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26 Aprile 2024 00:15
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Ex Ilva: incontro a Palazzo Chigi con la proprietà Arcelor Mittal

Sulla "linea dura" sembrano tutti d’accordo pur con i distinguo che caratterizzano la maggioranza giallorossa. Il governo fa sapere di essere "inflessibile" e che non accetterà ricatti da chi gioca sulla pelle delle famiglie di Taranto, Il problema è che a giocare sulla pelle di tutta la provincia di Taranto , delle imprese e dei 20mila lavoratori, sinora è stato solo e soltanto il M5S. Cioè il movimento che lo ha messo sulla poltrona di premier a Palazzo Chigi

ROMA – E’ in corso a Palazzo Chigi un incontro decisivo tra il Governo e i vertici di ArcelorMittal, a seguito della decisione della multinazionale di lasciare l’ex Ilva e di avviare un’azione civile per risolvere il contratto con annessa richiesta di danni. Nonostante la maggioranza governativa sembrerebbe essere unita, sollecitata anche dal Quirinale, nella preoccupazione per il futuro dello stabilimento,  manca compattezza sulla strategia . Alla riunione partecipano il premier Giuseppe Conte, i ministri Stefano Patuanelli, Roberto Gualtieri, Giuseppe Luciano Provenzano, Roberto Speranza, Teresa Bellanova , cioè praticamente mezzo governo.

ArcelorMittal è rappresentata dal suo presidente  Lakshmi Mittal affiancato dal figlio Adyta Mittal. Alla riunione non partecipa Lucia Morselli Ad di Arcelor Mittal Italia .

La multinazionale franco-indiana conferma la volontà di recedere dal contratto. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella prima mattinata a margine della sua visita al Dipartimento nazionale della Protezione Civile a Roma,  in merito all’incontro a Palazzo Chigi con i vertici di Arcelor Mittal ha dichiarato: ” “Sono fiducioso: la linea del governo è che gli accordi contrattuali vanno rispettati e in questo caso riteniamo non ci siano giustificazioni per sottrarsi. Ci confronteremo e il governo è disponibile a fare tutto il possibile per fare in modo che da parte della controparte ci sia il rispetto degli impegni”. parole da cui si evince che  il Premier Conte non ha letto bene nè il contratto firmato un anno fa anche dal suo ex-vice premier Luigi Di Maio,  nè l’atto di citazione depositato ieri mattina dai legali di Arcelor Mittal dinnanzi al Tribunale Civile di Milano.

ArcerlorMittal ha comunicato formalmente ai sindacati e alle aziende collegate la restituzione alle società del Gruppo Ilva in amministrazione straordinaria dei rispettivi rami d’azienda unitamente al trasferimento dei dipendenti (10.777 unità) ai sensi dell’articolo 47 della legge 428 del 1990. La comunicazione segue l’annuncio di cessazione del contratto per l’ex Ilva di Taranto. La comunicazione, che di fatto segna l’avvio della procedura per il disimpegno, riguarda tutta Italia: oltre a Taranto anche Genova, Novi Ligure, Milano, Racconigi, Paderno, Legnano, Marghera.

Nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10.777 dipendenti viene spiegato che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale – si osserva – costituiva “un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto“.

IL CONTRATTO ILVA/1a parte

Contratto ILVA_compressed 1parte

Ci vorrà qualche giorno prima che la Sezione specializzata imprese del Tribunale di Milano assegni ad un giudice, con fissazione poi della data d’udienza, la causa intentata con un atto di citazione da ArcelorMittal che chiede di recedere dal contratto di affitto dell’ex Ilva di Taranto. Normalmente in media sono necessari una decina di giorni per iscrivere a ruolo la causa e trasmetterla alla Sezione che poi l’assegna ad un giudice. In questo caso, però, data la rilevanza, i tempi sicuramente saranno più brevi.

