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28 Marzo 2024 20:50
28 Marzo 2024 20:50

Sentenza del tribunale di Taranto: la cartella di pagamento non si notifica per raccomandata a.r.

Equitalia e gli altri Agenti per la riscossione non possono spedire direttamente ingiunzioni di pagamento a mezzo raccomandata, ma devono ricorrere ai messi comunali o all’ufficiale giudiziario

Tutte le notifiche delle cartelle di pagamento inviate ai contribuenti tramite raccomandata a.r. sono nulle. Non è sopita la questione sulla validità della spedizione della cartella di pagamento, effettuata da Equitalia o dagli altri Agenti per la riscossione delle imposte locali, a mezzo della raccomandata con avviso di ricevimento. Gli interventi della Cassazione degli ultimi anni, che avevano dato ragione al fisco, sancendo la legittimità di tale metodo di notifica, non sono ancora condivisi da tutti.

Anzi, a dirla tutta, c’è una nutrita schiera di giudici di merito che la pensa diversamente. Tra questi il Giudice di Pace di Taranto secondo cui l’invio della cartella di pagamento mediante raccomandata spedita direttamente dall’Agente per la riscossione (e non per il tramite dell’ufficiale giudiziario, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale, così come sembra imporre la legge) sarebbe nulla. Anzi, più che nulla, del tutto inesistente, tanto che il suddetto vizio non potrebbe essere sanato neanche dalla produzione, in causa, dell’ingiunzione di pagamento (produzione che, di norma, costituendo ammissione di ricezione dell’atto, comporta anche la sanatoria delle irregolarità, secondo il principio del “raggiungimento dello scopo della notifica”).

Schermata 2016-01-25 alle 10.54.44

L’orientamento è stato appena espresso in una recente sentenza con cui il Giudice dott. Giacovelli  ha ripercorso tutte le modifiche che la legge, in materia, ha subìto negli anni; ed è proprio dal confronto delle disposizioni tra loro che si comprende – stando alla lettura della sentenza – l’intenzione del legislatore di sottrarre ad Equitalia la possibilità di recarsi direttamente alla posta e spedire le cartelle di pagamento tramite le raccomandate a.r. nelle consuete (e famigerate) bustone bianche.

Il testo originario della norma, in vigore dal 1974, nel corso degli anni è stato più volte modificato ed ha avuto più formulazioni . La prima versione della legge stabiliva che la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore (ossia Equitalia), di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Dunque il legislatore in un primo momento storico aveva tassativamente previsto che la notifica a mezzo posta fosse fatta direttamente “da parte dell’esattore”.

Successivamente la norma è stata corretta e ora, dopo aver indicato tutti i soggetti abilitati ad eseguire la notificazione, precisa che la notifica “può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”. Dunque, il legislatore ha cancellato l’inciso “da parte dell’esattore” con l’intento di voler escludere, a far data dal 1° luglio 1999, la possibilità da parte di Equitalia e gli altri agenti per la riscossione di eseguire direttamente la notificazione mediante l’invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Diversamente, il legislatore avrebbe lasciato l’inciso “da parte dell’esattore”.

La sentenza in commento fa anche il punto sull’attuale stato della giurisprudenza, arrivando a scardinare, una per una, tutte le sentenze delle Cassazione che – a parere del giudice – sarebbero solo apparentemente di contrario avviso, mentre invece si riferirebbero o a ipotesi sorte quando ancora vi era la precedente norma, oppure a situazioni differenti.   Il giudice, infine, richiama una serie di precedenti che condividono lo stesso orientamento .

Questa la sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI TARANTO-SEZ.1

nella persona del dott. Martino Giacovelli, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta in prima istanza al R.G. n. 4095/2015 avente per oggetto: Opposizione a ingiunzione per sanzione amministrativa a seguito di violazione al CDS, promossa da:

       A.F., elettivamente domiciliato presso e nello studio dell’avv. Vito Miccolis, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di mandato a margine     opponente

Contro

       COMUNE DI S.G. , in p.l.r.t.    opposto non costituito

Nonché contro

  1. S.p.A., Società di Gestione Entrate e Tributi, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore ed elettivamente domiciliata in Taranto, opposta-intimante

Conclusioni per l’opponente:

     Voglia l’Ill.mo Giudice di Pace adito, contrariis reiectis, così giudicare:

Preliminarmente sospendere l’esecuzione del provvedimento impugnato

Nel merito dichiarare nulla ed improduttiva di effetti l’atto di ingiunzione n.71725 del 27.02.2015, emesso dalla S. spa

In subordine ridurre al minimo la sanzione amministrativa

Condannare il Comune di S.G. e la S. spa, in solido, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, con distrazione in favore dell’avv. Vito M..

