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25 Aprile 2024 21:02
25 Aprile 2024 21:02

Tangenti con le “stelle”. Dopo le indagini ed arresti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, la Procura come sempre si prende il palcoscenico…

Cosa aspettavano dopo la prima inchiesta dei Carabinieri i "signori" dello Stato Maggiore della Marina Militare ad introdurre delle nuove procedure di controllo contro la corruzione ? O forse erano troppo impegnati ad accontentare i desideri e le spese milionarie dell' Ammiraglio Di Giorgi per il rifacimento degli interni delle nuove navi della Marina Militare, per occuparsi di qualche "bustarella" tarantina ?


di Antonello de Gennaro

ROMA. L’inchiesta sulle tangenti a Maricommi, il Commissariato della Marina Militare nella base navale di Chiapparo a  Taranto, ha origine nel marzo 2013 a seguito di indagini effettuate dai Carabinieri che portarono all’arresto  di  cinque ufficiali della Marina Militare cui due in servizio allo Stato maggiore a Roma, un sottufficiale e un dipendente civile.

L’ampiezza dello scandalo e il fatto che alcuni imprenditori di Taranto, in rapporti di lavoro con le strutture della Marina Militare, fossero costretti a pagare tangenti per aggiudicarsi le commesse sono emerse nel 2013, a seguito dell’arresto in flagranza di reato  del capitano di fregata della Marina Militare Roberto Di Gioia direttore di Maricommi Taranto , e subito dopo del suo “vice” Giuseppe Coroneo anch’egli capitano di “fregata”. Dopo l’arresto, i Carabinieri di Taranto perquisirono gli uffici di quattro imprese locali i cui titolari,  sarebbero stati costretti a sottostare alle pretese del direttore di Maricommi. A fare luce nell’inchiesta condotta dagli investigatori  dell’ Arma dei Carabinieri, furono alcuni file sequestrati al Di Gioia nel corso dell’arresto.

LA 1A INDAGINE: I  CARABINIERI.

Il capitano di fregata La Gioia, venne incastrato e bloccato dai Carabinieri nel suo ufficio della base della Marina di Taranto., grazie alle rivelazioni di imprenditore che aveva raccontato agli investigatori dell’ Arma di essere stato costretto a versare 150.000 euro al Direttore di Maricommi per garantirsi il regolare pagamento delle fatture emesse dalla sua impresa, titolare dell’appalto per il ritiro e il trattamento delle acque di sentina dalle navi ormeggiate a Taranto e Brindisi dove la Marina Militare ha un altra base. L’imprenditore aveva anche rivelato il tentativo di coinvolgerlo nelle manovre degli ufficiali corrotti della Marina Militare per pilotare una gara d’appalto, per la quale finì sul registro degli indagati un altro imprenditore con l’accusa di “tentativo di turbativa d’asta”.

A seguito della sua denuncia, l’imprenditore ha collaborato con i Carabinieri permettendo loro di svelare il “sistema” di tangenti. Il 12 marzo 2013, infatti, l’imprenditore si recò nell’ufficio del capitano di fregata Di Gioia  per consegnargli una tangente da duemila euro ma quando uscì dalla stanza , entrarono i  Carabinieri che arrestarono l’ufficiale della Marina. Subito dopo, i Carabinieri perquisirono l’appartamento del Di Gioia trovando 36.000 euro in contanti mentre altri 8.000 euro sono stati rinvenuti nella cassaforte del suo ufficio oltre alle famose pen drive contenenti la contabilità occulta che il comandante di Maricommi Taranto custodiva in una valigetta

Nella memoria delle  “pennette” venne trovata la contabilità “nera” delle tangenti pagate da un elenco di imprese, accanto ad ognuna delle quali , era riportato il valore dell’appalto che si era aggiudicato e il pagamento di tangenti, equivalenti al 10% dell’importo della commessa aggiudicata.  A finire sotto processo insieme ai militari della Marina Militare anche ed un gruppetto di faccendieri ed imprenditori composto da Alessandro Dore, Giovanni Cusmano, Giovanni Cusmano, Attilio Vecchi, Marco Boccadamo, Riccardo Di Donna, Fabrizio Germani, un sottufficiale della Marina, Antonio Summa ed il funzionario Leandro De Benedictis.

L’ Ammiraglio  De Giorgi (oggi ex) Capo di Stato Maggiore  della Marina Militare a seguito dello scandalo inviò presso la base navale tarantina un nuovo ufficiale di sua “fiducia”, il capitano di vascello Giovanni Di Guardo, per “fare pulizia”.

