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28 Marzo 2024 14:25
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Nassiriya. Undici anni dopo. Per non dimenticare

11 anni fa, in Iraq, il più grave attacco subito dall'esercito italiano dopo la Seconda guerra mondiale: morirono 19 italiani, militari e civili, e 9 iracheni
Schermata 2015-11-12 alle 17.05.57di Antonello de Gennaro
Undici anni fa, era del 12 novembre 2003, quando alle 10.40, un’autocisterna forzò l’entrata della base militare Maestrale, nella città di Nassiriya in Iraq, presidiata dai Carabinieri italiani del MSU (Unità specializzata multinazionale): i due uomini a bordo fecero esplodere una bomba che venne stimata pesare tra i 150 e i 300 chilogrammi. L’esplosione uccise 19 cittadini italiani fra cui 12 carabinieri, 5 militari e due civili, e 9 iracheni. Altre 140 persone vennero ferite. Fu il più grave attacco subito dall’esercito italiano dalla fine della Seconda guerra mondiale, ed i processi che riguardano ciò che avvenne in quel giorno non sono ancora terminati.

Il nome dell’operazione, “Antica Babilonia

Schermata 2015-11-12 alle 16.31.52I militari italiani si trovavano dal 19 luglio 2003 a Nassiriya , quando vennero chiamati a dare il cambio ai “marines” americani del 2° battiglione, 25° reggimento della Delta Force. Una missione di peacekeeping, autorizzata dalle Nazioni Unite, cominciata il 15 luglio 2003 e terminata il primo dicembre 2006,   conseguente alla guerra avviata dagli Stati Uniti d’ America per deporre il dittatore Saddam Hussein. Ai militari italiani erano stati affidati alcuni specifici compiti, tra cui quelli di addestrare le forze di sicurezza irachene.

Il comando militare dell’operazione era situato nella base White Horse, a 7 chilometri dal centro abitato, fuori da Nassiriya. All’interno della città i Carabinieri e gli uomini dell’esercito  italiano avevano preso possesso di altre due basi, che erano situate a poche centinaia di metri l’una dall’altra. I militari dell’Esercito Italiano si trovavano nella base Libeccio, i Carabinieri nella base Maestrale,  il vecchio edificio della Camera di Commercio, che era stata soprannominata “Animal House

I primi quattro mesi dell’operazione Antica Babilonia” erano trascorsi senza incidenti.  Nassiriya si trova nel sud dell’Iraq, una zona a larga maggioranza sciita, in una località dove le rappresaglie fra la minoranza sunnita e le forze internazionali erano molto meno frequenti e pericolose che in altre zone del paese, come ad esempio intorno alle città di Baghdad e Tikrit, che  all’epoca di fatti erano  presidiate dall’esercito statunitense. Poche settimane prima dell’attentato, alcuni ufficiali dichiararono che la missione stava procedendo in modo molto soddisfacente.

L’attentato kamikaze

Schermata 2015-11-12 alle 16.31.16Rileggendo i documenti prodotti dal contingente italiano, in collaborazione con i servizi segreti, era stato ipotizzato nel corso di ottobre, cioè il mese precedente all’attentato, che “gli attentati con mezzi esplosivi possono essere incrementati”. Il SISMI, il servizio segreto  militare italiano avvisò in un rapporto del 5 novembre che “un gruppo di terroristi di nazionalità siriana e yemenita si è trasferito nella città di Nassiriya”.

Quel maledetto  12 novembre 2003, alle 10 e 40  un camion-cisterna si avvicinò alla base militare degli italiani . All’altezza della base svoltò a sinistra, in direzione del vecchio edificio della Camera di Commercio. A bordo del camion c’erano due persone, un autista e un uomo armato, il quale dal finestrino cominciò a sparare contro il posto di guardia all’ingresso della base. Il camion proseguì la sua folle corsa suicida-omicida, sfondando la barra di metallo all’ingresso, nonostante il militare italiano di guardia rispondeva anch’egli al fuoco sparando.

Il camion si arrestò pochi metri dopo, scontrandosi contro gli “hesco bastion” che sono dei gabbioni di materiali vari, che vengono riempiti di sabbia o terra ed utilizzati per creare ripari e terrapieni, e che delimitavano il parcheggio della base. Nonostante il peso del mezzo e la velocità sostenuta a cui procedeva, il camion arresto la sua corsa fermandosi subito dopo aver superato i gabbioni, e fu lì che esplose, a circa 25 metri dalla palazzina.