Conclusioni per l’opposta S.:

“Come dall’atto di costituzione e verbali di causa.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato il 25-06.2015 l’opponente impugnava l’atto di ingiunzione n. 71725 del 27.02.2015 emessa dalla S. e notificata in data 27.03.2015 per il pagamento della somma di €. 836,23 a seguito della sentenza n. 6574/12 dell’11.04.2013 in conseguenza del rigetto del ricorso a verbale redatto dalla Polizia Municipale del Comune di S.G.

       Sosteneva l’opponente diversi motivi di nullità, tra cui:

1)    VIOLAZIONE DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990 N.241

2)     MANCANZA DI MOTIVAZIONE

3) MANCANZA DI TITOLO DEL DIRIGENTE LA P.M. E DEL RESPONSABILE  DEL PROCEDIMENTO  PER EMETTERE INGIUNZIONE DI PAGAMENTO

4) L’INGIUNZIONE DI PAGAMENTO NON E’ STRUMENTO PREVISTO PER LA RISCOSSIONE COATTA DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE.

5) INESISTENZA DELLA NOTIFICA.

6) nullità dell’ingiunzione perchè sottoscritta dal solo legale rappresentante della S. e non vi è nessun atto amministrativo della P.A. di S.G. che autorizza ad  emettere l’ingiunzione di cui al ricorso.

 7)  nullità della notifica del verbale indicato nell’ingiunzione di pagamento.

 8) nullità dell’ingiunzione per l’illegittima ed inammissibile applicazione da parte della S. di maggiorazioni, arbitrariamente richieste, alla somma prevista nel verbale.

Si costituiva la S. all’udienza di comparizione, sostenendo di non avere alcuna responsabilità, essendo priva di legittimazione passiva nelle controversie sorte tra il contribuente e l’Ente Creditore (Cass. Civ. sez.II -29.02.2008, n. 5532).

In ordine all’ingiunzione di pagamento, emessa dalla S. spa la stessa società aveva operato conformemente ai dettati normativi di cui al DPR 602/73, chiedendo di conseguenza il rigetto dell’opposizione.

Dopo la rinotifica al Comune di S.G., che comunque non si costituiva, non essendo necessaria alcuna ulteriore istruttoria, in quanto la decisione può essere basata sulla documentazione esibita, all’udienza del 16.10.2015 la causa era riservata per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

      In via preliminare, va confermata, la regolare costituzione del contradditorio tra le parti interessate, nonché la competenza territoriale di questo giudice ad esaminare l’odierna opposizione. Detta competenza é attribuita al Giudice del luogo dove deve essere eseguito il pagamento dell’iniunzione ai sensi del combinato disposto dell’art. 27 del CPC, espressamente richiamato dal 1° comma dell’art. 615 CPC, poiché all’udienza di comparizione non risulta iniziata l’esecuzione forzata.

Prevede, infatti il 1° comma dell’art. 27 c.p.c.: “ Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata [c.p.c. 616] di cui agli articoli 615 e 619 è competente il giudice del luogo dell’esecuzione [c.p.c. 17] salva la disposizione dell’articolo 480 terzo comma [c.p.c. 28].”

Aggiunge l’art. 615 c.p.c. “ Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata [c.p.c. 491], si può proporre opposizione al precetto [c.p.c. 480] con citazione davanti al giudice competente per materia o valore [c.p.c. 17] e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo.”

Anche l’art. 3 del R.D. n. 639/1910 e l’art. 32 del D.Lg.vo n. 150/2011, confermano la competenza territoriale di questo GDP, in quanto l’opponente è domiciliata in Taranto, dove eventualmente deve essere eseguita l’ingiunzione in caso di mancato pagamento.