Mai scelta (?) più infelice , infatti il nuovo ufficiale appena insediatosi, fece circolare delle ridicole circolari sulla moralizzazione degli uffici. ma in realtà continuò ad alimentare il sistema delle tangenti sugli appalti, che  rispetto al passato aumentarono ! E tutto questo badate senza che i precedenti investigatori dell’ Arma ed il magistrato inquirente si accorgessero di nulla.

nella foto il Comando Provinciale della GdF di Taranto

LA 2A INDAGINE : LA GUARDIA DI FINANZA.

Successivamente lo scorso anno gli uomini della  Guardia di Finanza  hanno avviato delle proprie  autonome indagini effettuando degli accertamenti grazie ai quali hanno  scoperto (senza alcun tangestista reo-confesso) che il precedente giro di tangenti non solo non era mai finito, ma anzi era aumentato, e che l’organizzazione si avvaleva persino della collaborazione  del sottufficiale infedele dei Carabinieri Paolo Cesari (il quale aveva partecipato alla prima indagine), che si faceva pagare per dare informazioni riservate sull’inchiesta e depistare i successivi  accertamenti ed indagini nel (vano) tentativo di proteggere il giro di affari illeciti che imperversavano nella base navale tarantina di Maricommi .

A tenere buona compagnia al Cesari, applicando la “par condicio” fra le Forze dell’ ordine, è comparso anche  l’ ispettore della Polizia di Stato Fabio Giunta  il quale ha cercato di danneggiare l’indagine della Guardia di Finanza, venendo però scoperto ed indagato per “rivelazione del segreto d’ufficio“, per aver riferito al nuovo Comandante di Maricommi Di Guardo che un’auto appostata fuori dalla sua villa era appunto della Guardia di Finanza,

E’ stato quindi alla preziosa attività investigativa della Guardia di Finanza che è stato possibile scoprire ed accertare che a Taranto avevano messo in piedi un vero e proprio “cartello” di società collegate tra di loro  allo scopo di orientare e controllare  l’assegnazione in loro favore di oltre 200 appalti e affidamenti,  gestiti dalla direzione Maricommi di Taranto, estromettendo i concorrenti in maniera tale da potersi garantire l’assegnazione di appalti e dei conseguenti profitti di ingente quantità in maniera illecita per un ammontare complessivo accertato di 5 milioni e 460 mila euro.

nella foto il capitano di vascello della Marina  Giovanni Di Guardo arrestato dalla Guardia di Finanza

E tutto ciò che ha consentito alla Procura di Taranto di poter mandare a processo gli imputati Giovanni Di Guardo, ex comandante della base di Maricommi; la sua compagna rumena Elena Corina Boicea; il tenente della Marina militare Francesca Mola, e gli ufficiali Massimo Conversano (ex capo dell’ufficio viveri, vestiario e casermaggio della Marina militare) e Gerardo Grisi (all’epoca dei fatti in servizio presso il comando logistico di Napoli) ed il dipendente civile Marcello Martire, insieme agli imprenditori-faccendieri-tangentisti  Vincenzo Pastore, Paolo Bisceglia, Giuseppe Muschiaccio, Giuseppe Calabrese, Gaetano Abbate, Vitantonio Bruno, Giovanni Perrone, Valeriano Agliata e Pietro Mirinao, e l’ispettore di polizia Fabio Giunta insieme al luogotenente dei Carabinieri Paolo Cesari.

Nel corso della conferenza stampa voluta e convocata dal Procuratore Capo di Taranto (affiancato in seconda fila dal suo “aggiunto ” prossimo a lasciare il suo incarico semi-direttivo alla fine del prossimo maggio) dell’ Ammiraglio Edoardo Serra, comandante del Comando Marittimo Sud della Marina Militare, dal sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, dal comandante provinciale di Taranto della Guardia di Finanza Col. Gianfranco Lucignano e dal comandante del Nucleo di Polizia tributaria Ten. Col. Renato Turco.

Come avevamo annunciato nei giorni scorsi il CORRIERE DEL GIORNO ha deciso di non citare più i nomi dei magistrati della Procura di Taranto in segno di protesta per le continue fughe di notizie lasciate impunite sui soliti organi di stampa “amici” e ventriloqui dell’attività della magistratura tarantina, alla faccia della millantata legalità… Fermo restando il massimo rispetto per quei magistrati seri (e ce ne sono ! ) in servizio a Taranto che fanno con abnegazione il proprio lavoro, senza ambire a foto, nome e titoli sui giornali. Come spiegheranno (presto) questi magistrati al Csm tutte queste fughe notizie lasciate impunite ?

