastio e Brandimarte, compone una singolare «filiera della giustizia». Melucci è convinto che i 5stelle siano sopravvalutati e che alla fine la partita tra centrosinistra e centrodestra.

In realtà tutti dovranno fare i conti con un terzo incomodo, l’astensionismo, che a Taranto viaggia ben oltre il 40 per cento.

*giornalista ed inviato del quotidiano LA STAMPA

 

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