Si esamina ora l’eccezione sollevata dalla parte opponente in merito alla mancanza di potere della S. ad emettere l’ingiunzione fiscale, di cui all’art. 2 del R.D. n. 639/1910.

Dalla semplice lettura dell’art. 3, come sopra riportato è evidente che il potere di emettere l’ingiunzione è prerogativa soltanto “..dello Stato e degli altri enti pubblici approvato con regio decreto 14 aprile1910”.

         E’ evidente che la S. non ha il potere di emettere ingiunzioni fiscali ai sensi della legge n. 639/1010 e successive modifiche.

Condivisibile è inoltre l’eccezione di nullità insanabile ed inesistenza della notifica, sollevata dall’intimato.

La problematica giuridica e processuale circa l’inesistenza della notifica per posta effettuata direttamente da S. spa si è riaccesa a seguito delle ultime sentenze, soprattutto quelle emesse dai giudici tributari.

Secondo il testo dell’art. 26 DPR n. 602/73, in vigore dal 31.5.2010, dopo le modifiche apportate dall’art. 38 co. 4 lett. b) del DL 31.5.2010 n. 78, “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

E’ opportuno chiarire che il testo originario della norma, in vigore dal 1974, nel corso degli anni è stato più volte modificato ed ha avuto più formulazioni giuridiche, con le modifiche introdotte dall’art. 12 co. 1 D.Lgs n. 46/1999, con le ulteriori modifiche apportate dall’art. 1 co. 1 lett. c) del D.Lgs n. 193/2001 e da ultimo con l’art. 38 co. 4 lett. b) del D.L. n. 78/2010.

Orbene, da un’attenta analisi delle modifiche apportate da tali provvedimenti legislativi, nel primo periodo della vecchia norma vengono indicati i soggetti che eseguono la rituale notificazione e nel terzo periodo viene precisato che la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Dunque il legislatore in un primo momento storico ha tassativamente previsto che la notifica a mezzo posta fosse fatta direttamente “da parte dell’esattore”.

Nelle versioni successive della norma, a seguito delle modifiche apportate dai tre provvedimenti legislativi, nel primo periodo vengono delineati tutti i soggetti abilitati ad eseguire la notificazione e nel secondo periodo viene precisato che la notifica “può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”. Dunque, successivamente, il legislatore ha cancellato l’inciso “da parte dell’esattore” con l’intento di voler escludere, a far data dal 1° luglio 1999, la possibilità da parte dell’ente esattore (oggi Agente della Riscossione) di eseguire direttamente la notificazione mediante l’invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Diversamente, il legislatore avrebbe lasciato l’inciso “da parte dell’esattore”.

E’ chiaro, pertanto, che l’espressione “la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento” non deve essere letta in modo estrapolato dal contesto in cui è inserita, in quanto costituisce la prosecuzione del primo periodo dell’art. 26 del citato DPR 602/73, nel quale sono indicati i soggetti qualificati a notificare la cartella di pagamento; invero la norma in questione deve essere letta nel suo complesso e non già separando illogicamente la duplice statuizione contenuta nella stessa.

Il primo periodo si limita ad individuare – con un’elencazione tassativa – i soggetti legittimati all’esecuzione della notifica, il secondo invece il modo attraverso il quale i predetti soggetti (e solo costoro) possono eseguirla.

Tale problematica si riferisce, chiaramente, esclusivamente alle notifiche per posta degli atti amministrativi sostanziali (cartelle esattoriali, atti della procedura esecutiva, ecc.) e non riguarda gli atti processuali che sono soggetti a sanatoria.

Tale precisazione ed affermazione è necessaria dal momento che la cartella di pagamento non ha unicamente la finalità di far conoscere l’atto al contribuente, ma essendo la stessa cartella un atto unilaterale recettizio, la sua notifica ha la funzione di perfezionare l’esistenza giuridica.

Da tale precisazione si capisce come la sanatoria per il raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c. non possa in questo caso trovare applicazione.

