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25 Aprile 2024 11:25
25 Aprile 2024 11:25

I costi ed i rischi dell’ annunciata revoca del Governo della concessione ad Autostrade

Una penale di circa 20 miliardi a carico dello Stato , secondo quanto previsto dalla convenzione con Autostrade, anche se viene dimostrata la "grave colpa" della società per la tragedia di Genova. Nel frattempo il Governo vuole agire a prescindere dagli esiti penali. Autostrade ha già depositato documenti in procura a Genova e convocato un cda straordinario. Rigettate le richieste del Govermo di dimissioni dell'ad Castellucci

ROMA – Il Governo Lega-M5S è stato chiaro. Intende revocare la concessione ad Autostrade senza aspettare l’esito dell’inchiesta sulla tragedia del ponte Morandi. “Non possiamo attendere i tempi della giustizia penale” ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri a Genova. Ma lo Stato può realmente revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia, come annunciato stamattina dai vicepremier Di Maio e Salvini e dal ministro delle Infrastrutture Toninelli ? Nella realtà sembra molto difficile in presenza di priblemi giuridio-legali politici e finanziari. Tutto induce a pensare che i conti dello Stato non possano permettersi la decisione “ad effetto” annunciata dal premier Conte.

Revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia, controllata dalla famiglia Benetton, può costare caro al contribuente. Alcune decine di miliardi stando alle prime stime. A spiegare, nero su bianco, gli eventuali costi della revoca annunciata, è la convenzione stipulata tra la società Autostrade e lo Stato. Le incognite giuridiche su una possibile revoca sono tante, a partire dal fatto che non è mai stata mossa alcuna contestazione formale per gravi inadempienze, come richiesto in prima battuta dalla convenzione. Dopodichè occorrerà verificare come il Ministero delle Infrastrutture riuscirà a dettagliare e giustificare le accuse che ora muove alla società.

Potrà farlo solo con il materiale in possesso della sua Svca (Struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali), ex-Ivca, incorporato nel 2013 dopo che per decenni la vigilanza era stata discutibilmente affidata all’Anas), che non ha mai brillato per efficacia. Per esempio, i controlli sulle condizioni delle infrastrutture venivano svolti spesso da vetture in movimento, senza deviare il traffico per esami più approfonditi. La Svca, poi, come ben noto non ha abbastanza personale per fronteggiare i suoi compiti istituzionali, ma questo è un problema comune a molti uffici ministeriali.

Inoltre, è prevedibile che il provvedimento di revoca della concessione verrà impugnato da Autostrade per l’Italia, aprendo un contenzioso che farà felici gli avvocati incaricati (con laute parcelle) non potrà non essere lungo e combattuto data l’importanza della posta in palio. Al momento è difficile aggiungere altro, le inadempienze del gestore vanno valutate alla luce delle convenzioni che regolano le concessioni loro affidate, che erano segrete. e che sono state rese pubbliche l’anno scorso dopo decenni di polemiche, ma con pesanti ed importanti “omissis”.

La concessione è infatti regolata dalla convenzione che Anas e Autostrade per l’Italia hanno siglato nel 2007. Nel documento sono indicate le tratte autostradali italiane date in concessione ad Autostrade per l’Italia, tra cui l’A10 Genova-Savona, lungo la quale si trovava il ponte Morandi. La concessione, con scadenza al 2038, è stata prorogata al 2042 dopo il via libera della Commissione Europea e può essere interrotta nel caso in cui “perduri la grave inadempienza” da parte del concessionario rispetto agli obblighi previsti, come si legge al capitolo 9 della convezione.

Tra gli obblighi del concessionario c’è anche il “mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse”. Nel caso in cui venisse dimostrata l’inadempienza, Anas subentrerebbe “in tutti i rapporti attivi e passivi di cui è titolare” Autostrade relativi alla convenzione.

Tuttavia, viene precisato nel documento, Anas dovrebbe pagare ad Autostrade “un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento di decadenza sino alla scadenza della concessione, al netto dei relativi costi, oneri, investimenti e imposte nel medesimo periodo, scontati a un tasso di rendimento di mercato comparabile e maggiorato delle imposte che il concessionario dovrà corrispondere a fronte della percezione dell’importo da parte del concedente decurtato: dell’inadempimento finanziario netto assunto dal concedente alla data del trasferimento stesso; dei flussi di cassa della gestione percepiti dal concessionario durante lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione decorrente dalla data del provvedimento di decadenza fino alla data di trasferimento della concessione”.