Come non definire quindi imbarazzanti le dichiarazioni  dell’ammiraglio Eduardo Serra, al comando della flotta Sud della Marina militare ? “Non sospettavamo di Di Guardo – ha detto – il suo curriculum era pulito. Le mele marce vanno identificate e allontanate. Per il futuro rivedremo le procedure di controllo per evitare episodi di corruzione“. Ma come sarebbe a dire ? !!! Forse all’ Ammiraglio Serra deve essere sfuggito qualcosa… e cioè che nel corso delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Taranto, tre imprenditori hanno ammesso di aver conosciuto Di Guardo, allora capitano di fregata proprio quando era in servizio come capo ufficio amministrativo al Centro gestione scorte navali della Marina Militare a La Spezia, e di avere iniziato a versargli tangenti sin dal 2010-2011 !

Lo scenario  di corruzione che è venuto fuori  sugli appalti controllati e “vivisezionati” dai finanzieri nel corso delle indagini è a dir poco incredibile, e  riguarderebbero ogni genere di materiali, da quelli più avanzati dal punto di vista tecnologico ai capi di vestiario per i militari. Ed infatti gli investigatori della Guardia di Finanza in servizio in Liguria, sono all’opera anche per  verificare  se anche le altre aste siano state “truccate” ed accertare che  i prezzi pagati dalla Marina Militare siano stati  realmente congrui. Nel 2011 Di Guardo quando era ancora a La Spezia firmò una gara d’appalto per la fornitura di “21 salvagenti tipo 8+4” per un valore di circa 160 mila euro. Secondo esperti del settore i “salvagenti tipo 8+4”   sono dei battelli autogonfiabili capaci di ospitare 8 persone più eventuali altre 4″.  Ma èemerso un piccolo particolare:  la marina mercantile li paga “un decimo della cifra sborsata dal Ministero della  Difesa“.

Cosa aspettavano quindi dopo la prima inchiesta ed arresti dei Carabinieri i “signori” vertici dello Stato Maggiore della Marina Militare ad introdurre immediatamente delle nuove procedure di controllo contro la corruzione ? O forse erano troppo impegnati ad accontentare i desideri e le spese milionarie dell’ Ammiraglio Di Giorgi per il rifacimento degli interni delle nuove navi della Marina Militare, per occuparsi di qualche “bustarella” tarantina ? E’ semplicemente imbarazzante se non ridicolo dichiarare oggi  dopo 4 anni dal primo arresto: “per il futuro rivedremo le procedure di controllo” ! Aspettano forse  il prossimo  “ufficiale -tangetista” ?  Un  vecchio proverbio non caso dice: “Non c’è due senza tre“… .

Tra i reati contestati dalla Procura di Taranto ai 17 imputati ,  vi è anche  l’associazione per delinquere, che vede coinvolti il capitano di vascello Giovanni Di Guardo, l’ ex comandante di Maricommi, che fu mandato a dirigere il reparto proprio per ‘fare pulizià dopo la prima ondata di arresti che aveva travolto il Commissariato della Marina militare (inchiesta già approdata all’udienza preliminare per altri 11 imputati, tre dei quali hanno chiesto il rito abbreviato); la tenente di vascello Francesca Mola, i capitani di vascello Massimo Conversano e Gerardo Grisi, e Marcello Martire un  dipendente civile della Marina militare , il sottufficiale dei carabinieri Paolo Cesari e l’ispettore di Polizia Fabio Giunta , nonchè la compagna rumena del Di Guardo, Elena Corina Boicea  , e gli (im)prenditori Valeriano Agliata, Paolo Bisceglia, Vitantonio Bruno, Vincenzo Calabrese,  Pietro Mirimao,  Giuseppe Musciacchio, Vincenzo Pastore, Giovanni Perrone,   ed  il commerciante Gaetano Abbate, .

A Taranto purtroppo non è arrivato un Procuratore Capo del livello di Giuseppe Pignatone (Roma)  o  di Armando Spataro (Torino), ma è arrivato da quasi un anno un procuratore capo proveniente dalla Procura di Trani dove i fatti dicono non essersi mai accorto di quello che succedeva in quegli uffici giudiziari, circostanze a dir poco gravi che  a seguito dei numerosi esposti  hanno comportato l’  intervento del  Csm cioè del Consiglio Superiore della magistratura nella gestione della procura tranese rimuovendo e trasferendo dei magistrati in servizio in quegli uffici giudiziari giudiziari (e di cui ci siamo abbondantemente occupati, come sempre documentalmente) .

Ecco spiegato il perchè nei corridoi degli uffici giudiziari di Taranto sono sempre più numerosi gli investigatori delle varie forze dell’ ordine a sostenere che “sono cambiati gli uffici”  “è cambiato qualche nome” ma di fatto non è mai cambiato nulla” !

Come dargli torto ?

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Grazie, Antonello de Gennaro

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