IL CONTRATTO ILVA/2a parte

Contratto ILVA_compressed 2°BLOCCO

Dopo l’avvio della procedura di cessione comunicata da ArcelorMittal, il segretario generale Fim-Cisl , Marco Bentivogli. ha reso noto di aver proclamato lo sciopero dalle ore 15 di oggi a partire dallo stabilimento ex Ilva di Taranto.  E’ in corso davanti alla direzione dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal (ex Ilva) di Taranto un sit-in di lavoratori e sindacati deciso dal consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uilm dopo l’annunciato disimpegno della multinazionale franco-indiana. Si attendono sviluppi dall’incontro tra governo e azienda, previsto in mattinata, convocato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Oggi, secondo quanto comunicato ieri pomeriggio dall’Ad Lucia Morselli nel confronto con le organizzazioni sindacali, ArcelorMittal avvierà la procedura ex art.47 della legge 228 del 1990 di retrocessione dei rami d’azienda con la restituzione degli impianti e dei lavoratori ad Ilva in Amministrazione straordinaria. Ogni azione di mobilitazione, hanno sottolineato Fim, Fiom e Uilm, “sarà comunicata ed adottata già dalle prossime ore, se necessaria ad evitare ricadute imprevedibili dettate dall’incapacità ed incoscienza di soggetti deputati a decidere sul futuro di una intera collettività che ha pagato e sta pagando un prezzo fin troppo elevato“.

L’atto di citazione di Arcelor Mittal

ARCELOR MITTAL citazione

Dalle 12.30 di oggi nella Sala della Trasparenza della Regione Liguria, è in corso una conferenza stampa dopo l’incontro intercorso con i rappresentanti delle sigle sindacali sul “caso Ilva“. Saranno presenti il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti e l’assessore allo Sviluppo economico Andrea Benveduti.

”Vedremo che cosa ci dirà l’azienda, posso dire che la posizione di Italia Viva è che i patti si rispettanoha detto la ministra Teresa Bellanova e capo delegazione di Italia Viva al Governo, a margine di un incontro alle Politiche Agricole. Nessuno a partire dall’impresa deve permettersi di mettere in discussione un progetto di risanamento ambientale e di rilancio industriale come quello che prevede l’attività nello stabilimento di Taranto, di Genova e di Novi Ligure”.

Sulla “linea dura” sembrano tutti d’accordo pur con i distinguo che caratterizzano la maggioranza giallorossa. Il governo fa sapere di essere “inflessibile” e che non accetterà ricatti da chi gioca sulla pelle delle famiglie di Taranto, Il problema è che a giocare sulla pelle di tutta la provincia di Taranto , delle imprese e dei 20mila lavoratori, sinora è stato solo e soltanto il M5S. Cioè il movimento che lo ha messo sulla poltrona di premier a Palazzo Chigi.

Nel frattempo i tecnici ministeriali, affiancati dai legali dell’ Avvocatura dello Stato, stanno studiando in punta di piedi dei possibili decreti,  perché la fronda del Movimento Cinque Stelle al Senato al solo sentire parlare di “scudo” minaccia l’incendio, che porterebbe ad una crisi interna anche in termini di voti all’interno della maggioranza di governo. “Ho una sola parola ed è no”, continua a ripetere come un disco incantato su un vecchio grammofono la senatrice Barbara Lezzi. L’eventuale provvedimento potrebbe contenere anche lo scomputo del canone d’affitto per costi imputabili alle difficoltà di approvvigionamento di materie prime a causa del sequestro del molo 4.

Luigi Di Maio si appella alla realpolitik: “La priorità è salvare i lavoratori”. Il Partito Democratico a sua volta spinge per la formula proposta dal ministro Beppe Provenzano: l’adozione di una norma generale, che garantisca tutte le aziende impegnate in opere di risanamento ambientale, senza che debbano rispondere penalmente di responsabilità pregresse. Se si riuscisse a sciogliere il nodo dell’ammissibilità, la norma “salva-Taranto ” tornerebbe nel decreto fiscale. Per il ministro Stefano Patuanelli la soluzione individuata “non serve“, ma per salvare la città ( e sopratutto i voti rimasti al M5S) anche il responsabile dello Sviluppo è pronto a dire sì, “purché non sia una norma ad personam“. Pur nella durezza delle sue dichiarazioni in cui imputa all’azienda “errori macroscopici” di gestione e un comportamento ricattatorio quando “mette sul piatto oltre 5mila esuberi“, lascia intendere che si può anche intervenire con “strumenti di sostegno” per la flessione produttiva.

