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4 Giugno 2023 19:24
4 Giugno 2023 19:24

La DIA perquisisce la redazione di Report, e la casa del giornalista Mondani: “Si indaga sui legami tra mafia ed estrema destra nell’attentato a Falcone”

Perquisizioni nella redazione del programma Report di RaiTre e nell'abitazione dell'inviato della trasmissione Paolo Mondani. Il procuratore di Caltanisetta: "le difficilissime indagini che possono consentire l'accertamento della verità devono essere ancorate a elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto a intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbero a sommare al tremendo dolore sofferto". 

Questa mattina gli operativi della Direzione investigativa Antimafia, su mandato della procura di Caltanissetta, ha bussato alle porte della trasmissione d’inchiesta andata in onda ieri sera su Rai Tre e dell’inviato autore del servizio “La bestia nera“, durante il quale il programma Report ha provato a ricostruire, a distanza di 30 anni, i contatti tra estremisti di destra e uomini di mafia nell’omicidio di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo, e degli uomini della scorta. La perquisizione “a carico di un giornalista di Report (Paolo Mondani n.d.r.), che non è indagato non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta dal cronista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente a una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario”  assicura il procuratore capo Salvatore De Luca .

E’ stato il giornalista Sigfrido Ranucci, vicedirettore di Rai Tre, conduttore e autore di Report, a dare notizia delle perquisizioni in corso. Ranucci scrive su Facebook che il motivo delle perquisizioni,, “sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci. Gli investigatori cercano atti e testimonianze su telefonini e pc”. aggiungendo all’Ansa: “Da parte nostra c’è massima collaborazione. Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure. Il collega – sottolinea Ranucciaveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti”. Al giornalista Paolo Mondani sono stati sequestrati pc e telefono. Immediate le solite puntuali proteste del sindacato dei giornalisti.

Ranucci ha reso noto inoltre cheil decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio”. “Non è un atto ostile nei nostri confronti. Ovviamente abbiamo messo al corrente l’ufficio legale, l’ad Fuortes e il nostro direttore”. Quello che Ranucci non commenta è come mai abbiamo reso pubbliche notizie coperte da segreto istruttorio, circostanza che è un reato previsto dal Codice Penale.

Sulla presunta presenza del leader di Avanguardia nazionale a Capaci, il procuratore De Luca spiega che «sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al pubblico ministero e ai carabinieri», il collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, citato nella puntata di Report, «non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie». Sempre in riferimento alla puntata di Report, il procuratore De Luca afferma anche che “sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese da Alberto Lo Cicero», prima come confidente e poi come collaboratore di giustizia, che avrebbero permesso di «evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina “.

il procuratore capo di Caltanisetta Salvatore De Luca

Il procuratore capo Salvatore De Luca aggiunge: “Non compete a questo ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria, a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza. Questa Procura ha già espresso il suo convincimento sulla sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il cosiddetto depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di Cosa Nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate a elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto a intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbero a sommare al tremendo dolore sofferto”

I fatti

Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda in data 23.5.2022, sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini ed alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale “confidente” e poi quale “collaboratore di giustizia”, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Salvatore Biondino quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino.

Salvatore (detto Totò) Riina al maxiprocesso sulla mafia a Palermo

Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti dalla Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi.

In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage).

Per quel che riguarda la rilevanza di Salvatore Biondino, il Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che il detto Biondino era l’autista del latitante Giacomo Giuseppe Gambino, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione del Salvatore Riina, se non in data 22.1.1993 (cioè in data successiva alla cattura del detto latitante): “vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia”.

Stefano Delle Chiaie

Allo stesso modo il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie. Con una nota stampa diffusa dalla D.I.A. la Procura di Caltanisetta precisa che “non compete a questo Ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina“.

Il procuratore capo Salvatore De Luca spiega nella sua nota stampa cheQuesta Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto“.

Ed è proprio per verificare la genuinità delle fontiche questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato. Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il suindicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato  per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo.

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