Dalle ricostruzioni successive, è stato accertato sul camion erano trasportati fra e 150 ed i 300 chilogrammi di esplosivi. La cui esplosione sventrò l’edificio della Camera di Commercio , le finestre andarono in pezzi lanciate nel raggio di centinaia di metri e persino la base Libeccio, che era piuttosto distante dal luogo dell’attentato, venne danneggiata. La potenza dell’esplosione scagliò tutto intorno la ghiaia che riempiva gli hesco bastion e fece esplodere in aria anche la riserva di munizioni della base: le indagini successive accertarono che purtroppo diversi corpi erano stati colpiti da proiettili italiani a causa dell’esplosione.

28 persone persero la vita. Dodici erano Carabinieri in servizio nella base, cinque erano militari dell’ esercito Italiano e due civili, uno dei quali era un regista che si trovava a Nassiriya per girare un documentario, la cui storia venne raccontata nel libro “20 sigarette a Nassiriya” ed un cooperante internazionale. Morirono anche nove iracheni, compresi i due attentatori-suicidi. Altri 20 italiani rimasero feriti, oltre ad almeno un centinaio di civili iracheni.

I processi
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Dopo l’attentato furono aperte diverse inchieste dalla Magistratura per accertare chi erano i responsabili dell’attacco ed anche se vi fossero state delle superficialità o mancanze da parte dei comandi militari nel prevedere l’attacco, e quindi dalla mancata ulteriore necessaria difesa  della base Maestrale. Le inchieste sui terroristi hanno indicato come probabili responsabili dei gruppi sunniti che erano arrivati a Nassiriya poco prima dell’attacco. Da quanto emerso vi sono consolidate ipotesi che l’attentato sia stato progettato da gruppi vicini ad al-Qaida ed al leader islamista Abu Musab al-Zarqawi.

L’inchiesta sulle responsabilità dei militari italiani è stata complessa, forse anche troppo lunga, ed ha coinvolto diversi ufficiali tra cui i due generali responsabili del settore, Vincenzo Lops e Bruno Stano, oltre al comandante della base, il colonnello Georg Di Pauli. La Corte di Cassazione con la sua  sentenza del 20 gennaio 2011 ha confermato le precedenti sentenze, quella della corte d’appello militare che aveva assolto tutti e tre gli ufficiali da ogni responsabilità penale, ma rinviò il caso alla giustizia civile per il risarcimento dei danni ai familiari delle vittime.

La Corte di Cassazione, in questa sentenza sopracitata, così come in altre sentenze che hanno riguardato la tragica vicenda, ha stabilito che erano state sottovalutate le avvisaglie di un attacco imminente e che non erano state prese le adeguate misure per contrastarlo. Qualche esempio: non era stato costruito un percorso obbligatorio a zig-zag all’ingresso della base per evitare che un mezzo potesse lanciarsi a grande velocità nel parcheggio della base,non era stata adeguatamente protetta la riserva di munizioni , gli “hesco bastion” erano stati riempiti di ghiaia e non di sabbia come sarebbe stato più prudente in caso di pericolo di attentati.

 

 

Il seguito di “Antica Babilonia”

Nei tre anni successivi a Nassiriya le truppe italiane sono state impegnate in molti altri combattimenti e purtroppo coinvolte in altri attentati. Nell’aprile 2004 si svolse la cosiddetta “Battaglia dei ponti”, uno scontro con i ribelli iracheni durato 18 ore intorno ai due principali ponti della città. Due anni dopo, e siamo nell’aprile 2006 altri quattro militari italiani e un rumeno  mentre si trovavano su un veicolo in pattugliamento, vennero uccisi da una bomba. Nell’ultimo periodo di permanenza degli italiani a Nassiriya gli attacchi divennero sempre più numerosi con lanci di missili e colpi di mortaio sparati contro la base fuori città.

L’operazione “Antica Babilonia” terminò ufficialmente il primo dicembre 2006, allorquando l’esercito americano tornò ad occupare la città di Nassiriya. Nel corso della missione, complessivamente 33 italiani furono uccisi . Noi non li dimentichiamo. Io non li dimentico.

 

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Grazie, Antonello de Gennaro

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