La dicitura è complessa ma in parole povere significa che il concedente, quindi Anas, dovrebbe pagare al concessionario, quindi ad Autostrade un importo calcolato sugli utili previsti fino alla scadenza della concessione. Se si considera che la concessione scade nel 2042 e che l’utile netto di Autostrade per l’Italia nel 2017 ammonta a 968 milioni di euro – quasi un miliardo -, i costi dell’indennizzo si aggirerebbero attorno ai 20 miliardi di euro. L’importo determinato infatti “viene decurtato, a titolo di penale, di una somma pari al 10% dello stesso, salvo il maggior danno subito dal concedente per la parte eventualmente eccedente la predetta parte forfettaria“.

Inoltre, l’ultimo comma dell’articolo 9bis del contratto di concessione sottolinea che “in ogni caso, l’efficacia del recesso, risoluzione o comunque di cessazione anticipata della convenzione è sottoposta alla condizione del pagamento da parte del concedente al concessionario di tutte le somme previste”. Il concessionario – si specifica – avrà diritto a un indennizzo-risarcimento a carico del concedente in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione, anche per inadempimento del concedente e comunque di cessazione anticipata del rapporto di convenzione, pur indotto da atti e fatti estranei alla volontà del concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile“.

I costi della revoca sarebbero quindi elevatissimi. Ecco perché l’unica auspicabile strada alternativa potrebbe essere quella di una maxi multa nei confronti di Autostrade. Ieri, prima dell’annuncio di Conte, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, oltre ad aver annunciato l’eventuale revoca delle concessioni, ha fatto sapere di aver “attivato tutte le procedure per comminare multe fino a 150 milioni di euro“. Non contento Toninelli ha annunciato: “ci costituiremo parte civile”. Qualcuno può spiegargli che il Ministero nella sua veste di “committente” ha la responsabilità civile e non può costituirsi parte civile contro se stesso ?

Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ai microfoni di Radio 24 questa mattina, autoproclamandosi “giurista”… senza laurea, esclude che questo succeda: “I venti miliardi di penale – dice Di Maiosi devono pagare quando si straccia un contratto senza motivazione. Ma qui stiamo parlando di un contratto ad Autostrade per l’Italia che prevedeva degli obblighi che per noi  ( ma noi chi ? n.d.r.) non sono stati rispettati. Perciò si deve retrocedere alla concessione. Non abbiamo avviato la procedura in maniera immotivata. Se la motivazione è giusta, e per ora ci sono quasi 40 morti, non credo che vadano pagate penali, e che si debba agitare questo argomento, e non lo sta facendo nemmeno Autostrade per l’Italia. Anche perché farebbero incazzare ancora di più tutte le persone che in questo momento vogliono giustizia non solo a Genova ma in tutt’Italia“. Invece non è così, e basterà qualche giorno per accorgersene.

Dal punto di vista legale, infatti, le cose potrebbero essere più complicate. La concessione alla Società Autostrade per l’Italia è regolata dal decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, convertito dalla legge 24/11/2006 n. 296. Questo provvedimento prevede la possibilità di revocare la concessione in caso di inadempienze (art. 7, comma d) che possono riguardare, ad esempio, mancati controlli; però sembra di capire dal testo che questo riguardi non sciagure già avvenute, ma informazioni carenti o non veritiere su opere in corso, tant’è vero che la norma prevede una successione di moniti e di sanzioni (fino a 150 milioni di euro) nel caso che perduri il mancato adempimento, e solo “in caso di reiterazione” il testo stabilisce l’avvio della procedura di revoca della concessione. D’altra parte, lo stesso comma dice che tutto questo è vero “salvo che il caso costituisca reato“; ma allora bisognerebbe aspettare le sentenze della magistratura sulle vittime e sulle responsabilità, non sembra che possa scattare l’iniziativa autonoma del Governo. Forse è il caso che qualcuno lo spieghi a Conte, Di Maio, Toninelli e Salvini.