Per tali ragioni non assumono alcuna rilevanza le argomentazioni difensive di controparte e le citate pronunce della sezione tributaria della Suprema Corte ( ordinanze n. 834, 835 e 838 del 2010) che considerano la mancanza della relazione di notificazione come una mera iregolarità, in quanto, come sopra precisato, trattasi di atti tributari sostanziali, come la cartella di pagamento, in quanto provvedimenti amministrativi recettizi e il prefezionamento del procedimento notificatorio incide sulla fattispecie costituiva dell’atto, sicché il vizio dell’atto lo rende illegittimo e come tale meritevole di annullamento in sede giurisdizionale.

Così come non hanno alcuna attinenza né assumono alcun rilievo, nel caso di specie, le pronunce della Cassazione citate dall’opposta con l’atto di costituzione a sostegno del proprio assunto difensivo, atteso che:

– circa la sentenza n. 14327/2009, dall’esame della sua motivazione, emerge che essa è stata emessa in relazione ad un caso in cui era ancora vigente la vecchia formulazione dell’art. 26 DPR 602/73, che prevedeva espressamente la notifica a mezzo posta della cartella direttamente ad opera dell’esattore, previsione che poi è stata eliminata con il provvedimento di legge dell’anno 1999;

– circa l’ordinanza n. 15948/2010 essa fa riferimento solamente all’inesistenza della relata di notifica precisando che per il caso di notifica con mezzo della posta non è richiesta la relata di notifica poiché la prova dell’avvenuta notifica è data dall’avviso di ricevimento della raccomandata, pertanto tale ordinanza, se si presta a risolvere il tema della necessità o meno della relata di notifica in caso di notificazione di cartella di pagamento mediante utilizzazione del mezzo postale, nulla dice in ordine al problema – diverso ed anzi logicamente antecedente – relativo alla ritualità della notifca effettuata con tale mezzo direttamente dal Concessionario della riscossione;

– inoltre, l’affermazione contenuta nella sentenza n. 11708/2011 sarebbe puntuale qualora fosse riferibile al testo dell’art. 26 co. 1 così come rimasto in vigore fino al 30.6.1999, ma la Corte non affronta realmente i termini nei quali si pone la vexata quaestio (né tantomeno risolve il relativo contrasto giurisprudenziale in atto tra i giudici tributari di merito) sul se il concessionario sia, o meno, legittimato ad eseguire, dopo il 30.6.1999. Pertanto, anche questa sentenza non risolve affatto la questione di diritto interessata dall’eccezione di inesistenza della notifica sollevata dalla scrivente difesa dell’opponente.

Di contro, sulla inesistenza della notifica, si richiamano varie pronunce conformi: Commissione Tributaria Regionale Lombardia- Milano – sez. XXII sent. 15.04.2010; Comm. Trib. Reg. Napoli – sez. dist. Salerno, sez. II sent. N. 30.09.2010; Comm. Trib. Prov. Lecce, sez V del 16.11.2009; Tribunale Udine sent. 1183/09. E’ stato ritenuto più volte, altresì, che la relata di notifica è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione, sia dai codici di rito che dalla normativa speciale, e che la stessa non è integralmente surrogabile dalla attività dell’ufficiaile postale, sicché la sua mancanza, anche nella notificazione a mezzo postale, non può essere ritenuta una mera irregolarità, escludendo che la stessa possa essere sanata dal tempestivo ricorso in opposizione.

La mancata compilazione della relata in violazione dell’art. 148 cpc determina non la semplice nullità della notifica, bensì “ la giuridica inesistenza” della stessa patologia, non sanabile in senso assoluto. La notifica oltre ad essere disciplinata dagli artt. 148 e 149 cpc è anche disciplinata dalla L. n. 890/82 per le notificazioni di atti a mezzo posta, secondo la quale ( art. 1) l’ufficiale giudiziario, agente notificatore, può avvalersi del servizio postale per la notificazione, nel rispetto delle seguenti fasi ed elementi da indicare:

– compilazione della relata di notifica dell’atto impositivo, indicando l’ufficio postale da cui parte;

– art. 149 cpc e art. 3 L 890/82, apposizione della propria sottoscrizione sulla relata di notifica;

– art. 148 cpc, inserimento dell’atto da notificare nella busta al cui esterno deve essere riportata anche la sua sottoscrizione;

– art. 3 L 890/82, compilazione dell’avviso di ricevimento;

– art. 2 L 890/82, consegna della busta all’ufficio postale.