Sarebbe interessante conoscere le competenze industriali che portano il ministro Patuanelli ad arrivare a certe valutazioni. A noi risulta solo la sua laurea in Ingegneria edile , risultando iscritto all’ Ordine degli Ingegneri dal 2004  da quando esercita la libera professione.

In gioco c’è il Pil dell’Italia e anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha messo la faccia sulla battaglia campale del Governo, intonando il celebre “whatever it takes” di Mario Draghi: “Dobbiamo fare di tutto per evitare un esito drammatico, costi quel che costi“. Dal punto di vista tecnico, l’ipotesi di un nuovo “scudo penale” introdurrebbe una tutela giuridica ad ampio spettro, non valida solo per l’ex Ilva, ma per tutte le aziende che operano in siti industriali strategici. Teoricamente la logica di questa norma reggerebbe anche con l’addio di ArcelorMittal, perché ripristinerebbe una forma di tutela nei confronti dei commissari o di cordate alternative.

La politica intanto si muove in ordine sparso e confuso . Soltanto Lega di Matteo Salvini si dice pronta a votare un nuovo scudo; Italia Viva, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno presentato dei loro emendamenti alla vigilia dell’incontro decisivo. Senza aperture ad una trattativa legale-poilitica da parte di ArcelorMittal si aprirebbe un contenzioso legale infinito. Difficile immaginare che con la crisi dell’acciaio in atto ci siano gruppi industriali solidi come Arcelor Mittal,  pronti all’intervento.

Il rilancio ipotizzato dal leader di Italia Viva Matteo Renzi, della vecchia perdente cordata Cassa depositi e prestiti-Jindal-Arvedi-Del Vecchio,  è uno scenario giudicato impraticabile da molteplici fonti della maggioranza e del governo stesso. Per i “renziani” , che dimostrano di essere privi di informazioni ad autorevolezza giuridica,  se si finisse in Tribunale con ArcelorMittal, subentrerebbe automaticamente la seconda cordata in graduatoria, ma quella cordata è stata sciolta ed in ogni caso sarebbe necessaria una nuova gara. Ecco la prova che in Parlamento siedono tanti, troppi, dilettanti allo sbaraglio !

In realtà mentre in Italia ArcelorMittal è nell’occhio del ciclone, il gruppo franco-indiano leader mondiale dell’acciaio posseduto per il 40% dal magnate indiano Lakshmi Mittal. alla Borsa di Amsterdam, dove è quotata,  se la passa molto meglio: tra lunedì e martedì, cioè nei giorni in cui il gruppo ha formalizzato al Governo l’intenzione di restituire allo Stato l’ex- Ilva, le azioni del gruppo ArcelorMittal sono salite del 6,1%. Due giorni in rialzo, con volumi in aumento. Al contrario di quanto il clima infuocato che avvolge la questione Ilva in Italia potesse fare immaginare.

Il motivo ? Gli analisti finanziari calcolano a conti fatti,  che nel breve termine l’addio all’ILVA di fatto elimina un grattacapo non da poco e soprattutto libera risorse economiche per ArcelorMittal. La banca d’affari anglosassone Morgan Stanley ne ha calcolato l’ammontare: il gruppo ArcelorMittal si troverà, ammesso che l’addio resterà definitivo, del “cash flow” libero, cioè flussi di cassa risparmiati dopo gli investimenti,  per 1,2 miliardi di dollari. Pari a circa 1,08 miliardi di euro.

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