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18 Aprile 2024 15:49
18 Aprile 2024 15:49

Strage di San Marco in Lamis, un arresto

Dda Bari, finalmente rotto il muro di omertà . 'Nuovo corso di lotta alla mafia Foggiana in diverse indagini'. I militari dell’ Arma dei Carabinieri , hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due persone di Manfredonia, a una delle quali è contestato anche di aver partecipato al quadruplice omicidio del 9 agosto 2017

BARI –   Una persona accusata di aver partecipato alla strage di San Marco in Lamis (Foggia) in cui il 9 agosto 2017 furono uccide con colpi di kalashnikov quattro persone è stata arrestata oggi,  insieme ad un altro indagato accusato di altri reati dai Carabinieri del comando provinciale di Foggia insieme con quelli del ROS  e del comando provinciale di Bari, con l’ausilio dello squadrone eliportato Carabinieri Cacciatori Puglia e dell’11° reggimento . I militari dell’ Arma dei Carabinieri , hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due persone di Manfredonia, a una delle quali è contestato anche di aver partecipato al quadruplice omicidio del 9 agosto 2017. La misura cautelare è stata emessa dal Gip di Bari su richiesta della Dda che ha coordinato le indagini.

Giovanni Caterino, 38 anni, e Luigi Palena, 48 anni, entrambi di Manfredonia ritenuti vicini al “clan Li Bergolis“, sono le due persone arrestate dai carabinieri su disposizione della magistratura barese nell’ambito dell’indagine sul quadruplice omicidio. Caterino viene accusato di concorso nel delitto, aggravato dal metodo e dalle finalità mafiose, detenzione e porto delle armi usate nell’agguato, mentre Palena risponde della detenzione di altre due armi che sarebbero servite per ammazzare un altro esponente del clan rivale Romito.

L’agguato mortale pianificato nei minimi dettagli avvenne nei paraggi della vecchia stazione a San Marco in Lamis in provincia di Foggia . Obiettivo dei killer era il boss Mario Luciano Romito, cinquant’anni, di Manfredonia, a capo dell’omonimo “clan” che si era contrapposto negli ultimi anni al clan Li Bergolis, avversario nella cosiddetta ‘faida del Gargano‘ per il controllo dei traffici illeciti. Insieme al Romito, nell’auto, c’era anche suo cognato Matteo De Palma, che era alla guida, che morirono sul colpo sotto i colpi di un fucile d’assalto kalashnikov Ak-47 e un fucile da caccia calibro 12.

Il commando dei killer si mise all’inseguimento del Fiorino a bordo del quale stavano tentando di fuggire due contadini, testimoni scomodi del duplice omicidio. I due agricoltori e  fratelli Luigi ed Aurelio Luciani, di 47 e di 43 anni,   di San Marco in Lamis, che  involontari avevano visto uccidere e capirono immediatamente di essere in pericolo tentando la fuga, ma vennero raggiunti e uccisi.

“Si è aperta una piccola frattura – ha detto il procuratore aggiunto che coordina la Dda di Bari, Francesco Giannellache costituisce una assoluta novità” nelle indagini sulla criminalità foggiana, in cui “c’è anche il contributo di persone che stanno collaborando“.  “Finalmente una rottura nel muro di omertà che da sempre contraddistingue quel territorio” sta dando “inizio ad un nuovo corso nella lotta alla criminalità organizzata della provincia di Foggia, in questa come in altre indagini”.

Dalle indagini degli investigatori della Dda di Bari è emerso che Caterino, aveva subito un tentativo di agguato nel febbraio 2018, e aveva deciso di vendicarsi   aveva studiato le abitudini del boss Mario Luciano Romito, già nei giorni precedenti la strage, pedinandolo fino alla mattina dell’omicidio e condotto i killer sul luogo del delitto al volante della sua automobile, seguita a breve distanza dall’auto dei sicari, (che si ritiene siano stati almeno tre). Gli accertamenti tecnici hanno consentito di ricostruire l’esatta dinamica dell’agguato, fino alla fuga a 176 km/h dei killer                                               .

Le indagini si sono svolte con una massa imponente di intercettazioni, oltre 700 tracciati telefonici con 8 milioni di contatti, ma anche attraverso l’  analisi di 200 ore di filmati video acquisiti dalle decine di telecamere presenti lungo il tragitto di vittime e carnefici . Agli atti dell’inchiesta compaiono anche le dichiarazioni del pregiudicato Carlo Magno, che si era costituito in Olanda nell’ottobre 2017, il quale confessò l’omicidio di Saverio Tucci, ucciso il 10 ottobre ad Amsterdam,  facendone ritrovare il suo corpo nascosto in una valigia custodita all’interno di un’auto.

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