L’obbligo di indicare, nella relata di notifica, gli elementi sopra indicati, oltre ad essere sancita dall’art. 160 cpc, è stato ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5305/99 si è così espressa: “qualora nell’originale dell’atto da notificare la relazione sia priva della sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario, la notificazione deve ritenersi inesistente e non semplicemente nulla, non essendo configurabile una notifica in senso giuridico ove manca il requisito indefettibile per la attestazione della attività compiuta

Tale situazione, come confermata dalla richiamata sentenza della Cassazione, integra una situazione di inesistenza della notifica e, a fronte della quale, non è richiamabile l’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 156 cpc valevole solo per i casi di nullità. Ne consegue, pertanto, anche sotto questo profilo, l’annullamento della cartella impugnata in accoglimento del presente motivo della presente opposizione.

Da ultimo, è utile segnalare le recenti decisioni della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso ( sez. I^ n. 219/01/2012) e quella della Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sez. 29 del 08.2.2011 n. 54) che in tema di notificazione di atti che incidono nella sfera patrimoniale del cittadino è stato rigorosamente disciplinato dal legislatore negli artt. 26 DPR n. 602/73 e 60 DPR n. 600/73 laddove vengono dettate tassative prescrizioni, finalizzate a garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario ed attribuire certezza all’esito del procedimento notificatorio.

Le predette decisioni hanno chiarito la differenza esistente tra la notifica a mezzo posta ex art. 26 DPR 600/73 come modificato dall’art. 1 co. 1 lett. c) del Dlgs n. 193/2001 e la semplice spedizione a mezzo del servizio postale che non può qualificarsi notificazione. Infatti, la spedizione postale non è sufficiente per considerare corretta la notifica della cartella di pagamento senza provvedere a compilare la relazione di notifica della cartella stessa prima di consegnarla al’ufficio postale nel plico da spedire al contribuente a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

L’Ufficio postale deve unicamente certificare la spedizione della raccomandata e non può sostituire la relata di notifica sull’atto che deve essere esclusivamente certificata da un Pubblico Ufficiale designato, quale ufficiale giudiziario o persona equiparata. Quindi, l’agente della riscossione non redigendo la relata non ha adempiuto a quanto previsto dall’art. 148 c.p.c. determinando in tal modo la nullità non sanabile della notifica. A comprova di quanto esposto il Concessionario nella busta – nella quale ha riposto la cartella di pagamento impugnata – non ha trascritto il numero cronologico della notificazione violando quindi l’art. 60 DPR n. 600/73 co. 1 lett. b/bis e non ha provveduto alla sottoscrizione in qualità di Agente notificatore ex art. 3 L. 890/82.

Per tali ragioni, riportandosi inoltre alle altre motivazioni contenute nell’atto di opposizione, l’eccezione di inesistenza della notifica è fondata e, pertanto, la cartella di pagamento opposta è inefficace e da annullare.

Anche condivisibile è l’eccezione di illegittimità dell’applicazione della maggiorazione per ritardato pagamento.

L’ingiunzione di pagamento oggetto della presente opposizione va annullata altresì per illegittima applicazione della maggiorazione per ritardato pagamento prevista dall’art. 27 comma 6 della legge 24/11/1981 n. 689. Tale maggiorazione non é dovuta giacché la suindicata previsione normativa che la parte opposta ha forzatamente ritenuto di poter applicare al caso di specie prevede una fattispecie tutt’affatto diversa, essa infatti riguarda l’ipotesi in cui sia stata emessa alcuna ordinanza e/o sentenza mentre nel caso che ci occupa sono state emesse addirittura delle ordinanze.