Al di là dei tanti sospetti di collusione tra controllore e controllato richiamati esplicitamente da Di Maio, dei rapporti tra politica e impresa che nascono dalle dinamiche del potere, nel caso delle autostrade c’è anche un problema concreto di finanza pubblica: lo Stato in realtà non ha soldi da investire per realizzate nuove costruzioni, infrastrutture e ampliamenti. Non a caso tutto ciò viene finanziato con capitali reperiti sui mercati finanziari dai gestori, che vengono remunerati come previsto dalle concessioni: con aumenti tariffari e proroghe delle concessioni . Al punto tale  che spesso i gestori programmano investimenti che paiono dettati più dalla volontà di ottenere proroghe per continuare a incassare i pedaggi.

Tutto ciò  è il motivo per cui lo Stato ha un flebile potere contrattuale nei confronti dei concessionari. Per due motivi: innanzitutto lo scarso potere contrattuale fa sì che le clausole previste dalle convenzioni diano pochi margini di manovra allo Stato per eventuali revoche delle concessioni; dopodichè una revoca ingenererebbe tra gli investitori l’idea che finanziare il settore autostradale italiano non sarà più remunerativo come un tempo, provocando almeno nel lungo termine disimpegni e grandi difficoltà nel reperire nuovi capitali.

Ma quali sono i costi e le penali per la revoca delle concessioni? La scadenza, dopo la convenzione firmata tra Anas e Autostrade nel 2007 è fissata al 2042. Per rompere l’accordo deve verificarsi una “grave inadiempienza”. Tale inadempienza può anche materializzarsi come si legge nel contratto con il mancato “mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse”L’importo da versare dovrebbe corrispondere al “valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento di decadenza sino alla scadenza della concessione, al netto dei relativi oneri, investimenti e imposte nel medesimo periodo”. Il calcolo di fatto ammonta a circa 20 miliardi di euro. Autostrde infatti ha fatto registrare nell’ultimo anno un utile di un miliardo e 968 milioni.

La società Autostrade è un soggetto privato, quotata in Borsa. Ha un contratto di concessione. E questo può essere revocato come abbiamo spiegato, solo in caso di gravi inadempienze. Inadempienze che in Italia (come in tutto il mondo civile) vanno accertate dalla magistratura e sanzionate con sentenze. Non basta che un presidente del Consiglio dica “Revoco”, questo nemmeno in Turchia si può fare. Possibile che tutto ciò non sia passato per la testa di un Presidente del consiglio, che è anche un professore universitario di diritto privato, che si autodefiniva nel suo curriculum “verosimil”, specializzato in liti ? Non sappiamo dove il premier Conte abbia preso la laurea in legge. Ci viene però  il forte sospetto che abbia saltato molte lezioni…

Quando persino la Fondazione Einaudi sostiene che “un Governo che annulla una concessione dicendo di non poter aspettare le indagini e chiede genericamente le dimissioni (non si sa di chi) dei vertici di un’azienda privata, ha seri problemi con lo Stato di diritto

Ma quindi perché si fa tutto questo? Semplice, per nascondere che i 5stelle sono stati i più attivi nel combattere il progetto Gronda, che avrebbe risolto i problemi di Genova e che avrebbe reso superfluo il ponte Morandi. La loro furia medioevalista si è abbattuta per anni su questo progetto (già finanziato da Bruxelles con 10 miliardi di euro). Beppe Grillo in persona aveva invocato addirittura l’esercito per sgominare i sostenitori del “progetto Gronda“. Un comico perfetto.

P.S. Il MoVimento 5 Stelle ha dichiarato all’ agenzia di stampa Adnkronos che il sito che riportava la posizione #NoGronda e la prossima caduta del Ponte Morandi come “favoletta”,  non era un loro sito ufficiale. Invece come vi documentiamo  è di proprietà del M5S  ! L’ex-disoccupato Di Maio, nel tentativo di essere un passo avanti, sosteneva che i Benetton guadagnano soldi con le concessioni e che portano poi i soldi in Lussemburgo non pagando le tasse . Ma in realtà la società Autostrade è italianissima e certo che guadagna (perché dovrebbe perderci nel fare un business?).  Autostrade per l’Italia nel 2017 ha sostenuto oneri fiscali per 420 milioni. Le tasse le pagano in Italia. Bastava leggere a pag. 22 della relazione finanziaria 2017, disponibile sul loro sito (leggi QUI)

Ancora delle “fake news” a 5 stelle. Ma quando la finiranno ? O credono che tutti gli italiani siano alla ricerca del promesso reddito di cittadinanza ?

 

 

 

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