L’inapplicabilità della suddetta maggiorazione risiede altresì nei motivi che vengono di seguito esposti. La Legge 24/1 1/1981 n. 689, entrata in vigore il 01.12.1981, fu emanata in un periodo in cui, vigendo ancora il D.P.R. 15.06.1959 n. 393 (il vecchio codice della strada), la contravvenzione non oblata nei termini non aveva valore di titolo esecutivo e pertanto, affinché l’ente creditore potesse procedere alla riscossione della medesima, doveva instaurarsi un procedimento consistente nella presentazione da parte della autorità irrogante la contravvenzione di un rapporto al Pretore (art. 142 vecchio c.d.s.) e nella successiva inflizione da parte del Pretore della ammenda mediante emissione di decreto penale di condanna (art. 143 vecchio c.d.s.).

Tale disciplina è poi stata modificata proprio dalla entrata in vigore della Legge 689/81 che agli artt. 17 e 18 ha previsto la presentazione da parte del funzionario o dell’agente accertatore del rapporto al Prefetto (art. 17 comma 1) e la eventuale successiva emissione di ordinanza-­ingiunzione da parte del Prefetto (art. 18 comma 2) che costituisce titolo esecutivo per la somma ingiunta (art. 18 ultimo comma) sulla quale, in mancanza di pagamento nei termini, è dovuta la maggiorazione prevista dall’art. 27 cornma 6 della legge 24/11/1981 n. 689.

Appare quindi chiaro che la ragione della rivisitazione del procedimento deputato alla riscossione delle contravvenzioni operata dalla Legge 689/81, oltre ovviamente alla depenalizzazione delle contravvenzioni, era quella di rendere più snella la procedura per la riscossione, che si concludeva con la applicazione della seppur esosa maggiorazione prevista dall’art. 27 comma 6 della Legge 24/11/1981 n. 681.

Il suddetto procedimento è poi stato radicalmente semplificato dal Decreto legislativo 30/04/1992 n. 285 (il nuovo codice della strada), che, entrato in vigore il 1.01.1993, ha derogato alle disposizioni di cui all’art. 17 della Legge 689/81, attribuendo automaticamente valore di titolo esecutivo al verbale di accertamento di violazione non impugnato e non pagato nei termini (art. 203 CDS.

II legislatore ha, pertanto, deciso di differenziare la fattispecie della ordinanza-ingiunzione prefettizia per i verbali impugnati, per la quale è senz’altro applicabile anche la maggiorazione ex art. 27 comma 6 della Legge 24/11/1981 n. 689, dalla fattispecie del mancato pagamento in misura ridotta del verbale di accertamento, per la quale la sanzione prevista è soltanto quella stabilita dall’art. 203 comma 3 c.d.s. (pagamento della metà del massimo edittale più le spese) e non anche la maggiorazione ex art. 27 comma 6 della Legge 24/II/1951 n. 689. Riassumendo, l’art. 203 comma 3 c.d.s., in deroga alla disciplina prevista dall’art. 17 della Legge 689/81 che prevedeva l’emissione di una ordinanza-ingiunzione, ha conferito al verbale valore di titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo edittale e per le spese senza fare alcun riferimento alla maggiorazione ex art. 27 comma 6 della Legge 689/81. A

tali considerazioni si aggiunga che con l’entrata in vigore del nuovo codice della strada, ben successiva alla entrata in vigore della L. 689/81, se il legislatore avesse ritenuto di estendere la applicabilità della maggiorazione per ritardato pagamento prevista dall’art. 27 comma 6 della L. 689/81 anche ai verbali di accertamento, lo avrebbe esplicitato nella formulazione dell’art. 203 c.d.s. nel quale invece non è fatta menzione alcuna della irrogabilità di tale maggiorazione.

Qualora poi l’Autorità opposta volesse far discendere dalla disposizione di cui all’art. 206 c.d.s. I’applicabilità anche ai verbali della suddetta maggiorazione, tale interpretazione non avrebbe ragione d’essere in quanto l’art. 27 della Legge 689/81, richiamato dall’art. 206 c.d.s., si riferisce chiaramente ed unicamente al mancato pagamento nei termini di una somma intimata con ordinanza-ingiunzione e non certo con la notifica di un verbale di accertamento di violazione.

L’equivoco in cui é caduta l’Amministrazione opposta sorge dal fatto che con grande superficialità si sia ritenuto che i verbali di accertamento di violazione possano essere del tutto equiparati all’ordinanza-ingiunzione prefettizia. Ebbene così non é, si tratta infatti di atti ben distinti in quanto il verbale rappresenta soltanto l’accertamento di una violazione di una norma ed è elevato da un soggetto privo del potere di imporre il pagamento di qualsivoglia maggiorazione, potere che è infatti prerogativa di un organo della Autorità Pubblica quale è il Prefetto, mentre l’ordinanza-ingiunzione consiste per l’appunto in un provvedimento emanato da una Autorità Pubblica (nella fattispecie il Prefetto).

Ne consegue da atti distinti derivano necessariamente conseguenze distinte ed esattamente: a) l’obbligo di pagare la somma ingiunta e la maggiorazione prevista dall’art. 27 comma 6 della Legge 24/11/1981 n. 689 per il caso del mancato pagamento nei termini della ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto; b) l’obbligo di pagare una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale oltre alle spese per il caso del mancato pagamento in misura ridotta del verbale di accertamento di violazione.

Ma vi è anche un altro importante motivo da addurre a sostegno della tesi della illegittimità della applicazione ai verbali della maggiorazione prevista dall’art. 27 comma 6 della Legge 24/11/1981 n. 689 ed è il seguente: la contestazione dell’infrazione, se non effettuata immediatamente al trasgressore, viene eseguita a mezzo notificazione del verbale, nel quale viene recata l’indicazione soltanto dell’importo della somma ridotta non anche della somma dovuta in caso di mancato pagamento nei termini della sanzione ridotta, né tanto meno della maggiorazione ex art. 27 comma 6 della Legge 24/11/1981 n. 689. Quindi, atteso che il verbale non reca l’indicazione dell’esatto importo per il pagamento del quale può diventare automaticamente titolo esecutivo e considerato che anche i più accaniti sostenitori della tesi della indiscriminata applicabilità della maggiorazione ex art. 27 comma 6 L. 689/81 concordano nel sostenere che la maggiorazione è dovuta solo sulle somme indicate nel titolo esecutivo, è facile concludere che, non sussistendo nel titolo esecutivo l’esatta indicazione delle somme dovute, poiché la riscossione del titolo ha inizio con l’iscrizione a ruolo, il termine del pagamento decorre dal giorno della notifica della cartella esattoriale, per cui solo in caso di ritardo del pagamento della cartella sarebbero dovute le maggiorazioni ex art. 27 comma 6 della L. 689/81.

Diverso invece è il caso della ordinanza-ingiunzione emanata dal Prefetto a seguito di ricorso: questa infatti indica esattamente sia l’ammontare effettivo della sanzione da pagare che il termine entro cui pagarla, dunque in tal caso la maggiorazione è facilmente calcolabile ed applicabile.

Di conseguenza illegittima risulta l’ingiunzione notificata all’opponente, non potendo la stessa che essere annullata, ritenendo assorbiti tutti gli altri motivi di nullità eccepiti dall’opponente.

Le spese di giudizio vengono compensate, atteso che l’annullamento è dovuto a procedura molto dibattuta in giurisprudenza

P.Q.M.

il giudice di Pace di Taranto, dr. Martino Giacovelli, definitivamente pronunciando sull’opposizione depositata il 25.06.2015 dall’opponente avverso l’atto di ingiunzione n. 71725 del 27.02.2015, emesso dalla S. spa, così decide:

annulla l’ingiunzione impugnata;

2) compensa le spese di giudizio.

Così deciso a Taranto il 26 .10. 2015

Il Giudice di Pace

( dott. Martino Giacovelli)

[1] G.d.P. Taranto, dott. Martino Giacovelli, sent. del 26.10.2015.

[2] Modifiche introdotte dall’art. 12 co. 1 D.Lgs n. 46/1999, con le ulteriori modifiche apportate dall’art. 1 co. 1 lett. c) del D.Lgs n. 193/2001 e da ultimo con l’art. 38 co. 4 lett. b) del D.L. n. 78/2010.

[3] CTR Lombardia- Milano sent. del 15.04.2010; C.T.R. Napoli – sez. dist. Salerno, sent. n. 30.09.2010; C.T.P. Lecce, sent. del 16.11.2009; Trib. Udine sent. n. 1183/09.

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